tag:blogger.com,1999:blog-49243498974760368752024-02-24T03:04:09.119+01:00Piccoli cenni storiciUn blog di storiaNovella Semplicihttp://www.blogger.com/profile/06040942347279454097noreply@blogger.comBlogger43125tag:blogger.com,1999:blog-4924349897476036875.post-37622642455383719212023-02-13T17:15:00.004+01:002023-07-29T00:42:45.008+02:00Breve storia del calendario<p> </p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh53NW-3IB_q5WNiwP74nI5sS-B9Sd8Dzaxo7jrClP0rBd_Y7NqzgjSy08cfJXjHx1WEOTSDMoiNhyFXhin6Z8VLhaehcDnitcrVA4aboZQut1ZuuIGDNC_4Jng_LxHWA5MwV5hwX-jGGLMlRQY01tKfD_h8VzpYw-CCwUOPom4zRJH4Hl65esSL0Uc/s1280/1280px-Museo_del_Teatro_Romano_de_Caesaraugusta.43.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="668" data-original-width="1280" height="209" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh53NW-3IB_q5WNiwP74nI5sS-B9Sd8Dzaxo7jrClP0rBd_Y7NqzgjSy08cfJXjHx1WEOTSDMoiNhyFXhin6Z8VLhaehcDnitcrVA4aboZQut1ZuuIGDNC_4Jng_LxHWA5MwV5hwX-jGGLMlRQY01tKfD_h8VzpYw-CCwUOPom4zRJH4Hl65esSL0Uc/w400-h209/1280px-Museo_del_Teatro_Romano_de_Caesaraugusta.43.jpg" width="400" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: xx-small;">Riproduzione Calendario di Anzio (Fasti Antiales risalente agli anni 84-55 a.C.<br /> photo by Bauglir - Own work, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=52535591</span></td></tr></tbody></table><br /><p></p><div>I famosi giorni della merla, il 29, il 30 e il 31 gennaio, sono chiamati così perché una leggenda popolare ricorda come una merla avesse sfidato Gennaio e costui, per non perdere la faccia, avesse chiesto dei giorni in prestito a Febbraio: in quei tre giorni, il freddo fu intenso e la merla dovette rifugiarsi in una camino, e sporcarsi le piume bianche con la fuliggine. Da allora, racconta il mito, gennaio è passato da 29 a 31 giorni, febbraio è di 28 e i merli son diventati neri.</div><div>Una leggenda? Sì, ma con un fondo di verità. Perché nell'antichità veramente gennaio aveva 29 giorni. </div><div>Da qui l'idea di scrivere una breve e purtroppo incompleta storia del calendario, dagli antichi romani ad oggi.</div><div>Ovviamente tratterò solo del calendario europeo, comunque uno dei piu affidabili, pur esistendo molti altri calendari al mondo basati su criteri diversi.</div><div><br /></div><div>Innanzitutto, i calendari possono essere solari, lunari o lunisolari, a seconda dell'astro su cui si basano maggiormente. È lunisolare, quindi misto, il calendario ebraico; puramente lunare quello islamico. Mentre il nostro attuale, detto Gregoriano, è prevalentemente solare con due correzioni fondamentali che poi vedremo.</div><div><br /></div><span><a name='more'></a></span><div><br /></div><div>Troviamo un sistema di calendari complesso nell'Antico Egitto; inizialmente esisteva il calendario nilotico, e cioè quello delle inondazioni del Nilo: aveva però 360 giorni e arretrava continuamente il capodanno. Fu così introdotto il calendario cosiddetto civile, che era di 365 giorni, diviso in 3 stagioni da quattro mesi l'una. Nel 238 a. C. troviamo l'aggiunta di un giorno ogni 4 anni per recuperare il ritardo accumulato, il famoso giorno bisestile (da bisextum, in latino: due volte sei) che in Egitto si definisce epagomeno (con termine greco). Sono giorni che devono essere aggiunti per correggere lo scarto tra i calendari solari e la durata della rivoluzione terrestre, che non essendo precisa rischia di farci accumulare ritardo se non si aggiunge o toglie ogni tanto un giorno di compenso (proprio a questo serve l'anno bisestile).</div><div>Accanto a questo veniva utilizzato anche un calendario detto sotiaco perché prendeva a riferimento non sole o luna ma la stella Sirio, la più brillante; questo perché la sua levata corrispondeva in genere molto precisamente con l'inizio delle inondazioni del fiume sacro. </div><div><br /></div><div>Presso i Greci la situazione era più variegata perché ogni città stato aveva il suo calendario. Il più famoso era quello ateniese ovviamente: composto da 12 mesi lunari (29 o 30 giorni), per correggere il ritardo che si accumulava veniva inserito ogni tanto un 'mese intercalare'. I mesi prendevano il nome dalle feste religiose più importanti della città.</div><div><br /></div><div>Sulla falsariga di quello greco fu poi sviluppato quello romano, detto calendario pregiuliano o calendario di Romolo, in quanto la tradizione lo attribuiva al mitico re e fondatore, il qualep sarebbe stato in vigore dalla Fondazione nel 753 a.C. fino al 46 a.C., quando fu modificato da Giulio Cesare con il calendario detto appunto Giuliano. </div><div>Aveva 10 mesi di durata solare (30 e 31 giorni). I nomi sono già quasi quelli odierni, in pratica: i primi quattro dedicati alle divinità e gli ultimi in base al numero del mese. Ne deriva questo schema che inizia dal capodanno romano, che era a marzo:</div><div><br /></div><div>Marzo da Martius, Marte.</div><div>Aprile da Aprilis, da aperire "aprire", forse riferito all'apertura dei fiori, era il mese dedicato ad Afrodite.</div><div>Maggio, latino Maius da Maia, la dea della fertilità.</div><div>Quintilis (quinto mese)</div><div>Sextilis (sesto)</div><div>September (settimo)</div><div>October (ottavo)</div><div>November (nono mese)</div><div>December (decimo e ultimo)</div><div><br /></div><div>Dopo dicembre si smetteva semplicemente di contare i giorni fino all'arrivo di marzo. </div><div>Erano quindi 306 giorni complessivi e ne venivano saltati ben 61.</div><div><br /></div><div>Per questo nel 713 si pose rimedio con la riforma di re Numa Pompilio, che aggiunse i due mesi invernali mancanti, Gennaio (Ianuarius, dedicato al dio Ianus, Giano) e Febbraio (da februus, purificazione), considerato l'ultimo mese dedicato alla purificazione. Mentre gli altri mesi avevano durata dispari (29 o 31 giorni) febbraio ne aveva in totale 28, ma era poi suddiviso in due parti dispari e finiva con la festa dei Terminalia con cui chiudeva l'anno religioso. </div><div>I giorni complessivi così arrivavano a 365 come i nostri, ma mancando quel recupero di 1/4 di giorno della rivoluzione terrestre, ogni tanto per recuperare si inseriva un mese intercalare di 27 giorni, come ad Atene, detto Mercedonio, e lo si </div><div>poneva a fine febbraio prima della festa dei Terminalia, così che febbraio diventava di 23 giorni e se ne aggiungevano appunto altri 27. </div><div>Questo mese era aggiunto ogni due o tre anni su parere esclusivo del pontifex maximus, autorità religiosa, e questo complicata le cose perché veniva fatto arbitrariamente, a volte per motivi anche politici.</div><div><br /></div><div>Fu così che per rimediare alla confusione (il 46 avanti Cristo fu ricordato proprio come annus confusionis, perché per recuperare il ritardo accumulato dovette durare più di 400 giorni!) nel 46 a.C. entró in vigore uno dei due famosi calendari "moderni", ancora oggi utilizzato nei paesi russofoni e dalla chiesa ortodossa: il calendario Giuliano. </div><div><br /></div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi7Ov9kpzvT9Q4UqwlDPRycyuxWIvw5Y_DLABm4NF-GeIpPSAvVYaLX4cSuwRFHYg8-ota6P0G-jDZYjkOWhQYQok5I_D_xr1_OyDjb3HgFO3ETjHsLoIFoBHZf0BWBnRi4dXOJBj2a8XArkc2EK3YmYxtgw6hk-VIsqLzTKz_95sF-NEufufMXNjPF/s2667/Table_of_equivalent_dates_in_the_Julian_and_Gregorian_calendars.JPG" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="2667" data-original-width="2000" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi7Ov9kpzvT9Q4UqwlDPRycyuxWIvw5Y_DLABm4NF-GeIpPSAvVYaLX4cSuwRFHYg8-ota6P0G-jDZYjkOWhQYQok5I_D_xr1_OyDjb3HgFO3ETjHsLoIFoBHZf0BWBnRi4dXOJBj2a8XArkc2EK3YmYxtgw6hk-VIsqLzTKz_95sF-NEufufMXNjPF/s320/Table_of_equivalent_dates_in_the_Julian_and_Gregorian_calendars.JPG" width="240" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: xx-small;">Tabella dei giorni tra calendario giuliano e gregoriano By Nautical almanac offices of the United Kingdom and the United States - &quot;Explanatory Supplement to the Astronomical Ephemeris and The American Ephemeris and Nautical Almanac&quot; page 417, Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=19313130</span></td></tr></tbody></table><br /><div><br /></div><div><br /></div><div>Il calendario Giuliano fu studiato dall'astronomo greco Sosigene di Alessandria e promulgato da Giulio Cesare in quanto pontifex maximus nel 46 a. C. Divenne in breve il calendario di tutto l'impero romano, quindi Europa, Nord Africa e Medio Oriente. Restò in vigore fino al 1582, come vedremo.</div><div><br /></div><div>La novità rispetto ai calendari precedenti era che si utilizzava il mese solare e non quello lunare, per cui i mesi duravano 30 o 31 giorni con l'eccezione sempre di febbraio. </div><div>Il numero dei giorni restava di 365, ma fu introdotto il giorno bisestile tra 23 e 24 febbraio (il 23 in latino era il sesto giorno dalle Calende, il 24 il settimo; quindi si introduceva un giorno tra i due che era chiamato bis sextus (secondo giorno sesto, oppure bisesto, da cui appunto bisestile). </div><div>Fino alla riforma augustea dell'8 a.C. gli anni con il giorno bisestile erano ancora messi irregolarmente, ma poi si stabilí che dovessero essere ogni quattro anni, per recuperare quel quarto di giorno mancante, raggiungendo così una precisione incredibile per l'epoca, in quanto lo scarto ogni anno tra anno solare e rivoluzione astronomica ammontava a soli 11 minuti. Quindi si perdeva comunque 1 giorno ma ogni 128 anni.</div><div><br /></div><div>L'anno, che fino a quel momento era sempre iniziato a marzo, fu stabilito dovesse invece cominciare a gennaio.</div><div>Non sappiamo se sempre nella riforma augustea o se già dopo la morte di Cesare, furono cambiati anche i nomi del quinto e sesto mese: Quintilis divenne Iulius (luglio) in onore di Giulio Cesare; mentre il sesto da Sexstilis divenne Augustus (agosto) in onore appunto di Ottaviano Augusto che era nato il 15 agosto (da cui il nostro Ferragosto, da feriae Augusti, che divenne festivo in quanto compleanno dell'imperatore).</div><div><br /></div><div>Questo lieve ritardo dopo secoli comportò comunque un nuovo slittamento, perché la primavera (e con essa il calcolo della Pasqua, che cade ancora oggi per i cattolici nella domenica dopo il primo plenilunio di primavera) era ormai anticipata di 10 giorni nel 1500. </div><div>Fu così che si intervenne nuovamente sul calendario ideando una nuova correzione, che è quella che si utilizza ancora oggi e che ha una variabilità minima, con uno scarto di soli 26 secondi all'anno quindi un giorno ogni 3000 anni!</div><div><br /></div><div><br /></div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgUgsSrBuq5Du2-05uQC7TTARA8t3pZenRZgzsbbyECZrpxIJDLOJ9xOMbTmSH8tR3gsL4jLZ3AkGqeVpSGRp3_qiJ6xcIi1JTFIVMoAV2_bzBv9IqzAEhsO9Cs5w_vjkO2AzElKK01BYf5-CXX9F_QB8GmuvUPttzrZ2ozcJ_yUwHG7nTVzHscSCU8/s777/Calendario-gregoriano%20(1).jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="583" data-original-width="777" height="300" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgUgsSrBuq5Du2-05uQC7TTARA8t3pZenRZgzsbbyECZrpxIJDLOJ9xOMbTmSH8tR3gsL4jLZ3AkGqeVpSGRp3_qiJ6xcIi1JTFIVMoAV2_bzBv9IqzAEhsO9Cs5w_vjkO2AzElKK01BYf5-CXX9F_QB8GmuvUPttzrZ2ozcJ_yUwHG7nTVzHscSCU8/w400-h300/Calendario-gregoriano%20(1).jpg" width="400" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: xx-small;">Otobre 1582 - By Rredondo99 - Own work, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=112326785</span></td></tr></tbody></table><br /><div><br /></div><div>Il nuovo calendario fu pubblicato da papa Gregorio XIII il 4 ottobre 1582 con la bolla <i>Inter gravissimas. </i></div><div>La correzione fu ideata e approvata da una apposita commissione di esperti (tutti prelati tranne un astronomo laico; d'altra parte il clero era in quell'epoca spesso la classe più istruita e Galileo Galilei era ancora giovanissimo). </div><div>Si decise di recuperare i giorni saltando direttamente dal 5 ottobre 1582 al 15 ottobre 1582, in modo da riallineare le date alle stagioni. E fu apportata una correzione ancora oggi valida: gli anni bisestili devono essere non solo multipli di 100 ma anche di 400: per cui gli anni come il 1900 e il 2100 non furono e non saranno bisestili. </div><div><br /></div><div>Il calendario gregoriano fu acquisito in Europa lentamente e con alcune resistenze iniziali, ma al momento è adottato da quasi tutto il mondo, anche se alcuni stati gli affiancano un calendario tradizionale locale.</div><div>In particolare, ritroviamo il Giuliano nella Russia della Rivoluzione d'Ottobre (che avvenne a novembre secondo il gregoriano e a ottobre appunto secondo il giuliano) e nelle chiese ortodosse, in cui il Natale viene calcolato con il giuliano e cade quindi tra il 6 e il 7 gennaio, con un divario arrivato ad oggi a 13 giorni.</div><div><br /></div><div>Oggi con gli orologi astronomici possiamo calcolare con una precisione assoluta sia l'inizio delle stagioni che la durata dell'anno solare, e gli aggiustamenti si fanno in genere quando si raggiunge lo scarto di un secondo netto, e non ce ne accorgiamo più nemmeno.</div><div><br /></div><div>Per quello che invece riguarda la durata del tempo e la partenza del conteggio, ci sono stati nella storia moltissimi metodi di calcolo: dalla Fondazione di Roma, agli anni di regno degli imperatori, dalla Egira di Maometto nel 622 d.C... </div><div>La gran parte del mondo segue oggi il calendario cristiano che calcola il tempo dalla nascita di Cristo. </div><div>Senonché... oggi sappiamo che forse è sbagliato il conteggio di circa tre o quattro anni... </div><div>Il calcolo fu compiuto da un monaco vissuto tra V e VI secolo d. C., Dionigi il Piccolo, nato in Scizia (oggi Dobrugia, tra Romania e Bulgaria) e vissuto a Roma, uomo molto dotto ed esperto matematico.</div><div>Fu infatti incaricato dal papa di compilare una tabella della Pasqua negli anni futuri (e ne produsse una di ben 532 anni, e tutto calcolato a mano ovviamente!).</div><div>Mentre fino ad allora si era sempre datato tutto dalla Fondazione di Roma, o al massimo specificando gli anni di regno del re o imperatore in carica, Dionigi iniziò il suo calcolo dell'Incarnazione di Cristo (25 marzo dell'anno 1), che a lui risultò corrispondere all'anno 753 dalla Fondazione di Roma. Da lì cominciò a calcolare, ma non avendo ancora il Medioevo il concetto di zero, non considerò come facciamo noi xo e inizio l'anno zero, ma l'anno 1 direttamente. </div><div>Per questi calcoli si basò sui Vangeli ma anche su fonti storiche contemporanee, quindi tanto di cappello, perché senza computer o calcolatrici e lavorando solo su papiri o pergamene, deve essere stata una grande opera. Insomma, se ancora oggi usiamo questo sistema vuol dire che non era uno sprovveduto. </div><div>Però, un po' per la questione dell'anno zero e un po' per i dubbi sulla data di morte di Erode, oggi si pensa che in realtà Gesù non sia nato nell'anno 1 come diceva Dionigi ko nell'anno zero come diciamo noi) ma tra il 7 e il 4 a.C., con un errore di qualche anno di ritardo. </div><div>Ma non sappiamo nemmeno noi dalle fonti quando precisamente è morto Erode: se è morto nel 4 a. C. il calcolo è sbagliato, ma se in quell'anno ha solo passato la corona ai figli come alcuni sostengono ed è morto nel 3, allora potrebbe aver comunque ragione Dionigi!)</div><div>In ogni caso, il nostro conteggio continua ad andare avanti sulla base delle sue tabelle.</div><div><br /></div><div><br /></div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEijVrlz6ot5zlR859BZWUP3dVQ0vkgauOAAM-lJdO0klzq-dZ_9pg05gteObxDR08sOJLWZGbisVjelzeKLV7UYS42zSxiWH6wUvK8w0SRhUHM-uReXDbSx3WeyuFFNtuqJRYGll4jyeec-AnhsHXIgruBao5CGd6xzPswhdEmaOPIOW7v1Y3dw_BUK/s400/Dionysius_Exiguus.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="400" data-original-width="284" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEijVrlz6ot5zlR859BZWUP3dVQ0vkgauOAAM-lJdO0klzq-dZ_9pg05gteObxDR08sOJLWZGbisVjelzeKLV7UYS42zSxiWH6wUvK8w0SRhUHM-uReXDbSx3WeyuFFNtuqJRYGll4jyeec-AnhsHXIgruBao5CGd6xzPswhdEmaOPIOW7v1Y3dw_BUK/w284-h400/Dionysius_Exiguus.jpg" width="284" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: xx-small;">Dionigi il Piccolo By Unknown author - https://www.oclarim.com.mo/en/2019/10/04/church-fathers-74-dionysius-exiguus/, Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=86413374</span></td></tr></tbody></table><br />E i nomi dei giorni della settimana da dove vengono? <div>Sempre dal latino, che prese ispirazione come in altri casi dall'uso greco. </div><div>Ogni giorno era dedicato a un corpo celeste visibile nel cielo, che era associato a sua volta a una divinità.</div><div><br /></div><div>Lunedì dies Lunae, giorno della Luna; in greco Selene.</div><div>Martedì dies Martis, giorno di Marte; in greco di Ares</div><div>Mercoledì dies Mercurii, giorno di Mercurio; in greco di Hermes</div><div>Giovedì dies Iovis giorno di Giove; in greco Zeus</div><div>Venerdì dies Veneris, giorno di Venere, in greco Afrodite.