Giacomo Matteotti (1885-1924)

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"Uccidete pure me, ma l'idea che è in me non la ucciderete mai"


Giacomo Matteotti nacque a Fratta Polesine nel 1885 da genitori di origini modeste, che lavorando sodo riuscirono a farsi una posizione. Frequentò il ginnasio e giovanissimo si avvicinò alla politica insieme ai due fratelli, dopo che il padre ebbe rivestito a fine '800 la carica di consigliere comunale per il partito socialista. I fratelli però morirono entrambi giovanissimi per tubercolosi e lui rimase il solo figlio vivente di madre vedova, il che lo risparmiò dal partecipare alla Prima Guerra Mondiale.





Laureatosi in giurisprudenza a Bologna, si schierò decisamente con i socialisti da neutralista e antimilitarista convinto; grazie a queste sue posizioni nette si guadagnò subito l'attenzione negativa dei nazionalisti, per cui dovette andarsene dal Polesine e recarsi in Sicilia in confino obbligato.
Nel 1916 sposò Velia Ruffo, sorella del baritono Titta Ruffo, a cui fu legatissimo (il  cognato rifiutò dopo il suo assassinio di cantare in Italia e fu per questo etichettato come "sovversivo" dal regime fascista).

Matteotti iniziò la propria carriera politica sempre nel Polesine e a inizio anni '20 fu eletto per la prima volta in Parlamento. Da subito iniziò una forte opera di denuncia del fascismo. Nel 1921 pubblicò una apposita inchiesta contro le violenze fasciste, e nel 1924 pubblicò a Londra la traduzione di un suo testo, che in Italia ovviamente non era gradito.
Grazie alla debolezza dei governi Giolitti e Bonomi e all'appoggio del re, Mussolini riuscì a infiltrarsi negli organi di potere e a istituire le milizie armate che dovevano all'inizio servire allo scopo di reprimere i presunti eccessi del comunismo. 
Soprattutto, Mussolini, una volta arrivato al governo, riuscì con il ricorso alla fiducia e al voto favorevole di tutte le forze di destra, popolari compresi, a parte il gruppo facente riferimento a don Luigi Sturzo, che votò no coi comunisti e i socialisti, a far passare la riforma elettorale nota come Legge Acerbo. Tra l'altro la legge passò anche grazie all'assenza strategica di 53 parlamentari.

La Legge Acerbo prevedeva un sistema proporzionale con un forte premio di maggioranza alla prima lista che avesse raggiunto appena il 25 per cento. In tal caso avrebbe ricevuto i 2/3 dei seggi e tutti i suoi candidati sarebbero risultati eletti automaticamente. Solo nel caso che nessuno raggiungesse il 25 per cento subentrava di nuovo il classico proporzionale come stabilito dal 1919.

Il sistema intimidatorio della milizia fascista fece il resto, e quel che non fecero la legge Acerbo e le violenze (un candidato ucciso, molti aderenti ai partiti di sinistra malmenati, comizi vietati, giornali bruciati) lo fecero i brogli. Il 6 aprile del 1924 il partito fascista ottenne la maggioranza con il 60 per cento dei voti. 
Lo storico Giovanni Sabbatucci intitolò a tal proposito un saggio edito nel 1989: " Il 'suicidio' della classe dirigente liberale. La legge Acerbo 1923-1924".

Matteotti, che, dopo lo scisma socialista del 1922, in cui l'ala riformista di Filippo Turati fu espulsa, aderì al PSU (partito socialista unitario) pur non essendo un vero turatiano, il 30 maggio del 1924 prese la parola alla Camera e denunciò con forza i brogli e le violenze che avevano reso irregolari le elezioni. Specificò che queste irregolarità erano in tutte le circoscrizioni, e fece molta impressione, suscitando aperti dissensi. La sua richiesta di invalidare almeno una minima parte dei voti fu respinta. Ai suoi compagni dopo il discorso disse di preparare i suoi funerali.

Il resto dovrebbe essere cosa abbastanza nota: il 10 giugno Matteotti fu rapito a Roma da un gruppo di fascisti appartenenti probabilmente alla polizia segreta o Ceka (c'è chi dice che fosse stato programmato un agguato a Vienna, durante una riunione socialista, ma Matteotti, a cui in extremis fu concesso di partire in quanto gli era stato ritirato il passaporto, alla fine non andò). Durante la colluttazione dentro l'auto fu accoltellato e morì poco dopo. Fu sepolto sommariamente in un terreno incolto e il cadavere fu ritrovato quasi due mesi dopo. Gli autori del delitto furono condannati a pene irrisorie.