</div><div><br /></div><div>Fin qui ancora oggi è simile.</div><div><br /></div><div>Per il sabato e la domenica in latino e poi quindi in italiano i nomi sono stati modificati con l'avvento del cristianesimo; resta traccia invece nei nomi inglesi!</div><div><br /></div><div>Il sabato viene dal termine shabbat, la festa del sabato ebraico; mentre per i latini era il dies Saturni, giorno di Saturno; Crono in greco; vedi inglese Saturday.</div><div><br /></div><div>La domenica invece era in passato dies Solis, in greco Helios, inglese Sunday: giorno del sole. </div><div>Essendo il giorno in cui si presume sia risorto il Cristo, che è morto sicuramente di Venerdì e risorto dopo 3 giorni, sotto Constantino, con la cristianizzazione progressiva dell'impero, il giorno festivo passò dal sabato alla domenica e la domenica divenne dies Domini, il Giorno del Signore. </div><div><br /></div><div><br /></div><div><div><br /></div><div>Link correlati:</div><div><br /></div><div>- Per chi volesse approfondire la parte astronomica che qui è solo accennata, potrebbe essere utile questa <a href="https://youtu.be/HIykdARg_kQ" target="_blank">conferenza tratta dal canale del Gruppo Astrofili Piacenza. </a></div><div><br /></div><div>- Per chi fosse interessato ai calendari più antichi su questa pagina trovate <a href="https://www.tages.eu/2014/04/10/le-civilta-del-vicino-oriente/" target="_blank">Sumeri, Caldei ed Egizi</a></div><div><br /></div><div>- Invece per approfondire i calendari precolombiani bisogna seguire i seguenti link: <a href="https://www.chichenitza.com/it/calendario-maya" target="_blank">Calendario Maya</a> - <a href="https://www.architetturaeviaggi.it/web_036.php" target="_blank">Calendario atzeco</a> - <a href="https://www.epertutti.com/storia/Incas-SOCIETAgrave-RELIGIONE-M23681.php" target="_blank">Calendario Inca</a></div><div><br /></div><div><br /></div><div><br /></div><div><br /></div><div><br /></div><div><br /></div><div><br /></div><div><br /></div><div><br /></div><div><br /></div><div><br /></div><div><br /></div><div><br /></div><div><br /></div><div><br /></div></div>Novella Semplicihttp://www.blogger.com/profile/06040942347279454097noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-4924349897476036875.post-40461519841740213362023-02-12T21:06:00.002+01:002023-07-29T00:43:02.596+02:00Letture: Il Califfato e l'Europa di Franco Cardini<p> </p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhEO5NJ3P98jCG6Um24YsFwZkilCxvRK7jvtVmKNxxvLUTJSx9xWjr1A1lqgON6jGix2cNex3REmnwG8skVMvjH6usZb8viV5Rg81jaxDTuZxtYbl8gPMFHcThFTsU_lZZtwfOTD-FxLrZoHKlis0jkv9uvKPHxqPwpn-abltjOqwYHlzTcRBYEKmSM/s702/download.jpeg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="702" data-original-width="474" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhEO5NJ3P98jCG6Um24YsFwZkilCxvRK7jvtVmKNxxvLUTJSx9xWjr1A1lqgON6jGix2cNex3REmnwG8skVMvjH6usZb8viV5Rg81jaxDTuZxtYbl8gPMFHcThFTsU_lZZtwfOTD-FxLrZoHKlis0jkv9uvKPHxqPwpn-abltjOqwYHlzTcRBYEKmSM/w270-h400/download.jpeg" width="270" /></a></div><br /><p></p><div><br />Un plauso innanzitutto per la copertina che è meravigliosa con il suo mosaico arabeggiante, quasi un azulejo, tipica ceramica ornamentale spagnola e portoghese, ma di origine appunto araba.</div><div>Gli islamici infatti decorano i luoghi di culto senza immagini, che considerano blasfeme, in quanto non si può rappresentare in modo umano Dio e Maometto. </div><div><br /></div><div>Questo saggio, non troppo lungo ma densissimo, è un sunto, una specie di manuale della storia dell'islam e dei suoi rapporti con Europa, Occidente e cristianesimo. </div><div><br /></div><span><a name='more'></a></span><div><br /></div><div>Inutile dire che Franco Cardini è una delle massime autorità in materia, essendo specializzato nello studio delle Crociate e quindi dei rapporti tra cristianesimo e Islam. È stato ordinario di storia medievale a Firenze e Bari, collaborava e collabora con le università di Harvard e Parigi, con la Normale di Pisa ed è membro (a volte anche fondatore) di molte società scientifiche, culturali, storiche. È stato anche collaboratore della RAI e per qualche anno fece parte del suo CdA. </div><div>Persona estremamente poliedrica e con una certa libertà di spirito tipica dei fiorentini, ha espresso spesso pareri in controtendenza, tra una militanza giovanile di destra e alcuni ideali tipicamente di sinistra. Insomma, difficilmente lo si può classificare o catalogare. </div><div>Egli ripercorre la storia dell'evoluzione dei rapporti tra la realtà islamica e quella cristiana dall'origine fino ai recenti avvenimenti (il testo è stato stampato nel 2016). </div><div><div><br /></div><div>La prima parte è un po' meno interessante, soprattutto perché mi è apparsa parecchio sintetica, e la sintesi fa un po' affastellare episodi e date che meriterebbero forse una trattazione più distesa, ma in tal caso sarebbe stato un saggio di mille pagine e non un sunto dal piglio anche divulgativo.</div><div>Diciamo che è evidente l'intento di dare al lettore medio una infarinatura generale del periodo tardo antico e medievale e soprattutto di rimediare a eventuali pregiudizi che l'opinione pubblica tende ad avere sui musulmani anche grazie a una certa trattazione dei mezzi di informazione che privilegiano una visione prevalentemente occidentale e quindi non sempre onestà nei confronti della religione fondata dal profeta Maometto.</div><div><br /></div><div>Dall'Ottocento in poi la cosa si fa più interessante, perché si vanno a scavare vari argomenti 'sensibili': il colonialismo in Africa e Medio Oriente, soprattutto inglese e francese, il nazionalismo europeo, il crollo dell'impero ottomano, l'evoluzione della Turchia w degli altri stati islamici, le due guerre mondiali, la crisi del decolonialismo e il ruolo molto dibattuto della Gran Bretagna nel secondo dopoguerra, con le promesse non mantenute ad ebrei e palestinesi (deteneva il protettorato su Gerusalemme, da cui poi si sfilò, lasciando soli i due contendenti senza trovare una soluzione che potesse essere un minimo condivisa e risolutiva, un po' come è successo recentemente in Afghanistan quando è stato messo fine all'intervento americano). A queste promesse mancate, dice Cardini, principalmente si devono le passate e attuali conflittualità tra israeliani e palestinesi, da cui l'occidente non può essere facilmente assolto.<br /><br />Cardini non teme di esporre il proprio pensiero anche quando va oltre la narrazione comune dei.mezzi di informazione, tanto che la trattazione può essere giudicata leggermente filoislamica; ma è indubbio che la situazione odierna deriva dalle mancate promesse dei paesi coloniali, i quali alla fine si sono ritirati lasciando comunque paesi instabili, spesso arretrati, confini stabiliti a casaccio, popoli divisi, senza volersene assumere fino in fondo la responsabilità. Errori di valutazione e strategia che hanno pagato caro e che ancora pagano i più poveri e indifesi.</div><div>Questo non vuol dire che l'islam non abbia le sue colpe e non debba pentirsi di nulla. La violenza è sempre violenza.<br />Ma senza dubbio il mondo occidentale non può non definirsi corresponsabile della situazione attuale, anche perché spesso i nemici di oggi erano gli alleati di ieri, finanziati per abbattere magari un governo non gradito e poi diventati così potenti da rivoltarsi contro e diventare a loro volta il nemico successivo.</div><div><br /></div><div>Una delle inesattezze più grandi ad oggi resta quella di dare all'Islam una patente di unicità e compattezza che non ha. </div><div>Noi appartenenti alla cultura cristiana cattolica abbiamo l'idea di ua chiesa verticistica e accentrata, con un solo capo supremo che è il papa. </div><div>E tendiamo a pensare lo stesso dell'islam; il quale invece è formato (dal punto di vista religioso) da varie scuole teologiche e da molte assemblee religiose autonome, ove ogni capo, ogni guida religiosa in teoria "governa" da sé. </div><div>Può esserci il maestro o il politico più famoso o emergente, ma difficilmente può dirsi simbolo di tutto l'Islam. Anzi, a volte questa richiesta di unità e la simbologia sottostante possono essere propaganda politica (per esempio Khomeini ha spesso chiamato all'unità dei musulmani contro gli Usa) e assieme anche distorsione comunicativa dell'informazione occidentale, che tende a inquadrare il fenomeno dell'estremismo e del terrorismo come tipico dell'islam tout court.</div><div>Per fare un paragone, il mondo religioso islamico è più simile al sistema delle chiese protestanti che al centralismo della Chiesa cattolica, che ha anche le sue chiese con riti particolari ma che in ultima istanza sono comunque approvate dal papa.</div><div>È quindi molto più complicato, quando parliamo di Islam, fare generalizzazioni: possono essere considerate pienamente islamiche sia comunità aperte sia comunità più rigide.</div><div><br /></div><div>Possiamo inoltre mettere sul piatto la millenari divisione tra sciiti e sunniti, risalente alla lotta per la successione a Maometto, inizialmente vinta dal cugino Alì (da cui discendono gli sciiti) ma dopo pochi decenni ribaltata dalla nomina di un altro successore, Abu Bakr, eletto da quelli che si chiameranno sunniti e i cui discendenti sconfissero quelli di Alì nel 680. Da allora gli sciiti non riconoscono gli eletti sunniti. </div><div>Una ulteriore complicazione deriva dal fatto che sunniti e sciiti spesso sono distribuiti in modo geograficamente e politicamente molto vario e non uniformemente: l'Iran è prevalentemente sciita, l'Iraq invece ha una forte presenza sunnita seppur minoritaria; in Siria per esempio comandano gli sciiti ma la popolazione islamica è soprattutto sunnita. E questo un po' ovunque movimenta ulteriormente il quadro. </div><div>Esiste anche una terza via tra sunniti e sciiti: gli ibaditi, che però sono presenti quasi soltanto nello stato dell'Oman.</div><div>Come vedete il quadro è tutt'altro che univoco e alla divisione religiosa spesso si somma la complessità politica. </div><div><br /></div><div>Consiglio la lettura a chi si interessa del mondo musulmano odierno e alla politica attuale riguardo alla situazione in Medio Oriente, tenendo presente che il tema è dibattuto nel solito modo schietto del Cardini, che ci mette sempre la passione personale oltre all'indiscussa competenza.</div></div><div><br /></div><div>Chissà se in futuro, con la sempre più probabile e necessaria svolta ecologista, le varie questioni mediorientali prenderanno una via diversa, considerando la minore importanza che la regione potrebbe avere a livello economico per l'estrazione del petrolio ma anche l'espansione delle influenze russa e cinese in paesi che sono abituati a una politica non democratica ma che la democrazia l'hanno vissuta spesso come imposta e nemica.</div><div><br /></div><div>Il testo non affronta il difficilissimo tema della condizione femminile se non en passant, sostenendo a ragione che un conto sia portare il classico velo corto, un altro sia l'obbligo del burqa. Ma essendo tema molto sensibile e complesso forse non era nemmeno il luogo adatto e non lo è nemmeno questo perché richiederebbe un libro intero.</div><div><br /></div><div><br /></div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg2mSJz1Yk-FWhWJJ-9ahkP_NGlHjA1kDwFENHiBLyvx_nvs9X4ZZU299lZpOMPc3CaDmitymW6pYEH9sFXVjRFxe2SXbP2zLCJ3vKDFquA9blXtTSxe4Q50ZFakBQZKu0-XcgvfOQ5o8wnA247QNuQnd8YrZHbbRhVexKOK4QvSEQbj6bmLvyrOXoN/s1280/1280px-Islam_by_country.svg.png" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="588" data-original-width="1280" height="184" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg2mSJz1Yk-FWhWJJ-9ahkP_NGlHjA1kDwFENHiBLyvx_nvs9X4ZZU299lZpOMPc3CaDmitymW6pYEH9sFXVjRFxe2SXbP2zLCJ3vKDFquA9blXtTSxe4Q50ZFakBQZKu0-XcgvfOQ5o8wnA247QNuQnd8YrZHbbRhVexKOK4QvSEQbj6bmLvyrOXoN/w400-h184/1280px-Islam_by_country.svg.png" width="400" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: xx-small;">Diffusione Islam per paese; in verde i sunniti, in marrone gli sciiti, in blu gli ibaditi <br />by Baba66, NordNordWest - Own work, Data from CIA World Factbook, ca. 2005, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=697595</span></td></tr></tbody></table><br /><br /><br /><div><u>Link correlati:</u></div><div><br /></div><div>- La voce della Treccani su <a href="https://www.treccani.it/enciclopedia/franco-cardini/" target="_blank">Franco Cardini</a>, per saperne di più sull'autore e capirne il pensiero. </div><div><br /></div><div>- Per approfondire il discorso sulle varie forme di Islam vi segnalo un file in pdf scaricabile da <a href="https://docenti.unimc.it/.../schemi-riassuntivi/le-divisioni-nellislam.pdf" target="_blank">questo link</a> che rimanda a materiale didattico messo in rete dall'Università di Macerata.</div><div><br /></div><div>- Puntata dedicata alla nascita ed espansione dell'islam de <a href="https://www.raiplay.it/video/2015/02/Il-tempo-e-la-Storia-Lascesa-dell-Islam-del-02022015-9ccfbf04-5ee3-4047-9ea5-4711ab9cf440.html?wt_mc%3D2.app.cpy.raiplay_prg_Il+Tempo+e+la+Storia.%26wt" target="_blank">Il tempo e la Storia </a>su Raiplay.</div><div><br /></div><div><br /></div><div><br /></div><div><br /></div>Novella Semplicihttp://www.blogger.com/profile/06040942347279454097noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-4924349897476036875.post-10784226257254140922022-02-10T18:49:00.006+01:002023-07-29T00:43:20.413+02:00La Primadonna del Rinascimento: Isabella d'Este (1474-1539) <p> </p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEhQwXIhzplnhleExohefYbOmU9WtQ61VAlcXCegCsq_sIeItDmBI8s5xrCJiZGFq60dx0NkkyCBafQ-C5YFmkupQDQRauAWEuJ3jZ_tksjTNpaqV7ZpFZT8zynVkrjVbhjUY4Amzd63vyVUgdhaLLoB8uoRmMct7TlcBfPlozL6MLHQ1yWVL3P6obVR=s719" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="719" data-original-width="445" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEhQwXIhzplnhleExohefYbOmU9WtQ61VAlcXCegCsq_sIeItDmBI8s5xrCJiZGFq60dx0NkkyCBafQ-C5YFmkupQDQRauAWEuJ3jZ_tksjTNpaqV7ZpFZT8zynVkrjVbhjUY4Amzd63vyVUgdhaLLoB8uoRmMct7TlcBfPlozL6MLHQ1yWVL3P6obVR=w248-h400" width="248" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"> <span style="font-size: xx-small;">Uno dei ritratti di Isabella dipinto da Tiziano - Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=159534</span></td></tr></tbody></table><br /><p></p><div>Il suo motto era: <i>Nec spe nec metu</i>; né con speranza né con timore. </div><div>Isabella d'Este è stata una figura cardine del Rinascimento italiano, sia come riferimento culturale (fu una dei più grandi mecenati), sia come ruolo politico, il che ai suoi tempi era senza dubbio un'eccezione, anche se non così infrequente; il modo in cui affrontò governo le causò molta fama ma anche insulti e incomprensioni. Una donna da cui non si prescinde se si vuole studiare questo periodo storico.</div><div><br /></div><div>Si potrebbe dire che la sua grandezza è evidente già dal nome: per tutti è Isabella d'Este, per quanto la sua vita sia trascorsa di fatto a Mantova come moglie di Francesco II, e quindi marchesa consorte Gonzaga. Eppure è passata alla storia con il patronimico estense; con il cognome paterno e non del marito, diremmo oggi; e non mancò di intervenire finché poté anche nella storia di Ferrara e nei conflitti che i suoi numerosi fratelli ebbero. </div><div><br /></div><span><a name='more'></a></span><div><br /></div><div><br /></div><div>Su di lei le notizie non mancano, grazie ai documenti della cancelleria di Mantova, l'archivio Gonzaga, e al suo epistolario di 30.000 lettere, nonché alle molte opere d'arte che ella patrocinò, dai ritratti alla letteratura, dalla musica alla poesia. L'elenco degli artisti che lavorarono per lei è lunghissimo e comprende i grandi maestri del tempo.</div><div><br /></div><div>Isabella nacque a Ferrara il 17 maggio 1474, primogenita amatissima del duca di Ferrara Ercole I e di Eleonora d'Aragona, figlia del Re di Napoli.</div><div>bbe una formazione culturale eccellentissima alla corte estense, a cui aggiunse una intelligenza spiccata. Abile nel latino e nel greco, ottima musicista, cantante e ballerina, fu in grado fin da giovanissina di discutere di arte e anche di politica. </div><div>Si dice che fosse apprezzata come lineamenti ma che fosse fin da giovane afflitta da una forma di pinguedine, oggi diremmo obesità, forse a causa di qualche disordine fisico. È comunque passata alla storia come una donna di fascino anche se non proprio attraente. Sicuramente teneva alla sua immagine, tanto da chiedere di essere abbellita nei ritratti eseguiti in età matura. Per questo è difficile conoscere le sue vere fattezze: abbiamo numerosi quadri in cui è raffigurata in maniera alquanto contraddittoria. </div><div>Oltre a ciò, assieme alla sorella Beatrice che in questo le fu superiore finché visse, potremmo definirla una influencer di moda dell'epoca: faceva tendenza nelle corti italiane ma anche europee, acquistando appositamente stoffe francesi e lanciando nuove mode nell'abbigliamento, soprattutto nelle pettinature. Nella foto in alto, potete notare una sua invenzione: la capigliara, acconciatura di capelli e nastri di seta intrecciati, avvolti poi in una rete tempestata di pietre preziose o perle. </div><div><br /></div><div>A soli sei anni fu promessa sposa a Francesco II Gonzaga, erede del marchesato di Mantova, di otto anni più anziano. I due negli anni di fidanzamento si apprezzarono, e forse non sarebbe stato un matrimonio per certi versi infelice, se solo Francesco non fosse stato un uomo di smodati appetiti, anche per quei tempi in cui al maschio era concessa ampia libertà. </div><div>Egli morirà per una grave forma di sifilide e certi suoi eccessi misero a rischio in qualche occasione anche la sua condotta di governo; famosa la liaison con la bella cognata Lucrezia Borgia, che aveva sposato il duca d'Este Alfonso, fratello di Isabella; tra le due donne pare non corresse affatto buon sangue e l'impressione è che Isabella la considerasse con un certo indifferente disprezzo; non sappiamo cosa ne pensasse invece Lucrezia, che era una donna più pacata, forse più dolce. </div><div>Francesco ebbe numerose altre donne, ben tre figli fuori dal matrimonio e da alcune lettere emerge un apprezzamento, forse non solo goliardico, per giovani ragazzi. </div><div>Non era un uomo del tutto privo di finezze, ma la moglie gli era intellettualmente superiore; egli restava un militare, uomo da campo di battaglia piuttosto che da dibattiti culturali. Questa moglie ingombrante era da lui contemporaneamente amata e odiata per la sua indipendenza di giudizio e per la manifesta superiorità. </div><div><br /></div><div>Pochi giorni dopo il fidanzamento, Isabella fu chiesta in sposa da Ludovico il Moro, signore di Milano, che aveva espresso ammirazione nei suoi confronti, ma essendo già promessa fu concluso il fidanzamento di Ludovico con la sorella Beatrice che diventerà quindi duchessa di Milano. </div><div>I due matrimoni si svolsero nel 1490 e nel 1491 (Isabella aveva 16 anni) e le due ragazze si trasferirono rispettivamente a Mantova e a Milano.</div><div><br /></div><div>Alla corte mantovana, in assenza del marito il quale era un condottiero militare, divenne sua migliore amica e confidente la cognata, Elisabetta Gonzaga, sorella di Francesco, la quale sposò nel 1488 il duca di Urbino Guidobaldo da Montefeltro. Con Elisabetta Isabella scambierà numerose lettere, che ci sono utili per ricostruire l'aspetto privato della marchesa. </div><div>I rapporti con la sorella Beatrice rimasero quasi sempre buoni fino alla morte di lei, avvenuta nel 1497, ma furono molto stretti e cordiali anche i legami con Ludovico, con il quale ebbe un rapporto di reciproca stima intellettuale, tanto che nacquero pettegolezzi su possibili relazioni anche sentimentali (Beatrice non sembra abbia mai sollevato problemi, mentre li aveva sollevati per altre relazioni del Moro, e la diceria fu seccamente smentita dal padre).</div><div>Fu questo uno dei motivi per cui Francesco II non gradiva che la moglie si recasse spesso a Milano. L'altro motivo di allontanamento fu la politica: l'alleanza con Venezia, conclusa nel 1489, comportò l'abbandono della classica amicizia dei Gonzaga nei confronti del Ducato di Milano.</div><div> </div><div>L'unico screzio personale tra le due sorelle sembra che si sia verificato a causa dell'invidia di Isabella per la maternità di Beatrice: ella ebbe subito due figli maschi, mentre Isabella non riuscì ad avere subito figli e le prime due furono due femmine, mentre lei teneva tantissimo ad avere un maschio che fosse erede. Forse ci teneva più del marito, che infatti amò molto la primogenita Eleonora, nata nel 1493; mentre Isabella non la predilesse maiparticolarmente. La bimba fu "adottata" dalla zia Elisabetta Gonzaga, che non ebbe mai figli per problemi del marito; dopo la guerra contro Cesare Borgia e la perdita di Urbino, Isabella decise di dare Eleonora in sposa al nuovo Duca di Urbino, Francesco Maria Della Rovere, e la nipote richiamò la zia ad abitare nel Palazzo Ducale.</div><div><br /></div><div>Tutto l'affetto di Isabella fu invece rivolto verso il figlio Federico, nato nel 1500 nel giorno del compleanno della madre, il 17 maggio. Egli successe al padre prima cone marchese e poi fu nominato Duca di Mantova dall'imperatore Carlo V.</div><div>Questo a dimostrazione che Isabella non era priva dei pregiudizi tipici del suo tempo. Non sapremo mai, credo, se comunque ha fatto l'interesse dei figli facendo sì che avessero tutti posizioni di rilievo, o se pensasse matrimoni, cardinalati, monacazioni esclusivamente in termini di realpolitik. Certo invece fu il dolore per la perdita in tenera età di due bimbe. Ebbe in totale 8 figli: Eleonora duchessa di Urbino; Margherita e Livia Osanna, morte nell'infanzia; Federico duca di Mantova: Ippolita e Livia, monache; Ercole, che divenne cardinale, e Ferrante, condottiero militare, conte di Guastalla, viceré di Sicilia e governatore di Milano per conto di Carlo V. </div><div><br /></div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEjSUd71g6NuHqRDREVpDQM4-QTW7WOKsocfTBjoYHFGYHH8KT0AMggjAcMahkHGuq5QcEBMLwCjOcDhK4sgCcSlFY4kwkPyKJGdnyPsqLqf_ELNDnBv92KZ2taIczp4TzMfes9XExBkE2Xhw2Gq8UIW9mi-bJv5vIM5yy1UgsCjnMThMLK92bl3SYYs=s720" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="720" data-original-width="541" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEjSUd71g6NuHqRDREVpDQM4-QTW7WOKsocfTBjoYHFGYHH8KT0AMggjAcMahkHGuq5QcEBMLwCjOcDhK4sgCcSlFY4kwkPyKJGdnyPsqLqf_ELNDnBv92KZ2taIczp4TzMfes9XExBkE2Xhw2Gq8UIW9mi-bJv5vIM5yy1UgsCjnMThMLK92bl3SYYs=w300-h400" width="300" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: xx-small;">Leonardo da Vinci, Ritratto di Isabella d'Este -Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=79787409</span></td></tr></tbody></table><br /><div>Per cosa divenne famosa Isabella d'Este? In primis per la sua cultura e il suo ruolo di mecenate. Fu la prima donna a farsi costruire due "studioli", uno nel Palazzo Ducale e uno nella sua seconda residenza; erano le stanze in cui collezionava opere d'arte come dipinti, arazzi, medaglie, statue, gioielli (purtroppo adesso in gran parte disperse in vari musei d'Europa). </div><div>Fu benefattrice di Ludovico Ariosto, del Bembo, di Baldassarre Castiglione, di Pietro Aretino, e molti altri letterati. </div><div>In ambito artistico, a lei dobbiamo delle splendide opere del Mantegna, di Correggio, del Perugino, diversi ritratto del Tiziano; ebbe contatti con Rubens, Michelangelo e Leonardo da Vinci. </div><div><br /></div><div>Parlando di Leonardo, in particolare, recentemente è stato ritrovato un cartone in Svizzera che rappresenterebbe Isabella d'Este (vedi foto sopra): è uno schizzo a carboncino di una donna di profilo, che pare assomigliare molto alla Gioconda. Sicuramente c'è la mano di Leonardo ma con molta probabilità il disegno che vediamo oggi è stato rimaneggiato da alcuni discepoli del maestro.</div><div>Siccome dalle fonti pare che Leonardo abbia ritratto Isabella, dopo sua notevole insistenza, e risulta che ella si sia più volte lamentata del fatto di non aver mai ricevuto il dipinto, alcuni studiosi hanno ipotizzato, vista la rassomiglianza tra il suddetto cartone e la famosa Monna Lisa, che in realtà la Gioconda sia la stessa Isabella d'Este. Ipotesi affascinante ma tutt'altro che certa; anzi, ha suscitato diverse critiche e al momento non è la più accreditata; ma esiste anche questa possibilità e mi è parso giusto riportarla, pur con tutta la prudenza del caso.</div><div><br /></div><div><br /></div><div><br /></div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEg5Yc_4z9Ep_B3v-hPCF62cAR8sMRELMwOeDW0yG4rAnUvB_d9ujoCi7jdv6tfz2hQ0jcPgbaMfV37JB8NruF6CBiPfqJN2F87cpHZg-hmBufIIjpBx3nKtXtVAPpJ9ELfpBR65-P2bggW7tVRtbyRZy1dJX9a7e8yzF3qlhKIoX9Kk50b-7vu5Po9G=s720" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="720" data-original-width="524" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEg5Yc_4z9Ep_B3v-hPCF62cAR8sMRELMwOeDW0yG4rAnUvB_d9ujoCi7jdv6tfz2hQ0jcPgbaMfV37JB8NruF6CBiPfqJN2F87cpHZg-hmBufIIjpBx3nKtXtVAPpJ9ELfpBR65-P2bggW7tVRtbyRZy1dJX9a7e8yzF3qlhKIoX9Kk50b-7vu5Po9G=w291-h400" width="291" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: xx-small;">Canzoniere di Isabella del 1480 circa, Biblioteca Casanatense Roma<br /> Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=47530867</span></td></tr></tbody></table><br /><div>Altro enorme merito di Isabella è stato il suo ruolo politico. E qui necessita una spiegazione della situazione del tempo. I ducati di Ferrara e Mantova erano piccole signorie in confronto agli altri grandi centri politici italiani, come Roma, Venezia e Milano. Ancora più piccoli se pensiamo all'intervento su territorio italico delle grandi potenze europee, la Francia e la Spagna, che si combatterono a spese del territorio della penisola. Eppure Isabella e Francesco riuscirono nell'intento di mantenere intatto il loro possedimento, in un vero e proprio gioco di scacchi con i principali interlocutori politici dell'epoca.</div><div><br /></div><div>Isabella era abituata a discutere di politica e a Mantova si trovò spesso a dover prendere decisioni in assenza del marito. Fu molto amata dal popolo mantovano che vedeva in lei una sovrana capace oltre che potente. E anche lei amava il suo popolo, parlandone sempre in termini positivi e lacerato per la difesa della città e del contado. Come il marito (e forse più di lui) teneva alla dinastia, e su questo il loro vedere era comune; pur con qualche fastidio da parte di Francesco nel sentirsi a volte scavalcato. Di fatto però lavoravano entrambi a uno scopo: avere garanzie dalle potenze vicine sull'integrità di Mantova (e anche di Ferrara ove possibile. La città era governata da Alfonso d'Este ma dilaniata dalle contese con altri due fratelli, con cui Isabella tentò invano di fare mediazione: per una congiura fallita, il fratello Ferrante morirà dopo anni di carcere e l'altro, Giulio, fu scarcerato dopo una lunghissima detenzione, mentre un terzo fratello, Ippolito, rimase sempre a fianco di Alfonso). </div><div><br /></div><div>Il momento forse più difficile per Isabella fu la cattura di Francesco Gonzaga da parte dei veneziani, che lo tennero prigioniero dal 1509 al 1510. Isabella divenne così anche capo militare e trattò a lungo con il papa e i veneziani perché fosse liberato, ma contemporaneamente lavorando per difendere la Signoria, che doveva poi passare al figlio Federico. Alla fine riuscì a dare garanzie sulla affidabilità di Mantova sullo scacchiere internazionale, inviando come "ostaggio" alla corte papale di Giulio II proprio il figlio Federico, che era ancora un bambino. Decisione terribile, ma il papa trattò bene il ragazzo, che poté dopo qualche anno tornare a casa con tutti gli onori e soggiornò per un periodo anche alla corte del re di Francia.</div><div>Francesco però non gradì la trattativa portata avanti dalla moglie, accusandola di aver di fatto ritardato la sua liberazione cercando per quanto possibile di estrometterla dal governo. </div><div>Fu in questo periodo che la marchesa fu definita nelle lettere "putana" sia dal papa Giulio II, che pure non era certo un monaco eremita cone idee (non per nulla è passato alla storia come il Papa guerriero), sia dal marito. Come spesso succede alle donne di carattere, non potendola attaccare nel merito, si preferiva insultare.</div><div><br /></div><div>Isabella, una volta tornato il Gonzaga a casa, iniziò a viaggiare in Italia, piuttosto che soggiornare a Mantova senza poter partecipare al governo della città, e continuando nel contempo a stringere rapporti e alleanze con le famiglie più potenti, per consolidare il futuro ruolo di Federico e ottenere il titolo di cardinale per il figlio Ercole, che aveva destinato alla carriera ecclesiastica e che diventò effettivamente un porporato nel 1528.</div><div><br /></div><div>Nel 1519 Francesco II morì. Il figlio non aveva ancora raggiunto la maggiore età e Isabella divenne reggente di Mantova fino al 1521. Furono anni di studio e di impegno per mandare avanti il regno. E furono anni difficili perché Federico, piuttosto che seguire le indicazioni materne, sembrava avere altri interessi. In particolare, si era innamorato di una donna nobile, Isabella Boschetti, da cui ebbe due figli e per la quale fece costruire il bellissimo Palazzo Te. </div><div>Isabella detestava la Boschetti, che considerava una arrampicatrice sociale. Fece di tutto per separarli e fu coinvolta (forse in parte anche responsabile) in un vero e proprio scandalo matrimoniale.</div><div><br /></div><div>Federico secondo gli accordi doveva sposare Maria Paleologa, probabile erede della marca del Monferrato, in quanto il fratello Bonifacio era di salute precaria. </div><div>Le carte erano state firmate quando erano bambini, ma si attendeva l'età canonica della sposa. Federico, visto che Bonifacio contro ogni aspettativa sembrava sopravvivere, e quindi sfumava l'eredità, organizzò un finto complotto, accusando Maria e la madre Anna di Alençon di aver tentato di avvelenare la Boschetti, ottenendo così l'annullamento del matrimonio da parte del papa. </div><div>A questo punto l'imperatore Carlo V gli offrì in sposa la zia di Maria, Giulia, più anziana di Federico e su cui giravano voci di sterilità. Ma non si poteva facilmente negare il consenso all'imperatore Carlo, che era l'uomo più potente al tempo. </div><div>Alla fine il colpo di scena: Bonifacio morì in un incidente a cavallo. A quel punto Federico si interessò di nuovo a Maria e il papa fu invitato a riconsiderare valido il matrimonio. Cosa che accettò di fare. Solo che anche Maria morì improvvisamente,solo cinque giorni dopo, senza poter arrivare a Mantova. Ella fu completamente riabilitata dai sospetti di avvelenamento; i Gonzaga non fecero certo una bella figura. Alla fine tutto fu sistemato annullando il fidanzamento con Giulia in cambio di una ingente somma di denaro, e Federico sposò la sorella minore di Maria, Margherita, ereditando così il desiderato Monferrato. E continuando ad amare Isabella Boschetti contro il volere della madre.</div><div><br /></div><div>Il conflitto tra madre e figlio col tempo si acuì a tal punto che Federico proibì addirittura ai funzionari della cancelleria di stato di dare informazioni di qualsiasi tipo a Isabella; ella decise allora di partire per Roma, dove contava di ottenere il titolo cardinalizio per Ercole e dove fu testimone attiva del Sacco di Roma del 1527.</div><div>Il palazzo dove alloggiava fu l'unico a non essere saccheggiato (suo figlio Ferrante e suo nipote Carlo erano a capo di una parte delle truppe imperiali) e molti nobili romani furono accolti e salvati (anche se probabilmente fu necessario pagare un riscatto e Isabella stessa trovò modo di raccogliere alcune opere d'arte; avute in dono per ringraziamento? O depredate? Non lo sappiamo. Fatto sta che furono spedite a Mantova ma non arrivarono mai a destinazione e andarono perdute).</div><div><br /></div><div>Negli ultimi anni di vita si ritirò nella sua residenza secondaria a Mantova; dal 1529 fino alla morte governò il piccolo comune di Solarolo, che faceva parte dei domini Gonzaga. </div><div>Fece testamento nominando eredi i figli e la nuora Margherita Paleologa. </div><div>Morì per una malattia al ritorno di un viaggio a Venezia, il 15 aprile 1539, e fu sepolta nella tomba dei Gonzaga, nella Chiesa di Santa Paola. Ma i suoi resti non sono più presenti all'interno del sarcofago. Se ne ignora il motivo.</div><div>Il figlio Federico la seguirà nel 1540, ancora molto giovane, soccombendo alla sifilide come suo padre, e lasciando a sua volta come reggente del figlio minore la moglie legittima Margherita, che si dimostrò piuttosto all'altezza del ruolo, anche se non raggiunse le vette e la popolarità della suocera.