Ci sono stati infiniti dibattiti sulla effettiva responsabilità del duce: alcuni storici sostengono che per lui questo episodio fu in realtà un inciampo, una difficoltà in più, e che in realtà l'ordine non sia mai partito da lui. Di sicuro però ci sono alcune espressioni agli atti che possono essere interpretate benissimo come un ordine di uccisione. Altri considerano che il rapimento fosse solo a scopo intimidatorio e che la morte sia stata un incidente di percorso. La famiglia stessa di Matteotti, pur chiedendo a gran voce che nessun membro della milizia fascista presenziasse al funerale, in dichiarazioni successive ha sempre ritenuto che le colpe più gravi fossero di Vittorio Emanuele piuttosto che di Mussolini.
E questo ci porta a una interpretazione relativamente nuova dei fatti.Vittorio Emanuele era infatti direttamente coinvolto, essendo azionista di una società petrolifera che pare essere legata da vicino al delitto.
In realtà il discorso di Matteotti non poteva avere alcun seguito, se non quello di tentare di ricompattare le opposizioni, viste le profonde divisioni che esistevano tra comunisti e socialisti e all'interno dei socialisti stessi. Già all'epoca nacque il sospetto che oltre ad aver fatto quel discorso, Matteotti fosse un problema molto più grave per il regime. 
Ritrovamenti recenti di memorie di uno degli assassini hanno portato a studiare sotto una nuova veste l'accaduto. 

Sembra infatti che Matteotti, durante un viaggio a Londra, abbia reperito dei documenti che potevano essere molto dannosi per il regime fascista e per lo stesso Mussolini, in quanto dimostravano la corruzione del fratello del duce, Arnaldo, e quindi probabilmente del governo stesso, da parte della società petrolifera americana Sinclair Oil, che dipendeva dalla Standard Oil di proprietà di Rockefeller, che in tal modo, pagando fior di tangenti, si sarebbe assicurata lo sfruttamento dell'eventuale petrolio italiano per 50 anni e, in mancanza di quello, avrebbe comunque avuto in Italia una ottima posizione per controllare il traffico petrolifero nel Mediterraneo, mettendosi contro gli interessi della Gran Bretagna, che invece procedeva sulla stessa via in modo legale e che si vide improvvisamente surclassata in modo sospetto. 

In Gran Bretagna il delitto Matteotti fu subito collegato all'affaire economico e all'improvvisa intesa con la Sinclair. Fu addirittura pubblicato un articolo postumo di Matteotti in cui si parlava della certezza dell'opera di corruzione.
In Italia tutto ciò ebbe pochissima eco. L'accordo con la Sinclair Oil fu annullato da Mussolini stesso nel novembre 1924 e non se ne parlò più. 
La famiglia Matteotti rimase antifascista ma dovette sottostare a una severa sorveglianza e perdette qualsiasi diritto di espatrio.

La storia è tornata a galla solo di recente, tra fine anni '80 e inizio anni '90, quando un ricercatore ha ritrovato in Usa una memoria del capo del manipolo degli uccisori, tale Amerigo Dumini, membro della Ceka, polizia segreta fascista dipendente direttamente dal Viminale, il quale, temendo di essere prima o poi ucciso dallo stesso regime fascista perché aveva tentato di ricattare il duce, raccontava di Matteotti e dell'affaire Sinclair Oil chiedendo di rendere nota la vicenda in caso di sua morte.

Dopo l'orrore del secondo conflitto mondiale, abbiamo saputo ricostruire la nostra libertà dalle ceneri del fascismo, grazie anche al boom economico portato dagli aiuti Usa; abbiamo continuato a vivere con lo spauracchio del comunismo perché nulla cambiasse; ora che il comunismo non c'è più, continuiamo lo stesso a parlare di corruzione, mafia, leggi elettorali illegittime, e di sinistre divise. 
Da queste malattie ancora non pare siamo guariti.

Matteotti era nato il 22 maggio del 1885. Ogni 23 maggio facciamo memoria della morte di Falcone. Tuttora è necessario il martirio per coinvolgere l'opinione pubblica e tentare di cambiare qualcosa. E ogni volta perdiamo la memoria troppo rapidamente.






















































































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- Il delitto Matteotti è considerato come l'inizio del vero e proprio regime fascista. Qui un video commemorativo tratto da Raistoria.

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