</div><div><br /></div><div><br /></div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEhpYhGM8ftVxTcE9VFN-ej97SKfmPWg4Rigo6MsO9PkJxLwLVsdHd3qPsEne9tYKtrJfL3GgDHo2AOa7Pf5keuj7j9WafcnxT3CWpcBkY_l4CmCeizxPOKSoxNhQv9CUZSD3NRxdP51SyIrCz2_vc85sYF7Y2gU4HepBNzxsZKO9soPEfW5SmcHe4Eo=s960" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="720" data-original-width="960" height="300" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEhpYhGM8ftVxTcE9VFN-ej97SKfmPWg4Rigo6MsO9PkJxLwLVsdHd3qPsEne9tYKtrJfL3GgDHo2AOa7Pf5keuj7j9WafcnxT3CWpcBkY_l4CmCeizxPOKSoxNhQv9CUZSD3NRxdP51SyIrCz2_vc85sYF7Y2gU4HepBNzxsZKO9soPEfW5SmcHe4Eo=w400-h300" width="400" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: xx-small;">Chiesa di Santa Paola a Mantova<br />By Nicola Quirico - Own work, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=83596895</span></td></tr></tbody></table><br /><div><br /></div><div>Sintetizzare in un solo breve articolo una tale figura è impossibile e molto ho tralasciato. </div><div>Dare un giudizio storico su Isabella d'Este è complicato anche per storici di professione. Sicuramente fu una personalità non comune e influì moltissimo sulla cultura e la politica del tempo. </div><div>Donna coltissima e di viva intelligenza, ammirata da molti contemporanei, superiore per giudizio e ruolo a molti uomini e donne del suo tempo, non mancò di vivere con ben chiare le prospettive di potere e sacrificando molto, se non tutto, ad esse. </div><div>L'impressione è che avesse coscienza del valore del casato di cui faceva parte e che quello fosse il suo riferimento principale. </div><div>Oggi ci salta all'occhio anche una certa ambivalenza verso le figlie femmine; una maritata lontano e forse mai amata, altre due monacate a Mantova (famosa la sua frase: ho dato loro un genero di cui non lamentarsi). Mentre la carriera dei figli maschi, specie dell'erede, era il suo chiodo fisso. E forse la più grande delusione gliela ha data proprio il suo prediletto. </div><div>Chissà se il rapporto con le figlie era davvero controverso oppure se ha comunque cercato di dare loro una buona posizione. Gli affetti erano diversi, difficilmente i genitori nobili si occupavano direttamente dei figli e i rapporti erano più distanti di quanto sia comune oggi. </div><div>Forse un tratto caratteriale negativo che emerge è la gelosia: la rivalità con la sorella, meno amata dai genitori e meno colta (fu educata alla corte di Napoli dai nonni e non a Ferrara) ma più bella; la rivalità amorosa con Lucrezia Borgia; l'odio per la favorita del figlio; alcuni sottolineano come anche la figlia Eleonora fosse considerata bella... Insomma, ci si potrebbe leggere un certo tormentato disprezzo nei confronti di figure femminili avvenenti.</div><div>Comunque Isabella è riuscita a diventare una icona, nonostante non fosse una bellezza, e nonostante il proprio sesso. Se fosse stata uomo la paragoneremmo forse a un Lorenzo il Magnifico. </div><div><br /></div><div><br /></div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEgdnzEQ3WThc7eFKA2hr-zktqm_ZthiUHOdnswWOIxCdV5QORuU1657uvmTHsEppKm7FlXj-YUb2ooAaCkx5tSUTx_BFEgwlhkcQ2AAkAY3rQ4HoMVe5wTBoBT6RVQHhRH-2mdiqbkZG1BOU1gZ-zHhNW8M4hFv6agWcWiZpNIyQX8YNU10oKuhaLcR=s720" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="720" data-original-width="667" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEgdnzEQ3WThc7eFKA2hr-zktqm_ZthiUHOdnswWOIxCdV5QORuU1657uvmTHsEppKm7FlXj-YUb2ooAaCkx5tSUTx_BFEgwlhkcQ2AAkAY3rQ4HoMVe5wTBoBT6RVQHhRH-2mdiqbkZG1BOU1gZ-zHhNW8M4hFv6agWcWiZpNIyQX8YNU10oKuhaLcR=w370-h400" width="370" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: xx-small;">Medaglia di Isabella d'Este di Gian Cristoforo Romano - Foto Di Mitglied5 - Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=44820746</span></td></tr></tbody></table><br /><div><br /></div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><br /></td></tr></tbody></table><br /><div><br /></div><div><br /></div><div><u>Link correlati</u>:</div><div><br /></div><div>- Per immergersi in modo piacevole nel periodo storico e conoscere meglio la figura di Isabella d'Este, è imprescindibile, anche se opera di fantasia, il romanzo di Maria Bellonci <a href="https://www.oscarmondadori.it/libri/rinascimento-privato-maria-bellonci/" target="_blank">Rinascimento privato</a> (Premio Strega nel 1986). Si tratta di una immaginaria autobiografia di Isabella, in cui le vicende storiche, documentatissime, si affiancano a valutazioni personali e sentimenti comuni. Un capolavoro assoluto sia come aspetto letterario che come accuratezza storiografica. E forse vi farà affezionare alla protagonista e a vedere le cose da un punto di vista diverso (anche se non propriamente r). </div><div><br /></div><div>- Per una biografia dettagliata rimando al capitolo apposito della <a href="https://www.treccani.it/enciclopedia/isabella-d-este-marchesa-di-mantova_%28Dizionario-Biografico%29/" target="_blank">Treccani</a> che è molto esauriente e ha una bibliografia sterminata</div><div><br /></div><div>- Infine, per il reparto videoteca possiamo guardare la puntata de<a href="https://www.raiplay.it/video/2017/05/Il-Tempo-e-la-Storia---Isabella-D-Este-marchesa-di-Mantova-45c0955e-8859-4247-a2da-a2b6d1c40ee6.html?wt_mc%3D2.app.cpy.raiplay_vod_Il+Tempo+e+la+Storia_Isabella+d%E2%80%99Este+marchesa+di+Mantova+-+08%2F05%2F2017.%26wt" target="_blank"> Il Tempo e la Storia</a> del 2017 dedicata a Isabella d'Este, disponibile su Raiplay.</div><div><br /></div><div><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><br />Novella Semplicihttp://www.blogger.com/profile/06040942347279454097noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4924349897476036875.post-3664860091867731492021-07-31T18:29:00.012+02:002023-07-29T00:43:41.897+02:00Letture: Dante di Alessandro Barbero<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEiicaX-l8PYNV5OPMWd6A_sR2RFJyUON95xH398a458ZIJYQ1F0Y5spKJcH5hHxuH4ibYEUWx98f9dlsH7gHpirzX1fg0vJrbyb0MkAp6Z2V5SYf1gbdRyqKc_vVZAu1Mo04CWXGxYAoc2EJxY_2nqzixU_IorYOKQePyMC9-ELvHbEMNjyz8bKDDRz=s271" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="271" data-original-width="186" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEiicaX-l8PYNV5OPMWd6A_sR2RFJyUON95xH398a458ZIJYQ1F0Y5spKJcH5hHxuH4ibYEUWx98f9dlsH7gHpirzX1fg0vJrbyb0MkAp6Z2V5SYf1gbdRyqKc_vVZAu1Mo04CWXGxYAoc2EJxY_2nqzixU_IorYOKQePyMC9-ELvHbEMNjyz8bKDDRz=w275-h400" width="275" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: xx-small;">Copertina del libro</span></td></tr></tbody></table><br /></div><p>Il libro di Alessandro Barbero sul sommo poeta è decisamente un testo molto apprezzato e condiviso, ancor più perché nel 2021 ricorre il Settecentenario della morte di Dante Alighieri, scrittore, poeta, politico, considerato a ragione il padre della lingua italiana (Firenze 1265- Ravenna 1321). </p><p>Come ho sentito dire a una delle presentazioni del libro che ho seguito on line, ci sono due modi per affrontare il testo, e li ho usati entrambi, prima uno e poi l'altro. Il primo è quello dello studio meticoloso, che vuol dire fermarsi a leggere le note, l'immensa bibliografia, le discussioni fra dantisti, e non ultimo il parere storico dell'autore, che spesso prende posizione nel dibattito e lo fa, pur essendo storico e non italianista, con una certa competenza anche in questioni più "letterarie": ho veramente apprezzato certe precisazioni su certi dibattiti complessi e condotti ormai da decenni se non secoli senza nuove grandi certezze. </p><p>Libro meritevole se letto in questo modo, ma piuttosto complesso: diciamo che diventa un lavoro di fatica e minuzioso; come lettura (continuamente inframmezzata da note importanti) diviene un po' spezzata. </p><span><a name='more'></a></span><p><br /></p><p>Il secondo sistema è quello, meno corretto ma più divertente, di leggere il testo senza badare alle note, senza sentirsi addetti ai lavori, per puro piacere. In tal caso si riduce sicuramente un po' il valore documentario ma si allarga molto quello estetico o quantomeno la godibilità. Dando per acquisito il fatto che il prof. Barbero a mio parere non è nello scritto altrettanto coinvolgente come lo è nei suoi racconti dal vivo (e ciò non per demerito dello scritto vorrei precisare, quanto per l'enorme merito di essere un grande affabulatore dal vivo), è un testo completo al punto di vista dello storico sulla vita di Dante uomo, anche se restano tanti dubbi insoluti e su certi periodi mancano proprio le fonti. </p><p>Il merito di Barbero è quello di fare ricerca storica focalizzandosi sui tratti più "umani" di essa, e rendendola perciò più interessante. Credo che solo un erudito della sua sensibilità vorrebbe (come ha dichiarato) chiedere a Dante come prima cosa se ha conosciuto la madre (dato che non ne parla mai e il padre si è risposato, probabilmente è morta di parto o poco dopo). Con lui i protagonisti letteralmente rivivono, a tutto tondo. È un gran dono. </p><p><br /></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh-P3D2leK_HL9PqklfE-XD4qvNaxou_oz9caxCzwmzTYtl0HHTwsqVWMWguSmEfTOEj2kZpxb38bZRITTgcde5JvM8idhMKlcwzlCutXYcu33Hbh9vIeR6t2-cm72NCZLdZgtTJnX_EbU/s721/431px-Dante_Alighieri_Statue_SantaCroce.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="721" data-original-width="431" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh-P3D2leK_HL9PqklfE-XD4qvNaxou_oz9caxCzwmzTYtl0HHTwsqVWMWguSmEfTOEj2kZpxb38bZRITTgcde5JvM8idhMKlcwzlCutXYcu33Hbh9vIeR6t2-cm72NCZLdZgtTJnX_EbU/w239-h400/431px-Dante_Alighieri_Statue_SantaCroce.jpg" width="239" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: xx-small;">Statua per Dante in piazza Santa Croce a Firenze<br />By SimonKTemplar - Own work, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=32656496<br /></span></td></tr></tbody></table><br /><p><br /></p><p>Dante (probabilmente diminutivo di Durante) nacque nel 1265 tra maggio e giugno (lui stesso dice di essere del segno dei Gemelli ma non sappiamo con certezza la data, forse il 29 maggio) a Firenze da famiglia benestante ma non di nobili origini. La madre morì probabilmente quando era molto giovane dato che il padre si risposò. </p><p>Fu allievo di Brunetto Latini e come poeta strinse amicizia con altri letterati fiorentini che invece appartenevano a famiglie molto in vista, come Guido Cavalcanti e Forese Donati.</p><p>Nota a tutti, grazie alla mitizzazione letteraria che ne fece, la passione (rimasta platonica e forse nemmeno ricambiata) che lo colse fin da giovane per la conoscente Beatrice Portinari, la quale fu maritata ad altri e morì molto giovane, si sposò con Gemma Donati (probabilmente imparentata con i Donati ma di un ramo secondario della famiglia) ma non conosciamo la data (questo è uno dei misteri ampiamente dibattuti nel libro del Barbero).</p><p>Partecipò alla vita politica fiorentina come esponente dei Guelfi Bianchi, che furono sconfitti di fatto dai Guelfi Neri con l'aiuto di papa Bonifacio VIII e di conseguenza nel 1302 fu condannato a morte mentre si trovava fuori città (forse era a Roma); lontano quindi da Firenze e mai più ivi riammesso, pena la morte con l'accusa ufficiale di grave corruzione. </p><p>Dante era guelfo bianco: non era certo un guelfo estremista dei Neri, ma non è mai stato ghibellino. Si appoggiò ai ghibellini fuoriusciti dopo l'esilio, ma dopo poco tempo se ne separò con disaccordo profondo (e forse dopo un contrasto molto grave in occasione di un tentativo armato di rientro a Firenze che poi andò male, noto come battaglia della Lastra; non sappiamo on certezza nel dettaglio se Dante se ne separò già prima o in seguito a questa sconfitta). Sarà poi il Foscolo a definirlo "ghibellin fuggiasco", ma in realtà Dante ghibellino non fu mai. A parte forse la breve illusione durante la discesa dell'imperatore Arrigo VII, sul cui intervento Dante aveva riposto forse l'ultima speranza di rientrare in patria, che fu ahimè ben presto delusa per il decesso del monarca. E anche qui forse più per speranze personali che per convinzione politica vera e propria.</p><p>Dal momento dell'esilio le sue tracce emergono in molte corti dell'Italia centro-settentrionale, in quanto per vivere il poeta probabilmente si appoggiava a dei nobili benefattori a cui offriva i suoi servigi di esperto di armi dictamini, ovvero quello che oggi chiameremmo cancelliere di corte, un funzionario che curava la corrispondenza di stato e anche le ambasciate per conto dei signori locali. Si ritrovano tracce della sua presenza in Casentino, Lunigiana, Verona, Forlì, Venezia, Bologna, fino al soggiorno ravennate dove morì di malaria a 56 anni (contratta probabilmente in viaggio verso Venezia dove aveva appunto fatto un viaggio "di Stato", come diremmo oggi). C'è chi parla di una sua presenza a Parigi tra 1309 e 1310, esistono sicuramente degli indizi in tal senso ma non abbiamo nessun documento certo. </p><p>E veniamo all'autore Alessandro Barbero che molti ormai conoscono: classe 1959, torinese, allievo di Giovanni Tabacco, ordinario di storia medievale all'Università del Piemonte Orientale, esperto di storia militare, famoso prima come autore di romanzi e saggi storici (tra l'altro vincitore del premio Strega nel ), poi collaboratore della RAI, in particolare consulente storico di Superquark, e infine apprezzato conferenziere le cui lezioni spopolano sui social, Youtube soprattutto.</p><p><br /></p><p><u>Link correlati</u>:</p><p>- Su Dante la bibliografia è sterminata. En passant, tra i tanti, posso solo consigliare di leggere uno o più testi di un grande italianista da poco scomparso, <a href="https://www.ibs.it/libri/autori/marco-santagata" target="_blank">Marco Santagata</a>. </p><p>- Su Youtube trovate sicuramente le letture della Divina Commedia di Roberto Benigni... Oppure le presentazioni del libri fatte dallo stesso Barbero. In particolare vi segnalo su <a href="http://Audible.it">Audible.it</a> un commento ampio e veramente bello, che esiste anche in formato cartaceo: la <a href="https://www.ibs.it/commedia-di-dante-raccontata-letta-libro-dante-alighieri-vittorio-sermonti/e/9788869863257" target="_blank">Divina Commedia letta e commentata da Vittorio Sermonti.</a> Veramente di qualità eccezionale. </p><p>- Ultimamente ho messo in lista anche un podcast di Aldo Cazzullo sempre su Audible e disponibile anche sul Corriete della Sera che si intitola "<a href="https://www.corriere.it/podcast/dante-italia/" target="_blank">Dante Italia</a>".</p><p>- Su Audible è presente anche la serie di brevi conferenze sulle Grandi Battaglie della Storia di Alessandro Barbero. I suoi video e podcast si trovano anche su Youtube e su Google Podcast ha un canale dedicato molto ben fatto, con sito annesso, che si chiama appunto "<a href="https://barberopodcast.it/" target="_blank">Il podcast di Alessandro Barbero</a>": raccoglie molte sue conferenze e viene aggiornato ogni settimana. </p><p>- <a href="https://www.liberolibro.it/lesilio-di-dante/" target="_blank">Qui</a> invece un articolo molto dettagliato sull'esilio di Dante, per chi volesse approfondire la parte forse più complicata della sua biografia.</p><p><br /></p>Novella Semplicihttp://www.blogger.com/profile/06040942347279454097noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-4924349897476036875.post-34867969421905809642021-07-31T16:14:00.002+02:002023-07-29T00:44:14.720+02:00Letture: Storia di Roma di Theodore Mommsen<p><br /></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEidEvlUqREUN2rrZ9o1oKqy8JOsRDLua4yhoEm1IaPx4s9KqSUVIU-zYmuPEEsTKofrn7PK7Cx-7YqqWv5LU2WCY2XN4w31Acd5_yzK_JuoA5nW-MAvqLlWwWgwkXI251ldH7bVLLHlWoU/s720/442px-R%25C3%25B6mische_Geschichte_gek%25C3%25BCrzte_Ausgabe_-_page_978.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="720" data-original-width="442" height="640" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEidEvlUqREUN2rrZ9o1oKqy8JOsRDLua4yhoEm1IaPx4s9KqSUVIU-zYmuPEEsTKofrn7PK7Cx-7YqqWv5LU2WCY2XN4w31Acd5_yzK_JuoA5nW-MAvqLlWwWgwkXI251ldH7bVLLHlWoU/w392-h640/442px-R%25C3%25B6mische_Geschichte_gek%25C3%25BCrzte_Ausgabe_-_page_978.jpg" width="392" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: xx-small;">By © 1932 by Phaidon Verlag (Wien-Leipzig) - &quot;Römische Geschichte&quot;, gekürzte Ausgabe (1932) (page 978), Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=9567525</span></td></tr></tbody></table><br /><p>Oggi scrivo una sorta di resoconto di un testo monumentale, ben 8 volumi, ascoltato in audiolibro con testo sottomano; dietro a quest'opera, arcinota a tutti gli addetti si lavori, sta uno studio estremo e una sapienza storica veramente immensa, se si pensa che è stato scritto nell'800 senza ausilio di mezzi tecnologici, ma solo tramite accurata ricerca sul campo, sui luoghi e sulle fonti.</p><p>Ancora oggi le basi dello studio della storia romana repubblicana sono quelle delineate dal Mommsen. Ha inoltre il merito di raccontare in modo quasi romanzesco alcune vicende, anche se lo stile risente del tempo e quindi può sembrare pomposo (in questo non aiuta la traduzione italiana, realizzata in pieno periodo fascista, con un lessico ricercato, da addetti ai lavori). </p><span><a name='more'></a></span><p><br /></p><p>Paradossalmente, è un testo che illustra piuttosto bene anche la storia e la cultura a cavallo tra XIX° e XX° secolo. E qui vengo ai difetti. </p><p>Uno è la prolissità. Nei capitoli di azione il testo si distende ampio ma lo si segue. Nei capitoli meno narrativi, in cui si analizzano le arti, la cultura e la lingua latine, è piuttosto noioso. </p><p><br /></p><p>L'altro (grave) difetto (credo comune ai suoi contemporanei) è quello il fare storiografia giudicando i tempi andati col metro di oggi. Ogni aspetto della vita e della cultura, ogni comportamento è giudicato sulla base di valori non contemporanei e con categorie moderne (riferimenti alla democrazia parlamentare, per esempio, che sono tirati un po' per i capelli, anche se magari possono servire per far capire meglio). </p><p>Al Mommsen per esempio stava notevolmente antipatico Cicerone, che viene stroncato come scrittore e come uomo. Lo stesso giudizio piuttosto spietato viene espresso su Pompeo, che emerge come un eterno indeciso, mentre è piuttosto benevolo con il grande Cesare. </p><p>Ma il difetto peggiore è sicuramente l'alone nazionalistico che pervade il testo. Interi capitoli sulla cultura sono letti alla luce di una sorta di superiorità tedesca (la frase secondo cui i tedeschi sono eredi dei greci, la cui filosofia e cultura Mommsen ritiene superiore a quella italica, mentre gli italiani non sono mai stati poeti di alto livello... fa sorridere se pensiamo a Dante, Petrarca... e alla enorme differenza che esiste ad oggi tra greci e tedeschi. Oggi diciamo più correttamente forse che siamo tutti eredi sia dei Greci che anche dei Romani, in quanto Europei).</p><p>In questo senso, dicevo, il testo insegna a noi posteri anche il quadro del dibattito culturale tra '800 e '900, intriso appunto di pregiudizi su popoli e razze, su presunte superiorità, che poi ahimé porteranno a certi estremi. </p><p>E il Mommsen era un liberale! Quindi se un liberale aveva queste idee (oggi quasi ridicole) immaginiamoci quale dovesse essere il dibattito tra i monarchici e quelle forze estremiste che poi avranno il loro peso nei decenni successivi con i regimi totalitari.</p><p> Insomma, un testo assolutamente fondamentale per la storia antica ma che sente tutti i suoi anni e ha il limite di una impostazione non totalmente scientifica ed eccessivamente giudicante. Tanto di cappello comunque a uno studioso di importanza mondiale.</p><p><br /></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgWTb41MRUfgDkz2v8trgJhu3Q3paIzyTNAP6h7zedL96WAZkaiKscOtRcfQuQlcK9iI5EOg4tkrPz15XbcPXrAZP9oFFdrsnlEm4mc0S4iydbRvyjKZoqBAHtljOnGD9VvDMO_gpQ9ShM/s720/552px-Theodor_Mommsen_1879.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="720" data-original-width="552" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgWTb41MRUfgDkz2v8trgJhu3Q3paIzyTNAP6h7zedL96WAZkaiKscOtRcfQuQlcK9iI5EOg4tkrPz15XbcPXrAZP9oFFdrsnlEm4mc0S4iydbRvyjKZoqBAHtljOnGD9VvDMO_gpQ9ShM/w306-h400/552px-Theodor_Mommsen_1879.jpg" width="306" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: xx-small;">By Unknown author - zvab, Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=67275082</span></td></tr></tbody></table><br /><p>Adesso, come è raccomandato ogni buona lettura che parta da una analisi critica delle fonti, qualche dato biografico dell'autore, uno dei padri della storia romana e figura di grande rilievo culturale. </p><p>Nato nel 1817 da famiglia modesta a Garding in Germania del Nord, morto a 86 anni nel 1903 a Berlino, si appassionò alla storia romana dopo aver approfondito lo studio di questa epoca per la necessità di conseguire due borse di studio per il corso di giurisprudenza. Fu così, come lui stesso scrisse, che il giurista diventò storico.</p><p>Si appassionò al diritto romano e a tutti i particolari più minuti della vita nella Roma antica, e i suoi studi furono approfonditi "sul campo", in quanto viaggiò in Italia dal 1844 al 1847, imparando non solo l'italiano ma appassionandosi anche ai dialetti. In particolare studiava le epigrafi latine e strinse amicizia con molti studiosi italiani tra cui l'epigrafista Borghesi. </p><p>Fu il primo a porre attenzione non solo agli eventi ma all'organizzazione della società e del mondo romano, alle tecniche agricole, alle leggi, alle consuetudini del popolo, insomma una vera e propria etnografia. </p><p>Scrisse molte altre opere sul mondo romano ma la "Römische Geschichte" fu il suo capolavoro: otto volumi, dalla preistoria a Cesare, scritti e pubblicati tra 1854 e 1856, con un ampliamento fino a Diocleziano pubblicato nel 1884 dopo lo straordinario successo riscontrato in tutta Europa e la traduzione nelle principali lingue. Fu richiesta la sua collaborazione dai principali istituti culturali europei, tedeschi, francesi, inglesi, italiani (fu membro straniero dell'Accademia dei Lincei).</p><p>Partecipò ai motivi liberali tedeschi del 1848 esercito questo perse la cattedra che riottenne solo in seguito; divenne poi deputato dello stato prussiano. Era famoso per la sua meticolosità sul lavoro e anche per un carattere controverso (pare fosse particolarmente irascibile e severo).Vinse inoltre per i suoi libri anche il Nobel per la letteratura nel 1902.</p><p><br /></p><p><u>Link correlati:</u></p><p>- Su <a href="http://Audible.it">Audible.it</a> trovate l'audiolibro in 8 volumi letto da Silvia Cecchini. Serve abbonamento (a meno che siate nuovi clienti e possiate sfruttare l'offerta di prova gratuita, ma direi che forse l'opera è troppo grande per poterla finire in breve tempo. Altrimenti si trova facilmente anche in ebook. L'edizione a stampa, essendo parecchi tomi, non è conveniente dal punto di vista economico, se non per grandi estimatori con fornite biblioteche.</p><p>- Il seguito della Storia di Roma si intitola "<a href="https://www.ilsaggiatore.com/libro/limpero-di-roma/" target="_blank">L'impero di Roma</a>" ed è un unico volume che va da Cesare a Diocleziano. </p><p><br /></p>Novella Semplicihttp://www.blogger.com/profile/06040942347279454097noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4924349897476036875.post-39317005945543728292020-04-02T01:58:00.001+02:002020-07-29T15:06:24.877+02:00Artemisia Gentileschi (1593-1653)<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj1yM-B-6VpupxH8tVC0vpy67HO_fGlOOLhkgQ1Zl_LxR7P1vNNvtWuaiEfVR0PF5uSXHlJlxre34__03Ov7wdUDdfPnka4V497NC0-Oj0UAB69AZI3vYKptC4jNnkb6JEI70lOAYZK1wo/s1600/539px-Self-portrait_as_the_Allegory_of_Painting_%2528La_Pittura%2529_-_Artemisia_Gentileschi.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="720" data-original-width="539" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj1yM-B-6VpupxH8tVC0vpy67HO_fGlOOLhkgQ1Zl_LxR7P1vNNvtWuaiEfVR0PF5uSXHlJlxre34__03Ov7wdUDdfPnka4V497NC0-Oj0UAB69AZI3vYKptC4jNnkb6JEI70lOAYZK1wo/s400/539px-Self-portrait_as_the_Allegory_of_Painting_%2528La_Pittura%2529_-_Artemisia_Gentileschi.jpg" width="298" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: xx-small;">Autorittatto come allegoria della pittura <br />By Artemisia Gentileschi - <br />Google Cultural Institute, Public Domain, <br />https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=37146117</span></td></tr>
</tbody></table>
Artemisia Gentileschi nacque l'8 luglio del 1593 a Roma, figlia del pittore pisano Orazio Gentileschi. La madre Prudenzia morì quando Artemisia aveva dodici anni e la ragazza crebbe con il padre e tre fratelli maschi. Tra i fratelli fu l'unica a seguire la carriera del padre e a frequentare la sua bottega, dove forse conobbe di persona Caravaggio, che era amico del padre. Non è certo, perché Artemisia viveva una situazione particolare: si occupava infatti della famiglia e il padre le consentiva di imparare il mestiere, ma confindandola nello studio o in casa, senza che avesse la libertà di frequentare ambiente e persone; d'altra parte, il mestiere di pittore non era considerato adatto a una donna.<br />
Le sue prime opere erano firmate dal padre e somigliavano molto allo stile di lui, più sentimentale. Lo stile è comunque, e lo resterà, caravaggesco.<br />
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<a name='more'></a><br /><br />
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Il suo primo quadro noto è <i>Susanna e i Vecchioni</i>, risulta sempre firmato dal padre e risale al 1610. Nel 1612 Orazio scrisse una lettera alla Granduchessa di Toscana in cui la informò che la figlia era diventata una vera pittrice in soli tre anni, per cui si è dedotto che abbia fatto il suo apprendistato sotto il padre dal 1609 al 1612, quindi tra i 16 e i 19 anni, e che assieme abbiano lavorato a vari dipinti.<br />
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<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj7s2EtQnZ0f3Y88ZOlEzqD56bS4jG8x6F3q4nMrTxHa4qU9Y03SMQs6MUcRkNsdOJG2bEFXh64iln0tSS_5c0Hdj68AdypluHA4sO1BfdhJxmACZzOi4LbqJyWYFo1EiH72fhbX9xNzl0/s1600/511px-Artemisia_Gentileschi_-_Susanna_and_the_Elders_-_WGA08572.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="720" data-original-width="511" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj7s2EtQnZ0f3Y88ZOlEzqD56bS4jG8x6F3q4nMrTxHa4qU9Y03SMQs6MUcRkNsdOJG2bEFXh64iln0tSS_5c0Hdj68AdypluHA4sO1BfdhJxmACZzOi4LbqJyWYFo1EiH72fhbX9xNzl0/s400/511px-Artemisia_Gentileschi_-_Susanna_and_the_Elders_-_WGA08572.jpg" width="283" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: x-small;">Susanna e i Vecchioni By Artemisia Gentileschi - Web Gallery of Art: Image Info about artwork, Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=15453597</span></td></tr>
</tbody></table>
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Nel 1611 Orazio pose la figlia sotto la guida pittorica di Agostino Tassi, un suo collega e collaboratore, pittore paesaggista esperto di prospettiva. Buon pittore ma pessimo soggetto (come d'altronde era comune a Roma in quell'epoca, città santa per eccellenza ma con un alto tasso di violenza e crimine), era coinvolto in diversi processi, forse anche mandante di omicidi. Nel mese di maggio, il Tassi circuì e dedusse Artemisia, forse con la violenza.<br />
Qui si apre uno dei processi ormai più famosi della storia, di cui abbiamo preciso resoconto, ma che alla fine non ci fornisce alcuna sicurezza su come andarono veramente le cose.<br />
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Innanzitutto, la denuncia arrivò solo nel 1612 e pare che sia stata fatta non per volere di Artemisia ma del padre. Pare che sia padre che figlia avessero atteso che il Tassi provvedesse a rimediare contraendo matrimonio, come da lui promesso, fin quando si scoprì che era già sposato e non vedovo (la moglie abitava in altra città e pare fosse stata data per morta per sbaglio). Per questo motivo, non è chiaro se effettivamente tra i due ci sia stata una relazione consenziente o se la giovane Artemisia avesse realmente subito violenza ma sperasse comunque di non subire l'onta del disonore e di poter contare su nozze riparatrici. La perdita delle verginità senza matrimonio, come noto, era una vergogna sociale molto grande.<br />
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Il processo per stupro all'epoca era qualcosa di impensabile, non solo perché non era considerato reato contro la persona, ma contro l'onore della famiglia; nemmeno per l'ovvia accusa rivolta alla donna di essere di facili costumi, mentre l'uomo era giustificato (non che sia cambiato molto in 400 anni su questo argomento); ma anche e soprattutto perché, per provare che Artemisia avesse detto la verità, fu come da legge vigente prima visitata davanti a giudici e notai dalle ostetriche per valutarne la verginità, e poi sottomessa a tortura. Le applicarono il supplizio dei "sibilli", cioè la legatura delle dita fino a lacerare la pelle e le falangi. Per fortuna Artemisia non subì danni permanenti alle mani. Ma in ogni caso l'esperienza deve averla traumatizzata. Nonostante tutto ella dimostrò una forza di carattere ammirevole. Il Tassi portò alcuni falsi testimoni, anche Orazio probabilmente mentì su qualche particolare, comunque alla fine il colpevole fu condannato all'esilio ma di fatto graziato: per merito dei suoi potenti committenti restò in città senza che nessuno lo molestasse.<br />
L'onore era tutto sommato salvo, ma la fama di Artemisia era pessima e fu oggetto anche di componimenti insultanti. Il Gentileschi a questo punto decise che era meglio sottrarsi ai pettegolezzi e regolarizzare la posizione della ragazza. Appena chiuso il processo, le fece sposare per assoluta "convenienza" un modesto pittore fiorentino, Pierantonio Stiattesi, che subito partì con lei per Firenze.<br />
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<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEifEl6SmmNYjC6S-7EBf8NhFRJy6EtUgK6mBTJIAyFSv7KE09GA0yvi-LkPXpwz__FZ862nrqCTSBod4QcXpXIZxP6cKVVhchBBZKsxNIM60eQO0yT6VUG0WqkG_DqpywJJjPMxv_SnFRw/s1600/592px-Judit_decapitando_a_Holofernes%252C_por_Artemisia_Gentileschi.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="720" data-original-width="592" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEifEl6SmmNYjC6S-7EBf8NhFRJy6EtUgK6mBTJIAyFSv7KE09GA0yvi-LkPXpwz__FZ862nrqCTSBod4QcXpXIZxP6cKVVhchBBZKsxNIM60eQO0yT6VUG0WqkG_DqpywJJjPMxv_SnFRw/s400/592px-Judit_decapitando_a_Holofernes%252C_por_Artemisia_Gentileschi.jpg" width="328" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: xx-small;">Giuditta decapita Oloferne By Artemisia Gentileschi - Uffizi, Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=79711017</span></td></tr>
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Firenze fu la piattaforma di lancio di Artemisia, perché fu introdotta dallo zio alla corte di Cosimo II, dove conobbe Galileo Galilei e Michelangelo Buonarroti il Giovane, nipote del celebre artista, ben inserito nella corte e tra la nobiltà fiorentina, il quale le fece da mecenate e da patrono. Il 19 luglio 1616, prima donna nella storia, fu ammessa all'Accademia del Disegno di Firenze, dove restò iscritta fino al 1620. Alcune opere del periodo sono firmate con il cognome Lomi, quello dello zio, quasi a volersi emancipare dalla figura paterna e a voler rimarcare l'indipendenza fisica e culturale dall'ingombrante genitore.<br />
I suoi dipinti cominciano a contenere figure di donne forti, possenti, decise, coraggiose. Resta il tratto caravaggesco del chiaroscuro, ma la pittura assume una nuova potenza. Di questo periodo sono le famose Giuditte, quadri che ritraevano la Giuditta biblica che tagliava la testa a Oloferne.<br />
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Dal matrimonio con lo Stiattesi nacquero quattro figli, ma il marito si rivelò un pessimo lavoratore e un gran spendaccione; era Artemisia che portava i soldi a casa con le sue opere. A Firenze sembra che la Gentileschi avesse trovato l'amore della vita: ebbe una relazione duratura con il fiorentino Francesco Maria Maringhi, con cui ebbe uno scambio epistolare che è stato scoperto nel 2011, negli archivi della famiglia Frescobaldi, di cui il Maringhi era collaboratore, grazie allo studioso Francesco Solinas. La passione fu però funestata dai debiti contratti dal marito, che quando scoprì gli amanti tentò di ricattare il Maringhi per averne denaro. Lo scandalo fu tremendo e Artemisia decise di tornare a Roma, senza il marito, che da quel momento non comparve più al suo fianco; vi restò forse fino al 1627, quando si spostò a Venezia e poi nel 1630 a Napoli. Tra 1621 e 1622 si recò a Genova al seguito del padre, dove conobbe gli olandesi Van Dick e Rubens, e probabilmente si influenzarono a vicenda. Negli anni romani ebbe finalmente la possibilità di frequentare gli ambienti culturali della capitale, ma non parve molto soddisfatta delle commesse ricevute, anche se in molti le dimostravano ammirazione.<br />
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Napoli divenne sua seconda patria, essendo in pieno fermento culturale all'epoca, con la presenza del Caravaggio stesso, di Giordano Bruno, Tommaso Campanella, il Carracci, e Massimo Stanzione, collega con cui ebbe una stretta collaborazione negli anni a venire. Finalmente cominciarono ad arrivare committenze importanti e le prime richieste di quadri a sfondo sacro per le chiese. E così Artemisia si reinventò di nuovo, senza perdere la tipica maestosità e fierezza delle sue figure umane.<br />
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<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi3DxiXA7_XDwPBjxUFDUg25UKfolUTMmP2ZnndcM9uyLg1Xcs-ZMyCSOU0tgKV5yTxFc0Bx9oOSSXdL9gdhkFWyEbyIy7_GX034WlVLJ3yAy9xbybcvBxFSBqMUQvW9WixMHRtjtvBdlA/s1600/596px-Saint_Catherine_of_Alexandria_by_Artemisia_Gentileschi_ca._1615-1620.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="720" data-original-width="596" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi3DxiXA7_XDwPBjxUFDUg25UKfolUTMmP2ZnndcM9uyLg1Xcs-ZMyCSOU0tgKV5yTxFc0Bx9oOSSXdL9gdhkFWyEbyIy7_GX034WlVLJ3yAy9xbybcvBxFSBqMUQvW9WixMHRtjtvBdlA/s400/596px-Saint_Catherine_of_Alexandria_by_Artemisia_Gentileschi_ca._1615-1620.jpg" width="330" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: xx-small;">S. Caterina d'Alessandria By Artemisia Gentileschi - The Athenaeum: Home - info - pic, Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=47163509</span></td></tr>
</tbody></table>
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Improvvisamente, forse per aumentare i guadagni (doveva maritare le due figlie) , senza troppo entusiasmo partì a sorpresa per l'Inghilterra nel 1638, dove era anche il padre, divenuto pittore di corte, che ivi morì l'anno dopo. Può darsi che il viaggio sia stato fatto per assistere il padre forse malato, ma non è da escludere nemmeno che sia partita su richiesta dello stesso re Carlo I. Nel 1642 però la situazione in Inghilterra precipitò verso la guerra civile e la pittrice tornò a Napoli, dove riprese a produrre alcuni quadri e dove morì nel 1653. Fu seppellita nella Chiesa di S. Giovanni dei Fiorentini, ma la lapide con su scritto "Heich Artemisia" ("Qui giace Artemisia") andò in seguito perduta dopo modifiche strutturali all'edificio.<br />
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<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiEnWO_-RtLDELQwr4Btsac-7cf6McSl_zCSri1aKxDHWRR3tKq8L4K2k9yTFMeo-gP4DbBSsq_4acPvE55Euam8o8FmZDsOjQJ_HUS1poLOq55AapOajpwCyDxRDuX3UYH6dbLdkyzQHE/s1600/1021px-Medea_-_A._Gentileschi.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="720" data-original-width="1021" height="281" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiEnWO_-RtLDELQwr4Btsac-7cf6McSl_zCSri1aKxDHWRR3tKq8L4K2k9yTFMeo-gP4DbBSsq_4acPvE55Euam8o8FmZDsOjQJ_HUS1poLOq55AapOajpwCyDxRDuX3UYH6dbLdkyzQHE/s400/1021px-Medea_-_A._Gentileschi.jpg" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: xx-small;">Medea (1620) By Artemisia Gentileschi - Own work, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=54717055</span></td></tr>
</tbody></table>
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La sua fama nell'immediato fu controversa, amata da alcuni e disprezzata da altri, mentre in seguito fu quasi completamente ignorata. Non fu la prima donna pittrice in Italia, prima di lei altre figure di pittirci sono esistite, ma mai nessuna era arrivata così in alto. Solo nel Novecento fu riscoperta grazie soprattutto alla sua vicenda privata, che fu riportata in auge dal femminismo come esempio fulgido di donna forte e volitiva, nonostante le sciagure subite.<br />
Ultimamente, la critica tende a volerla considerare più dal punto di vista artistico che come exemplum, ritenendo che la dolorosa vicenda privata abbia per troppo tempo oscurato il suo vero valore per la pittura italiana ed europea dell'epoca. Forse l'omaggio più giusto che possiamo farle, anche in chiave femminista, è riconoscerla per quello che ha dato all'arte e non solo per gli avvenimenti negativi che ha dovuto affrontare. Le sue figure di donne possenti, sicure, a volte disperate (come nel quadro giovanile di Medea) sono veramente meritevoli.<br />
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<u>Link correlati</u>:<br />
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- I due testi fondamentali che hanno riportato in auge la figura di Artemisia Gentileschi sono il saggio del 1916 di Roberto Longhi, studioso di Caravaggio, intitolato<a href="https://www.amazon.it/Gentileschi-Padre-figlia-Ediz-illustrata/dp/8884163102" target="_blank"> Gentileschi, padre e figlia</a>; nonché il saggio di Mary D. Garrard <a href="https://www.amazon.it/Artemisia-Gentileschi-Female-Italian-Baroque/dp/0691002851">Artemisia Gentileschi: The Image of the Female Hero in Italian Baroque Art</a>, purtroppo disponibile solo in lingua inglese.<br />
<br />
- Su youtube il <a href="https://youtu.be/frc0E_2WBxw" target="_blank">canale Loreto Arte</a> ha pubblicato un video sulla produzione della Gentileschi, in cui si possono ammirare le opere principali della pittrice.Novella Semplicihttp://www.blogger.com/profile/06040942347279454097noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4924349897476036875.post-67743440893579982532020-03-29T17:07:00.008+02:002024-02-23T14:50:01.066+01:00Letture: E si salvò anche la madre di Paolo Mazzarello <br /> <br /> <br /> <br /> <a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjUARHUJW3zXsAOIplHmgJtE9B36RRNFc9VgEHYFwJ6SfMNZ6qEwbGLju57NNiaMe8JLJN9Va1s9xoB143lT6RGWmiFxW4c50PBUoQnPtPXLM9oPbdjD7sD42oY8_tIle51upLFXDQiYUE/s1600/87041344_10212936259760310_3958384899584425984_o.jpg"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjUARHUJW3zXsAOIplHmgJtE9B36RRNFc9VgEHYFwJ6SfMNZ6qEwbGLju57NNiaMe8JLJN9Va1s9xoB143lT6RGWmiFxW4c50PBUoQnPtPXLM9oPbdjD7sD42oY8_tIle51upLFXDQiYUE/s400/87041344_10212936259760310_3958384899584425984_o.jpg" /></a><br /><br /><br /> Cercavo da tempo questo libro, dopo averlo visto nella bacheca on line di un amico. Sono stata quindi felice di trovarlo, acquistarlo e leggerlo. Il testo si occupa infatti di una branca della storia molto particolare e affascinante: la storia della medicina. L'autore è Paolo Mazzarello, docente di storia della medicina all'università di Pavia e racconta con uno stile scorrevole una delle conquiste dell'ateneo, grazie al dottor Edoardo Porro, la cui intuizione rese possibile per la prima volta con grandi numeri la sopravvivenza della madre dopo un cesareo, fatto rarissimo all'epoca. Siamo nella seconda metà dell'Ottocento, quindi niente antibiotici, ancora nessuna conoscenza della microbiologia, ma Porro intuì che le povere partorienti morissero per infezione interna e riuscì ad ideare un metodo che sacrificava la fertilità della donna ma le consentiva di vivere.<div><br /></div><span><a name='more'></a></span><div><br /> <br /> <br /> Il nome "cesareo" viene falsamente attribuito a Giulio Cesare, che secondo la leggenda sarebbe nato con questo metodo. Ma è un falso storico, in quanto il cesareo in antichità voleva dire morte sicura delladonna, mentre la madre di Giulio Cesare morì vari anni dopo la nascita del figlio. In antichità ci sono testimonianze che il cesareo venisse effettuato, ma su donne già morte, sia in Grecia che in Oriente che nel mondo romano. Qui in particolare la Lex Regia di Numa Pompilio proibiva di seppellire le donne senza estrarre il feto; questa legge fu poi chiamata Lex Cesarea (715 a. C.) e il suo nome deriva non da Cesare bensì dal verbo latino caedo, che significa tagliare, il cui participio passato è caesum. E' invece probabile il contrario, come racconta Plinio il Vecchio nella Historia naturalis: e cioè che Giulio Cesare avesse questo cognome perché un suo antenato nacque probabilmente secondo i dettami della Lex Cesarea e quindi fu estratto ancora vivo da madre morta. Erano casi piuttosto rari e i bambini nati vivi erano chiamati cesones o cesares e venivano considerati molto fortunati e destinati a grandi imprese (pare che una nascita simile fosse stata attribuita anche a Scipione l'Africano oltre a Cesare stesso). <br /> Tale legge si ritrova anche nel Corpus Iuris Civilis di Giustiniano che fu promulgato nel 534 d.C. e fu la base del diritto europeo fino all'epoca napoleonica. <br /> Dopo l'avvento del cristianesimo, la pratica del cesareo su donna morta divenne comune per motivi religiosi, e cioè poter battezzare il feto che altrimenti sarebbe stato condannato al Limbo, come si credeva all'epoca: una sorta di Paradiso mancato a cui accedevano tutti i morti prima di Cristo e tutti i non battezzati (il Limbo come concetto teologico è caduto in disgrazia con l'avvento della modernità ed è stato prima retrocesso a verità non di fede e poi definitivamente abolito da papa Ratzinger nel 2007). La mortalità rimaneva vicina al cento per cento per le donne e comunque molto alta anche per i bambini. <br /> <br /> <br /> <br /> <br /> <br /><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhBn-KEnFyI8GcBdAHSosNmyX-kvpHrgMGK-hDDMlcJzA_cyAsGXNJgZGUtN0Z4z-8H4VTIzYSZ2E_QWgRh90gXyZGdDeN2sSv441t7EXZqEmQX73BHvuXv7v51q3yngVlarVhQwx9sM5k/s1600/469px-A_baby_being_removed_from_its_dying_mother%2527s_womb_via_Caesar_Wellcome_V0014915.jpg"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhBn-KEnFyI8GcBdAHSosNmyX-kvpHrgMGK-hDDMlcJzA_cyAsGXNJgZGUtN0Z4z-8H4VTIzYSZ2E_QWgRh90gXyZGdDeN2sSv441t7EXZqEmQX73BHvuXv7v51q3yngVlarVhQwx9sM5k/s400/469px-A_baby_being_removed_from_its_dying_mother%2527s_womb_via_Caesar_Wellcome_V0014915.jpg" /></a> <br />By https://wellcomeimages.org/indexplus/obf_images/83/69/aa253abf83e508b8d208e4ee6972.jpgGallery: https://wellcomeimages.org/indexplus/image/V0014915.htmlWellcome Collection gallery (2018-03-21): https://wellcomecollection.org/works/pgnjg28e CC-BY-4.0, CC BY 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=36489333<br /> <br /> <br /> <br /> <br /> <br /> <br /> <br /> <br /> <br /> Il primo caso riferito di cesareo riuscito, ma non documentato,, pare sia avvenuto nel 1500 in Svizzera. Alcuni autori di fine Cinquecento riportano infatti come un certo Jacob Nufer, che era esperto di operazioni chirurgiche sui maiali, abbia operato un taglio sul fianco di sua moglie che soffriva di doglie ormai da tre giorni, senza che alcun rimedio ostetrico avesse funzionato, dopo aver ottenuto il consenso di lei e l'autorizzazione del giudice. Il bimbo nacque vivo e la donna fu suturata come si faceva all'epoca in veterinaria. La donna sopravvisse ed ebbe anche altri figli. <br /> A fine Cinquecento però la gran parte dei medici riteneva inutile suturare la ferita uterina, che poteva riaprirsi con facilità a causa delle contrazioni, e sperava quindi in una rimarginazione spontanea che però accadeva assai raramente: ne consegue che le donne comunque nella gran parte dei casi morivano subito di emorragia o poco tempo più tardi di infezione. Di conseguenza il cesareo veniva praticato in casi estremi perché voleva dire morte quasi sicura per la donna, come ultima spiaggia, per tentare di salvare (spiritualmente se non fisicamente) almeno il bambino. Ed erano rari i medici che avessero potuto studiare o conoscere donne sopravvissute a un cesareo. <br /> Nel caso invece si volesse salvare la madre si utilizzava l'aborto procurato a una età gestazionale anticipata, oppure l'embriotomia o la craniotomia, cioè la soppressione del feto che veniva tagliato per farlo espellere, non potendo uscire per via naturali. <br /> Purtroppo non era inusuale che le donne trovassero difficoltà nel parto per problemi di conformazione del bacino, in quanto la malnutrizione in età infantile facilitava il rachitismo e la deformazione delle ossa, e non era per questo raro che molte donne si trovassero ad avere un bacino troppo stretto o con evidenti deformazioni che impedivano il parto per via naturale. <br /> Fu nel Settecento che lo sviluppo della scienza medica e il progressivo scollarsi della pratica curativa da aspetti religiosi fece nascere i primi studi scientifici sull'argomento e si videro i primi progressi, anche se sempre viziati da un'alta mortalità, soprattutto delle madri. <br /> Uno dei primi cesarei moderni riusciti, con sopravvivenza di madre e figlio, avvenne in Sudafrica grazie al chirurgo inglese James Barry nel 1826. Medico eccelso, laureato a soli 17 anni, con una folgorante carriera di responsabile di medicina militare dell'esercito, divenne famoso perché pare che alla morte fu scoperto avere sesso femminile, e non è stato ancora chiaramente stabilito se fosse effettivamente una donna travestita da uomo, e quindi la prima donna medico in incognito, o non fosse in realtà un caso di emafroditismo. A livello storico ci sono molte fonti ma nessuna è decisiva o totalmente attendibile, per cui forse non sapremo mai la verità. <br /> <br /> <br /> <br /><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEife_X-m64D6JBOweTzWB6EHFg-Z442mczvXPWgfHo3QOdZgWq2m57pnBvIS209Oop0Wo5bn5Pv1p5sNqueus_qXnBNo2oUqaHn7bRXrJtEv0xbkBtXWto2Ow312lMQgie3WGr6u_JR190/s1600/452px-Edoardo_Porro_CIPB0698.jpg"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEife_X-m64D6JBOweTzWB6EHFg-Z442mczvXPWgfHo3QOdZgWq2m57pnBvIS209Oop0Wo5bn5Pv1p5sNqueus_qXnBNo2oUqaHn7bRXrJtEv0xbkBtXWto2Ow312lMQgie3WGr6u_JR190/s400/452px-Edoardo_Porro_CIPB0698.jpg" /></a> <br />Edoardo Porro - Licence Ouverte, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=60314534 <br /> <br /> <br /> <br /> <br /> <br /> Arriviamo quindi al fatto che racconta nel libro Paolo Mazzarello, e cioè all'intuizione del medico italiano Edoardo Porro, che stava studiando un sistema per migliorare la sopravvivenza della madre dopo un cesareo. Dopo aver osservato molte pazienti e fatto esperimenti su conigli, si era convinto che le donne operate morissero di emorragia o infezione e che la rimozione totale di utero e ovaie potesse essere una drastica ma efficace soluzione. <br /> L'occasione si presentò con il nome e il fisico deformato di Giulia Cavallini, donna di origine modesta con una storia di grave rachitismo, tanto da avere avuto da piccola problemi di deambulazione, e il bacino talmente deformato da non consentire nessun tipo di intervento alternativo all'intervento. <br /> Il 21 maggio 1876 Edoardo Porro praticò il cesareo su Giulia, estraendo una bambina viva e rimuovendo utero e ovaie, in modo da evitare emorragie e fonti di infezione, legando l'utero prima del tagli definitivo e fermando così il sangue, poi suturando i punti di resezione. Il peduncolo rimanente fu ricucito all'esterno, fuori dal ventre, in modo che non potesse infettare le pelvi. Il post operatorio non fu facile, ma Giulia piano piano si riprese e restò sterile, ma viva. <br /> La tecnica di Porro venne discussa e anche aspramente criticata, ma fu approvata dal vescovo in nome del male minore (ed è interessante anche l'excursus del testo sulle tematiche religiose, essendo Porro credente ma "progressista"; siamo in effetti in un periodo in cui la Chiesa stessa iniziò per certi versi ad abbandonare il vecchio modo di intendere il mondo e ad affidarsi un minimo alla scienza) e dopo le iniziali polemiche fu seguita in tutta Europa. La mortalità per le donne calò dal 75% al 20%. <br /> Da qui il titolo del libro: si salvò anche la madre. <br /> Pochi anni dopo, due ginecologi tedeschi, Kehrer e Sanger, svilupparono il cesareo conservativo, con sutura della ferita interna e taglio operato nella parte inferiore dell'utero, meno vascolarizzata e quindi meno a rischio. Dal Novecento in poi questa tecnica è arrivata fino ad oggi, e con lo sviluppo della microbiologia e la scoperta degli antibiotici il cesareo è diventato un intervento sicuro, con percentuali di rischio molto basse. <br /> <br /> <br /> Un po' saggio, un po' biografia del dottor Porro, il libro incuriosisce molto ed è sicuramente un'opera che loda l'eccellenza della chirurgia italiana e Pavia in particolare. Ha il difetto di essere, dato l'argomento, un po' per stomaci forti: in certi punti, è doloroso. Ma nonostante questo è un bel libro. <br /> <br /> Soprattutto fa capire quanto poco dista il nostro tempo dal 1876 (in termini di storia è un niente) e quanto invece ne disti lo stato di salute e sociale dell'uomo e della donna. <br /> <br /> <br /> <br /> <br /> <br /> <br /> <br /> Link correlati:- Una pagina ben fatta e dettagliata sulla storia del cesareo la potete trovare in questo <a href="http://www.alessandrolivistudiomedico.it/alle-origini-del-taglio-cesareo/">articolo sulle origini del cesareo</a> che è tratto dal sito dello studio medico Alessandro Livi ed è molto valido anche dal punto di vista storico. <br /> <br />- Su Google Books trovate un testo interessante su medicina e corpo femminile che tratta anche aspetti ostetrici e storia del cesareo. Il testo si chiama <a href="https://books.google.it/books?id=uLW63Tro7iIC&printsec=frontcover&dq=corpo+medico+e+corpo+femminile&hl=it&sa=X&ved=0ahUKEwjKhqnx5L_oAhWJlosKHeEIA2IQ6AEIKDAA#v=onepage&q=corpo%20medico%20e%20corpo%20femminile&f=false">"</a><a href="https://books.google.it/books?id=uLW63Tro7iIC&printsec=frontcover&dq=corpo+medico+e+corpo+femminile&hl=it&sa=X&ved=0ahUKEwjKhqnx5L_oAhWJlosKHeEIA2IQ6AEIKDAA#v=onepage&q=corpo%20medico%20e%20corpo%20femminile&f=false">Corpo medico e corpo femminile: parto, riproduzione artificiale, menopausa"</a> di Franca Pizzini e Lia Lombardi.<br /> <br /> - Se vi incuriosisce la storia di James Miranda Barry, qui trovate <a href="http://www.enciclopediadelledonne.it/biografie/margaret-ann-bulkley/">un piccolo sunto della sua vita</a>, anche se l'articolo dà per scontato quello che non è totalmente sicuro, e cioè che fosse una donna travestita da uomo allo scopo di poter studiare medicina. Questo aspetto è probabile, ma non storicamente certo, e le fonti che riportano la notizia potrebbero essere fake news dell'epoca o riportare in modo non scientifico un caso di ermafroditismo o una forma di travestitismo (sembra che Barry sia stato condannato per condotte omosessuali che potrebbero essere reali in quanto uomo travestito da donna oppure accuse dettate dal fatto che frequentasse uomini essendo biologicamente una donna). La verità storica di queste voci probabilmente non sarà mai dimostrata del tutto.
<span><!--more--></span><span><!--more--></span><span><!--more--></span><span><!--more--></span><span><!--more--></span><span><!--more--></span></div>Novella Semplicihttp://www.blogger.com/profile/06040942347279454097noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4924349897476036875.post-90776779871083888282019-02-24T22:16:00.000+01:002020-07-29T15:05:16.770+02:00Dietrich Bonhoeffer e la Chiesa Confessante tedesca <table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjvy5hB9yuxvTjymBCpbgNK_nVR1Yk8aDzbVpHTxQMuFTzAmZD6rhZnodMMlfPI-_jqnm3d9RNWMGVDBLyam8hVGB84WKKJZMyIX9oTrsx3-eEWWhtgfQ39x6BA5BwAuIxStvw_5mz4dQg/s1600/640px-Bonhoeffer-tablica.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="480" data-original-width="640" height="300" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjvy5hB9yuxvTjymBCpbgNK_nVR1Yk8aDzbVpHTxQMuFTzAmZD6rhZnodMMlfPI-_jqnm3d9RNWMGVDBLyam8hVGB84WKKJZMyIX9oTrsx3-eEWWhtgfQ39x6BA5BwAuIxStvw_5mz4dQg/s400/640px-Bonhoeffer-tablica.jpg" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: xx-small;">By Bonio - Own work, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=2831197</span></td></tr>
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<span style="text-align: justify;"><i>Chi non grida con gli ebrei non può cantare il gregoriano</i></span></div>
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<span style="text-align: justify;"><i><br /></i></span></div>
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<span style="text-align: justify;"><i>Quando un pazzo lancia la sua auto sul marciapiede, io non posso, come pastore, contentarmi di sotterrare i morti e consolare le famiglie. Io devo, se mi trovo in quel posto, saltare e afferrare il conducente al suo volante</i></span></div>
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<div style="font-family: "Lucida Grande", Verdana, Arial, sans-serif; font-size: 12px; text-align: right;">
<span style="text-align: justify;"><i><br /></i></span></div>
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<div style="font-family: "Lucida Grande", Verdana, Arial, sans-serif; font-size: 12px; text-align: right;">
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Dietrich Bonhoeffer nasce da genitori berlinesi a Breslavia (odierna Wroclaw in Polonia, ma all'epoca parte dello stato tedesco) il 4 febbraio 1906, sesto di otto fratelli. La sua famiglia è una famiglia colta (padre psichiatra, madre laureata che fa da insegnante ai figli) e di rango piuttosto nobile, di religione luterana non strettamente praticante. Una famiglia molto legata anche se sobria nelle manifestazioni. Dimostra una grande intelligenza e un buon talento musicale, oltre alla passione per le materie classiche, ma sorprende tutti scegliendo a 18 anni (1924) di studiare teologia a Berlino. La famiglia, pur manifestando dei dubbi sull'utilità della materia nel mondo moderno, non lo contrasta.<br />
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Termina gli studi in tempo record e le sue prime opere dimostrano una complessità notevole per l'età che ha. </div>
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Sceglie di insegnare, e sarà sempre l'attività che amerà di più. Non potendo ancora essere ordinato pastore perché troppo giovane, viaggia: prima a Barcellona, poi a New York è studente allo Union Theological Seminary, dove ascolta il gospel che poi farà conoscere ai suoi allievi. Questo afflato internazionale gli procurerà amicizie importanti e lo farà diventare una sorta di ambasciatore tra la Chiesa Confessante tedesca e quella di altre nazioni, contribuendo ai primi sviluppi di ecumenismo.</div>
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Nel 1931 rientra in patria, viene ordinato pastore, e insegna teologia fino al 1933 a Berlino. Si avvicina alla teologia dialettica di Karl Barth, teologo e filosofo svizzero, che sostiene una posizione particolare, che gli aliena sia conservatori che liberali, in quanto all'inizio sostiene la totale alterità di Dio rispetto al mondo e della fede rispetto alla ragione (anche se già dagli anni Trenta inizierà ad ammorbidire le sue posizioni conciliando i due opposti). </div>
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Nel 1933 Hilter sale al potere in modo legale, divenendo cancelliere dopo la parziale vittoria elettorale, illudendo i suoi sostenitori politici di essere manovrabile. La Germania è uscita distrutta nell'economia e nel morale dalla Prima Guerra Mondiale e Hitler ha saputo crearsi un seguito tra gli scontenti. E anche tra i potenti, sostenendo la necessità di combattere ed estirpare il marxismo. Aveva già squadre paramilitari al suo servizio e l'incendio del Parlamento diviene la scusa per la stretta contro gli oppositori, mascherata da necessità di sicurezza. Vengono soppressi i partiti, gli oppositori sono assassinati o finiscono nei campi di prigionia, e nel 1934, morto il presidente Hindeburg, Hitler assume il potere su di sé divenendo ufficialmente dittatore. </div>
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Bonhoeffer e la sua famiglia sono fin dall'inizio oppositori del regime. Karl Barth perde la cattedra di Gottinga e torna in patria a Basilea. Anche Bonhoeffer se ne va: il controllo sull'insegnamento è uno degli obiettivi principali del regime e lui insegna teologica legandola molto da vicino al mondo presente e alla politica. </div>
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Parte per Londra, dove stringe amicizia con il vescovo anglicano George Bell.</div>
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Ma torna nel 1935, dopo aver meditato sul rimprovero di Barth che lo invita a rimanere a difendere il proprio paese. Qui diventa uno dei principali esponenti della Chiesa Confessante, aprendo un seminario clandestino a Finkenwalde, vicino a Stettino. </div>
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<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgt6Pcn7B53N-RfkvqGc4-AB60GIxSl6f57TJtrFcIta1iPzJ6YotdHDbQrynonc1nXdLXB3u8t3UzB25-GZ58olfiITfukzzh9NP6TUzMB6HGAt7Bu_jWXA9ArfeinCHNZjMIVp7vdg1I/s1600/302px-Bundesarchiv_Bild_146-1987-074-16%252C_Dietrich_Bonhoeffer.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="479" data-original-width="302" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgt6Pcn7B53N-RfkvqGc4-AB60GIxSl6f57TJtrFcIta1iPzJ6YotdHDbQrynonc1nXdLXB3u8t3UzB25-GZ58olfiITfukzzh9NP6TUzMB6HGAt7Bu_jWXA9ArfeinCHNZjMIVp7vdg1I/s400/302px-Bundesarchiv_Bild_146-1987-074-16%252C_Dietrich_Bonhoeffer.jpg" width="251" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: xx-small;">Di Bundesarchiv, Bild 146-1987-074-16 / CC-BY-SA 3.0, CC BY-SA 3.0 de, <br />https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=5483382</span></td></tr>
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Che cos'è la Chiesa Confessante? E' la parte di chiesa tedesca che rifiuta di uniformarsi alle direttive hitleriane. Hitler infatti si sta infiltrando nella chiesa in modo apparentemente non violento (secondo la strategia del concordato, che viene all'inizio seguita anche in Italia), riservando invece tutt'altro trattamento alle chiese austriache e polacche che conoscono fin da subito la repressione più feroce. Ma in Germania la chiesa è utile. La chiesa serve per consolidare il suo successo, ha bisogno di approvazione per la sua politica espansionistica e antiebraica. E trova appoggio da parte dei Deutschen Christen (Cristiani Tedeschi), una parte del clero che accetta la politica di pangermanesimo, la superiorità ariana, l'antiebraismo. Hitler nomina un vescovo unico del Reich, sollecita l'abbandono del Vecchio Testamento e riduce Cristo a una sorta di eroe ariano, dandogli dei connotati tipici dei vecchi miti germanici; viene anche chiesto di non consacrare pastori non ariani. </div>
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Ora, la chiesa luterana fin dalle sue origini è sempre stata una chiesa senza capi assoluti, come è invece il Papa per i cristiani. La discussione è sempre stata più collegiale e spesso anche legata a scelte politiche, dipendendo molto il luteranesimo, almeno agli inizi, dall'approvazione del singolo potente. Inizia quindi una discussione interna particolarmente preoccupante. Alla fine i Cristiani Tedeschi non hanno la meglio, e restano in minoranza. Ma la maggioranza resta disorganizzata, in gran parte, e non nasce una vera e propria opposizione, se non da parte di piccoli gruppi. Ci sono vescovati che stanno coi nazisti e altri che invece li combattono coi mezzi che hanno. Don Milani anni dopo scriverà che se non fosse stato per i Confessanti, la Chiesa intera non avrebbe più potuto guardare in faccia un ebreo.</div>
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E' in questo quadro, appunto, che si pone prima la creazione di un gruppo di resistenza, creato da Bonhoeffer assieme ad un altro pastore berlinese, Martin Niemoller; poi nel maggio 1934 viene resa pubblica la Dichiarazione di Barmen, i cui sei articoli pare siano stati redatti dai teologi Karl Barth e Hans Asmussen. In sintesi, la Dichiarazione si rifà alla figura di Cristo come centrale (Christus solus) e rifiuta quindi che la Chiesa possa essere guidata dallo Stato, o da una singola persona, e che ha il diritto, qualora lo Stato compia azioni riprovevoli, di farlo presente anche se è e deve essere realtà separata. Né lo Stato sopra la Chiesa, né lo Stato sotto la Chiesa, insomma. La Dichiarazione diviene l'atto di nascita della Chiesa Confessante (Bekennende Kirche) e inizia così l'unico tentativo di resistenza al nazismo interno alla Germania. Pericolo che Hitler non sottovalutò affatto, considerando fin da subito Bonhoeffer e gli altri membri come nemici.</div>
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Bonhoeffer in particolare, grazie ai suoi legami all'estero, faceva da ponte con altre realtà luterane in Italia, Svizzera e con la chiesa anglicana, in una sorta di resistenza ecumenica europea. Niemoller all'inizio era stato conciliante con il nazismo, per poi pentirsene, finendo prigioniero per otto anni a Dachau (sopravvivrà). Tra l'altro, proprio Niemoller pare essere il vero autore dell'aforisma seguente, famosissimo, che spesso viene attribuito erroneamente a Bertold Brecht e che invece sembra sia stata tratta da un suo sermone: </div>
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<i>"Prima di tutto vennero a prendere gli zingari, e fui contento, perché rubacchiavano. Poi vennero a prendere gli ebrei, e stetti zitto, perché mi stavano antipatici. Poi vennero a prendere gli omosessuali, e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi. Poi vennero a prendere i comunisti, e io non dissi niente, perché non ero comunista. Un giorno vennero a prendere me, e non c'era rimasto nessuno a protestare".</i><br />
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Bonhoeffer inizia in particolare anche una resistenza politica. Il seminario di Finkenwalde, dove insegnava ai giovani che uscivano dall'università in attesa di diventare pastori e dove aveva diffuso il gospel e una visione quasi monastica, viene chiuso dalla Gestapo nel 1937 con molti arresti. Perde ogni possibilità di insegnare e deve rendere conto dei suoi spostamenti. Avendo molte relazioni all'estero, nel 1939 ai primi venti di guerra parte per gli Stati Uniti, ma se ne pente e torna dopo breve tempo. Non vuole lasciar solo il suo popolo. Torna e diviene parte del complotto contro Hitler assieme al cognato, al fratello e probabilmente ai servizi segreti britannici. Le accuse nei suoi confronti sono quindi fondate, anche se forse non è stato parte realmente attiva.</div>
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Nel 1942 si fidanza con la diciottenne Marie von Wedemeyer, a cui scriverà delle lettere che sono state pubblicate solo di recente, nel 1994, da Queriniana. Ma pochi mesi dopo, il 5 aprile del 1943, viene arrestato e portato nel carcere di Tegel. Ed è qui che, tenuto tutto sommato in buone condizioni, scrive le lettere e gli appunti che diventeranno poi, grazie all'amico fraterno Heberhaed Bethge, il libro postumo "Resistenza e Resa", forse quello più noto ai non addetti ai lavori. Le SS subodorano l'attentato contro Hitler, ma non hanno prove del loro effettivo coinvolgimento, e tengono i prigionieri in attesa di giudizio.</div>
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Infine, a luglio, l'attentato effettivamente avviene ma non riesce. Ormai la guerra è persa, l'Armata Rossa vicina, ma la vendetta è tremenda. Bonhoeffer viene fatto sparire all'improvviso e all'insaputa dei parenti, probabilmente viene spostato in vari campi di prigionia, finché viene internato a Flossenburg e, praticamente senza processo, viene strangolato, pare anche in modo disumano, il 9 aprile del 1945, pochi giorni prima della liberazione definitiva. Moriranno subito dopo anche il cognato e il fratello. Alla sua morte ha solo 39 anni e pur giovane è uno dei teologi più importanti del Novecento.</div>
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<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhj0D2dalhlEesxf6Di97N2NTdqYOzNfvtxEG1uhYldotc_c3upOap7cKFvy9g7NzSHoqaWBHgDu6tEZqAAKACSfzzI1iMtvDrkgwnQBuCeGwITCGAtnN-_zD8N_i0WIyWaFuchj0lIf08/s1600/360px-Plakette_f%25C3%25BCr_Dietrich_Bonhoeffer_in_Berlin.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="480" data-original-width="360" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhj0D2dalhlEesxf6Di97N2NTdqYOzNfvtxEG1uhYldotc_c3upOap7cKFvy9g7NzSHoqaWBHgDu6tEZqAAKACSfzzI1iMtvDrkgwnQBuCeGwITCGAtnN-_zD8N_i0WIyWaFuchj0lIf08/s400/360px-Plakette_f%25C3%25BCr_Dietrich_Bonhoeffer_in_Berlin.jpg" width="300" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: xx-small;">By Andreas Steinhoff, Attribution, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=985305</span></td></tr>
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La sua teologia analizza il ruolo di Dio e soprattutto di Cristo nel mondo moderno. Dio pare non servire più, ora che la scienza spiega tante cose. E' come se Dio ci avesse lasciato nel mondo senza più intervenire, e al cristiano spetta vivere nel mondo, affrontare le sfide del mondo moderno, accettarne la laicità e la pluralità di espressioni, e nonostante ciò sapere che Cristo è il fine ultimo. Famosa è la sua definizione di "Dio tappabuchi": un Dio che viene chiamato in causa quando pare che l'uomo non ce la faccia, a comando, quasi a dire ai credenti: vedete? Avete ancora bisogno di Dio e della Chiesa. Mentre Dio e il Cristo crocifisso ci invitano a vivere la vita senza sottrarsi ad essa, amando e soffrendo dentro il mondo. La coerenza del messaggio è tale che Bonhoeffer ha vissuto tutto questo in prima persona, mai sottraendosi. Le sue sono opere complesse da leggere, ma ancora oggi sono attualissime e non pienamente comprese nella loro modernità. La Germania e Berlino in particolare lo ricorda con varie lapidi e monumenti, dopo aver fatto i conti con il proprio passato.</div>
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<u>Link correlati</u>:</div>
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- L'opera forse più leggibile per chi non ha fondamenti di teologia (essendo a parere di molti i testi di Bonhoeffer particolarmente tecnici e complessi, specialmente quelli giovanili) resta "<a href="https://www.amazon.it/Resistenza-resa-Lettere-scritti-carcere/dp/8821594440/ref=sr_1_1/259-0979817-7311844?ie=UTF8&qid=1551042293&sr=8-1&keywords=bonhoeffer+resistenza+e+resa" target="_blank">Resistenza e resa</a>", dove la teologia diventa più pratica e si stempera tra lettere, ricordi, pensieri personali. </div>
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- Due articoli interessanti sono quello di <a href="https://www.amazon.it/Resistenza-resa-Lettere-scritti-carcere/dp/8821594440/ref=sr_1_1/259-0979817-7311844?ie=UTF8&qid=1551042293&sr=8-1&keywords=bonhoeffer+resistenza+e+resa" target="_blank">Gabriella Giudici</a>, una sorta di biografia ragionata, e un <a href="http://www.famigliacristiana.it/blogpost/bonhoeffer-e-il-dio-per-un-mondo-adulto.aspx" target="_blank">articolo di Paolo Perazzolo su Famiglia Cristiana</a> per una scoperta del significato teologico più profondo.</div>
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- Su youtube invece trovate <a href="https://www.youtube.com/watch?v=-TwCm5F72jI" target="_blank">un intervento di circa un'ora di Fulvio Ferrario</a>, pastore valdese e docente di teologia, che ha scritto anche un libro su Bonhoeffer e che ho ascoltato con piacere anche su Radio Tre, ma la cui puntata integrale non sono riuscita al momento a recuperare. Credo che i contenuti siano comunque simili.</div>
Novella Semplicihttp://www.blogger.com/profile/06040942347279454097noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4924349897476036875.post-33874747534352814412018-10-01T01:50:00.000+02:002020-07-29T15:04:37.222+02:00L'Arazzo di Bayeux: una fondamentale fonte storica medioevale<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEghn5p62oWVA6Zulb3i0RztkfqP6l-1LXQfq1yG1c0HY_JXlu_9Rhz8XSD-GF9fAO0WYcHLZq6ZUsAlSYt68gKBD1OgfTSpqz6xIWdg4NzBdqcsxDaQSBrjs1niZVRDZ3Ql6UDlf_x7kS4/s1600/313px-Harold_bayeux_tapestry.png" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="480" data-original-width="313" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEghn5p62oWVA6Zulb3i0RztkfqP6l-1LXQfq1yG1c0HY_JXlu_9Rhz8XSD-GF9fAO0WYcHLZq6ZUsAlSYt68gKBD1OgfTSpqz6xIWdg4NzBdqcsxDaQSBrjs1niZVRDZ3Ql6UDlf_x7kS4/s400/313px-Harold_bayeux_tapestry.png" width="260" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: xx-small;">By unknown seamsters, Public Domain,<br /> https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=684230</span></td></tr>
</tbody></table>
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Torniamo sull'argomento "analisi delle fonti" ma stavolta con un esempio pratico e molto interessante. Parliamo dell'Arazzo di Bayeux, detto anche Arazzo della regina Matilde, conservato per secoli nella cattedrale di Bayeux in Normandia per poi essere trasferito nel Bayeux Museum.<br />
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<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjRRaEP6z4mfFU-dWFcd-pda7Wx1RwDPKn4BeHv_QXr6sTOfLLTuHmx9SrFqbBuP6_JgYymefPmItzFV2XwOJLu3e-JKgy9Mp5h52yukYG9xBvzJajz1-cMvAgkFJ2iNt8xJoYCPaUyyuI/s1600/BayeuxTapestryScene07.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="357" data-original-width="491" height="290" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjRRaEP6z4mfFU-dWFcd-pda7Wx1RwDPKn4BeHv_QXr6sTOfLLTuHmx9SrFqbBuP6_JgYymefPmItzFV2XwOJLu3e-JKgy9Mp5h52yukYG9xBvzJajz1-cMvAgkFJ2iNt8xJoYCPaUyyuI/s400/BayeuxTapestryScene07.jpg" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: xx-small;">By unknown seamsters, Public Domain,<br /> https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=684230</span></td></tr>
</tbody></table>
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Non è tecnicamente un vero e proprio arazzo perché si vede il tessuto sottostante, bensì un ampio ricamo, alto sui 50 cm ma lungo ben 68 metri! E' stato realizzato probabilmente subito dopo il 1066, anno della battaglia di Hastings, in cui in Duca di Normandia Wilhelm II, detto il Bastardo in quanto figlio illegittimo del duca, conquistò l'Inghilterra e passò alla storia come Guglielmo I il Conquistatore. L'Arazzo celebra proprio i protagonisti di questa vicenda storica, ed è stato molto utile agli studiosi proprio come fonte per scoprire cosa fosse realmente accaduto prima della conquista del territorio britannico da parte dei normanni.<br />
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<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj1UscF6NPzt8lpSCwNgt0jUDv8rfK3h5MYgXY0CmOsvXdeK45-ul3zp7x9vRE9NkoruQfT3gYKDiQL8gu_PHq0299Tlk-Umdu0_nfc5OYRNgtkPq67N14VFoduDT_CQ8DLlIurVvw_Xs0/s1600/Edward_der_Bekenner.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="286" data-original-width="267" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj1UscF6NPzt8lpSCwNgt0jUDv8rfK3h5MYgXY0CmOsvXdeK45-ul3zp7x9vRE9NkoruQfT3gYKDiQL8gu_PHq0299Tlk-Umdu0_nfc5OYRNgtkPq67N14VFoduDT_CQ8DLlIurVvw_Xs0/s400/Edward_der_Bekenner.jpg" width="373" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: xx-small;">By Unknown - Städtisches Museum in Bayeux, Public Domain, <br />https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=8457713</span></td></tr>
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La Britannia era stata progressivamente abbandonata dalle legioni romane, richiamate in patria dalle invasioni barbariche, e con la caduta dell'impero romano d'Occidente era rimasta in pratica separata dalle sorti europee, in balia delle migrazioni germaniche prima e dei vichinghi poi. In particolare i popoli degli Angli e dei Sassoni (da cui il termine anglosassoni con cui vengono tuttora indicati gli inglesi) riuscirono ad occupare vasta parte del territorio e nacquero tanti piccoli stati, i più potenti dei quali furono Northumbria, Mercia, Wessex. Questo periodo storico viene ricordato come il periodo dell'eptarchia (termine greco che indica il dominio di sette re).<br />
Questi piccoli regni subivano l'influenza dei più potenti stati scandinavi, orbitando quindi sotto l'influenza dei re di Danimarca e Norvegia. Difficile dire quando dall'eptarchia si sia effettivamente passati a un unico re d'Inghilterra, pare che gia negli anni attorno all'800 dopo Cristo, quando in Francia regnava Carlo Magno, il re del Wessex si sia fatto chiamare "re degli inglesi". Fatto sta che fino al 1042 di fatto l'Inghilterra era soggiogata agli interessi danesi, da cui riuscì a liberarsi nel 1042, quando salì al trono Edoardo il Confessore (Edward the Confessor, re dal 1042 al 1066, santo per la chiesa cattolica, forse il primo vero re anglosassone).<br />
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La salita al potere di Edward significò per la storia inglese una svolta decisiva: la politica inglese si rivolse infatti per la prima volta verso l'Europa e non verso la penisola scandinava. Il nuovo re si legò strettamente al duca di Normandia Guglielmo II (la madre Emma era normanna e Edward stesso aveva vissuto in Normandia) e al papa Alessandro III. Da quel momento in poi l'Inghilterra diventò uno dei protagonisti europei.<br />
Edward nel 1066 si ammalò e non aveva eredi. Alla sua morte ci furono due pretendenti al trono: il cognato Harold Godwison, fratello della moglie del re Edward, e lo stesso Guglielmo II, che era stato pare designato alla successione dallo stesso Edward. Harold aveva apparentemente accettato quanto stabilito dal cognato, ma alla sua morte si nominò successore come Aroldo II, con l'appoggio dei notabili inglesi.<br />
Guglielmo allora preparò una flotta, invase l'Inghilterra, e il 14 ottobre del 1066 nella famosa battaglia di Hastings sconfisse Aroldo (che pare quasi certo sia morto in battaglia o comunque assassinato subito dopo, anche se alcune fonti dubbie lo danno per fuggiasco in Cornovaglia) e decreta l'unione della corona d'Inghilterra alla carica di Duca normanno, collegando per il resto dei secoli la storia inglese a quella europea e facendo nascere quella tipica rivalità inglesi-francesi che è arrivata quasi fino ad oggi (non fu infatti facile pacificare l'isola e non mancarono sacche di resistenza). Tra l'altro, ancora oggi, anche se per varie vicissitudini si sono succeduti rami di famiglie diverse, i monarchi inglesi sono diretti discendenti del re-duca Wilhelm.<br />
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<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiTaBZyutNICPEv7hGicDguFqRhGpIRZndXUttnV8N1SMtwnoTiWHqstze3bGYVjn0NL62c5ZH8qW5K8o5pGC-3OtTl_6pWURxYSSZrwuHyquzNF7HRTrr5N0_DpOE3Xen13PtFugOa7_g/s1600/640px-Bayeux_Tapestry_scene55_William_Hastings_battlefield.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="350" data-original-width="640" height="218" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiTaBZyutNICPEv7hGicDguFqRhGpIRZndXUttnV8N1SMtwnoTiWHqstze3bGYVjn0NL62c5ZH8qW5K8o5pGC-3OtTl_6pWURxYSSZrwuHyquzNF7HRTrr5N0_DpOE3Xen13PtFugOa7_g/s400/640px-Bayeux_Tapestry_scene55_William_Hastings_battlefield.jpg" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: xx-small;">By Myrabella - Own work, Public Domain, <br />https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=25587909</span></td></tr>
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Questa, molto in breve, la vicenda storica. L'arazzo di Bayeux che cosa c'entra? Semplicemente, ce l'ha raccontata. Il ricamo infatti è formato da nove scene con disegni e un brevissimo testo latino, sormontato da fregi e favole che pare abbiano un qualche collegamento (a volte chiaro, a volte sconosciuto) con la storia principale. La storia inizia con Edoardo malato che incarica Aroldo di andare da Guglielmo a nominarlo successore. Adolfo parte ma approda nel luogo sbagliato e viene catturato dal signore del luogo. Prontamente Guglielmo ne paga il riscatto, Adolfo compie la sua missione e fa voto di sottomissione al successore designato. Tornato in Inghilterra, dopo la morte di Edoardo, tradisce il giuramento e si nomina a sua volta monarca. Allora Guglielmo salpa con le navi e lo sconfigge. All'arazzo manca l'ultima scena che si immagina fosse l'incoronazione di Guglielmo.<br />
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<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj10mzgmbx2cuj2vSA3bdxcsi3KEvSkJXt1TixG-hT9mvBJTeD5fBqKMnrqQIWYpGqJDrs5lnW1jH8qGj41Dc_K4wtqqJ3-v32IGlKy0v53ZZBPt-R72MeXkUSLvur9mmh7LsShuE5PF3E/s1600/640px-BayeuxTapestryScene16.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="238" data-original-width="640" height="148" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj10mzgmbx2cuj2vSA3bdxcsi3KEvSkJXt1TixG-hT9mvBJTeD5fBqKMnrqQIWYpGqJDrs5lnW1jH8qGj41Dc_K4wtqqJ3-v32IGlKy0v53ZZBPt-R72MeXkUSLvur9mmh7LsShuE5PF3E/s400/640px-BayeuxTapestryScene16.jpg" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: xx-small;">By Image on web site of Ulrich Harsh. <br />http://www.hs-augsburg.de/~harsch/Chronologia/Lspost11/Bayeux/bay_tama.html,<br /> Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=17141891</span></td></tr>
</tbody></table>
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A che scopo ricamare questa storia? L'arazzo era conservato e probabilmente periodicamente esposto nella cattedrale di Bayeux, sicuramente ricamato da una squadra di donne esperte. Lo potete vedere dalle foto, è di una qualità incredibile per avere circa mille anni! Ma da chi fu commissionato? Le ipotesi sono due. La prima, più tradizionale ma attualmente meno seguita, vuole che la committente fosse la moglie di Guglielmo, la regina Matilde delle Fiandre. Per questo l'arazzo è noto anche come "arazzo di Matilde". Studi più moderni invece sostengono che il vero committente dell'opera fosse il vescovo Oddone di Bayeux, fratellastro e consigliere di Guglielmo. L'opera aveva triplice scopo: lodare la figura del Conquistatore, ma senza dipingere Adolfo come un nemico; certo era descritto come in errore, ma vengono illustrate le sue prodezze da alleato di Guglielmo prima del ritorno in Inghilterra e ne emerge come nobile coraggioso. Questo perché? Perché il secondo scopo era pacificare le due popolazioni, normanna e inglese, che dovevano imparare a convivere e ad essere fedeli all'unico sovrano. E quindi perché esporre l'arazzo? Per insegnare al popolo, che non sapeva leggere ma poteva seguire la vicenda attraverso le figure.<br />
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<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh_MNrSvmQPf1gzKPLKC916cm-8QP83iSSWyrrsO-VmjF1b9mn0DGrkBE8MFk7YKJiobmctx2RT_HrL6A77Qkz35uBgI40m0wPPRbvhZj42EISDFJh-mUkH-cR5zKdcRa6uRRz_WETqBnw/s1600/296px-Bayeux_Tapestry_William.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="480" data-original-width="296" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh_MNrSvmQPf1gzKPLKC916cm-8QP83iSSWyrrsO-VmjF1b9mn0DGrkBE8MFk7YKJiobmctx2RT_HrL6A77Qkz35uBgI40m0wPPRbvhZj42EISDFJh-mUkH-cR5zKdcRa6uRRz_WETqBnw/s400/296px-Bayeux_Tapestry_William.jpg" width="246" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: xx-small;">By Myrabella - Own work, Public Domain, <br />https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=25451809</span></td></tr>
</tbody></table>
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Come fonte storica, l'arazzo è affidabile? Sì. Tutta la storia concorda con le fonti scritte che abbiamo e ci aiuta anzi a chiarirle maggiormente. Questo nonostante sia stato realizzato dalla parte vincitrice. Non sapremo probabilmente mai se davvero Aroldo abbia giurato fedeltà a Guglielmo e poi lo abbia tradito, o se questa è una invenzione per giustificare l'invasione, ma è comunque plausibile che le vicende siano andate più o meno così.<br />
Una curiosità molto interessante: in tutte le fonti, arazzo compreso, si trova citato un famoso presagio negativo che avrebbe dovuto scoraggiare Aroldo dall'usurpare la corona. Nel 1066 infatti comparve un misterioso corpo celeste che oggi come allora veniva considerato portatore di sventura. Allora non lo sapevano, ma adesso sappiamo che cosa fosse: era la cometa di Halley, che grazie alla scienza astronomica sappiamo comparire ogni 76 anni e che dai calcoli astronomici sembra essere transitati nel sistema solare proprio nel 1066. Quante scoperte può celare un semplice ricamo...<br />
L'arazzo ha ovviamente un valore inestimabile. È materiale molto delicato, un tessuto di lino ricamato con fili di lana, che poteva essere facilmente distrutto da incendi, guerre, calamità. Per nostra fortuna è arrivato a noi intatto. Uno dei rischi a cui è scampato è stato il periodo del Terrore, dopo la Rivoluzione, quando è stato nascosto dai prelati per paura delle ripetute violenze distruttive nei confronti dei beni della chiesa. Quei prelati hanno difeso un bene che adesso è di tutti e gliele dovremmo essere infinitamente grati tutt'oggi.<br />
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<u>Link correlati</u>:<br />
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- Potete trovare sul sito medievale.it la <a href="http://www.medievale.it/articoli/gli-arazzi-di-bayeux/" target="_blank">parafrasi completa</a> delle nove scene del ricamo e sul blog <a href="http://imparareconlastoria.blogspot.com/p/larazzo-di-bayeux.html" target="_blank">Imparare con la storia</a> le foto di tutte quante le parti ricamate.<br />
<br />
- Questo invece è il sito del <a href="http://www.bayeuxmuseum.com/en/la_tapisserie_de_bayeux_en.html" target="_blank">museo di Bayeux</a> dove oggi è conservato il ricamo.<br />
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- C'è anche un video dedicato all'arazzo di Bayeux. Trovate il link alla <a href="https://youtu.be/dnf-0CsYaq0" target="_blank">prima parte</a> e alla <a href="https://youtu.be/Tej12tx7IrU" target="_blank">seconda parte</a>.<br />
<br />Novella Semplicihttp://www.blogger.com/profile/06040942347279454097noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4924349897476036875.post-1421797339368600192018-09-24T19:22:00.005+02:002018-09-24T19:37:46.424+02:00Da via Panisperna all'Urss: Bruno Pontecorvo<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjJfd9qBHsXF7wkHumUwpxfzFk9WtVV-iI_S4zxEX854iQpJThZQuaFRcdNAAFnM2iybIJZX9JsbZ5tjXZ1mxYT66cO5daIrArHAJOVFJnqB39kP8ZvoaEDFiUpfmNOj2xpr9lE7PczSkk/s1600/309px-Ragazzi_di_via_Panisperna.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="480" data-original-width="309" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjJfd9qBHsXF7wkHumUwpxfzFk9WtVV-iI_S4zxEX854iQpJThZQuaFRcdNAAFnM2iybIJZX9JsbZ5tjXZ1mxYT66cO5daIrArHAJOVFJnqB39kP8ZvoaEDFiUpfmNOj2xpr9lE7PczSkk/s400/309px-Ragazzi_di_via_Panisperna.jpg" width="257" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="font-size: 12.8px;"><span style="font-size: xx-small;">Foto di Bruno Pontecorvo: I ragazzi di via Panisperna- D'agostino, Segré, Amaldi, Rasetti, Fermi - Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=16792957</span></td></tr>
</tbody></table>
<i><br />Come fisico, credo di aver avuto un po' di fantasia.</i><br />
<i>Bruno Pontecorvo</i><br />
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Bruno Pontecorvo nacque a Pisa il 22 agosto 1913 da famiglia ebrea; il padre era un commerciante di stoffe benestante da cui proverranno alcuni dei protagonisti del nostro Dopoguerra: il fratello maggiore Guido divenne un famoso biologo e genetista, il fratello minore Gillo un famoso regista, i due cugini Emilio Sereni ed Eugenio Colorni furono rispettivamente un eminente politico del PCI e un filosofo, politico e antifascista.<br />
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<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg94MyHjUz6B4Kk2FKktofRP4-ThQ1urQ4tB6U2t9zTkkXCFPBqmWPOzyfFA1We8lJXfZOSyOza9hU6idxKPJO3I1IsinGPCakDPOdoAeju4tmRZaGY7SMxL6THbtxY3Q007bZZlDc5FhE/s1600/326px-Bruno_Pontecorvo_1955.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="479" data-original-width="326" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg94MyHjUz6B4Kk2FKktofRP4-ThQ1urQ4tB6U2t9zTkkXCFPBqmWPOzyfFA1We8lJXfZOSyOza9hU6idxKPJO3I1IsinGPCakDPOdoAeju4tmRZaGY7SMxL6THbtxY3Q007bZZlDc5FhE/s400/326px-Bruno_Pontecorvo_1955.jpg" width="271" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: xx-small;">Bruno Pontecorvo, autore immagine sconosciuto, Pubblico dominio<br />Caricato da Wikimedia Commons</span></td></tr>
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Bruno si rivelò essere molto portato per la fisica e subito dopo la maturità si iscrisse al biennio presso l'università pisana, per poi trasferirsi a Roma nel 1931 a soli 18 anni per frequentare il triennio. Ivi si incontrò con due altri scienziati che già aveva conosciuto in precedenza: Franco Rasetti ed Enrico Fermi, che cercavano altri scienziati per organizzare un gruppo di lavoro sulla fisica nucleare.<br />
Nacque così il gruppo dei ragazzi di via Panisperna, voluto dal direttore dell'Istituto di Fisica Orso Mario Corbino e chiamato così dall'indirizzo della sede di Fisica di Roma, che in quegli anni preconflitto divenne il centro del mondo per quanto riguarda la fisica moderna. Ne fecero parte oltre ai già citati Fermi, Rasetti e Pontecorvo, altri due fisici:Edoardo Amaldi ed Emilio Segré; Ettore Majorana, fisico teorico, Oscar D'Agostino, chimico.<br />
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
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Il gruppo si dedica a studi sulle particelle, in particolare dedicandosi a cercare di confermare la teoria di Pauli, fisico austriaco, che aveva ipotizzato nel 1930, in associazione a un fenomeno noto ai fisici come "decadimento beta", l'esistenza di una particella con carica neutra, che lui chiamò neutrone. Nel 1932 il fisico inglese Chadwick scoprì il neutrone vero e proprio e il gruppo di via Panisperna, con in testa Enrico Fermi, ribattezzò la particella senza carica ipotizzata da Pauli, più leggera e veloce dei neutroni di Chadwick, neutrini. Nel 1934 Fermi inquadrò il ruolo dei neutrini in quella che chiamerà "interazione debole", una delle forze basilari della natura assieme alla gravità e all'elettromagnetismo. Nello stesso anno, e fino al 1938, in via Panisperna si susseguirono esperimenti fondamentali per la fisica mondiale, in particolare la ricerca sui neutroni lenti (avendo minore velocità hanno più probabilità di scontrarsi con altre particelle aumentando così le emissioni radioattive); durante le ricerche arrivarono anche a causare in laboratorio la prima fissione nucleare per così dire "in vitro", ma non ne furono sul momento consapevoli.<br />
Bruno ottiene grazie a questi studi un premio dal Ministero dell'Educazione e va a Parigi, sotto raccomandazione di Fermi, nel 1936, a lavorare con la figlia e il genero dei coniugi Curie, Irene e Frederic Joliot-Curie. Ed è a Parigi che la sua vita inizia a cambiare nel bene e nel male.<br />
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A Parigi tramite Joliot Pontecorvo viene in contatto con l'ideologia comunista, e conosce il politico francese di sinistra Leon Blum. Membro in vista del partito comunista italiano poi è il già citato cugino, Emilio Sereni. Sempre in quegli anni a Parigi conosce la moglie di origine svedese Marianne Nordblom, da cui avrà tre figli. E in Italia, a distruggere il centro della fisica nucleare e mondiale di Roma, arrivano le leggi razziale del 1938.<br />
Pontecorvo è ebreo, anche se non praticante, e decide di rimanere in Francia. Enrico Fermi non è ebreo, ma sua moglie sì, e il premio Nobel per la Fisica del 1938 fuggì negli Stati Uniti, dopo aver incassato il rifiuto di costruire un acceleratore di particelle italiano, ufficialmente per mancanza di fondi, in pratica forse anche per la mancanza dell'appoggio di Corbino e Guglielmo Marconi, grande sostenitore del progetto, che erano entrambi deceduti. Anche Rasetti e Segré emigrarono, e a Roma restò solo Amaldi.<br />
La situazione per Pontecorvo diventa ingestibile nel 1940, in seguito all'invasione della Francia da parte dei nazisti. Fugge prima in Spagna e poi negli Stati Uniti, dove trovò impiego a Tulsa, in Oklahoma, in una azienda di ricerche petrolifere, dove creò un sistema di identificazione dei depositi di petrolio grazie al bombardamento dei siti con neutroni (carotaggio neutronico).<br />
Nel 1943 collaborò agli studi atomici con le forze anglocanadesi e si trasferì a Montreal, dove costruirono un reattore che doveva essere all'inizio utilizzato per fornire materiale per la costruzione degli ordigni atomici ma che poi fu completato solo nel 1947. Non fu mai reclutato dal gruppo di ricerca statunitense Manhattan (nome in codice dell'operazione nucleare, a cui parteciparono Fermi e Segré). Probabilmente la sua militanza comunista lo fece scartare. Gli fu invece offerto un posto in Gran Bretagna, ad Harwell, nei pressi di Oxford, dove dovevano essere costruiti altri reattori.<br />
Ad Harwell sembra che fosse tenuto costantemente sotto controllo dallo spionaggio inglese a causa dello scandalo Fuchs (fisico tedesco naturalizzato britannico, che confessò di aver passato ai sovietici i progetti della bomba atomica e di quella a idrogeno, fatto che contribuì allo sviluppo dell'armamento nucleare russo non nell'immediato ma sicuramente durante la guerra fredda). Le simpatie comuniste di Pontecorvo lo resero il sospettato numero uno e la sua famiglia non viveva tranquilla.<br />
Fu così che nel 1950, dopo una vacanza in Italia, il primo settembre la famiglia Pontecorvo si recò in aereo prima a Stoccolma, poi a Helsinki, diretta infine a Leningrado.<br />
La scomparsa del grande fisico fu denunciata in Italia solo a ottobre e creò scalpore in tutto il mondo, ancor più perchè era ancora fresca la scomparsa di Ettore Majorana (di cui non si è mai saputo con certezza la fine: suicidio, sparizione volontaria, trasferimento in Sudamerica...). Alcuni parlarono di rapimento, altri accusarono Pontecorvo di essere sempre stato un informatore russo.<br />
Solo cinque anni più tardi, in una trasmissione radiofonica russa, gli fu permesso di parlare e di spiegare le motivazioni del suo trasferimento volontario. Il discorso fu fortemente politico, e in sostanza invitava i colleghi a ripudiare la bomba atomica e a non contribuire ulteriormente allo sviluppo di armamenti. Nel 1978, al suo primo rientro in Italia autorizzato dall'URSS, sostenne di non aver mai partecipato a progetti bellici e tutti i suoi studi in effetti erano rivolti alla fisica delle particelle. Studi che condusse nel laboratorio della città di Dubna, con grande successo e mai un riconoscimento da parte della comunità scientifica internazionale; solo un tardivo premio Stalin.<br />
Le sue ricerche sull'esistenza dei neutrini furono dimostrate da Reines e Cowan negli Usa nel 1956. il Nobel per la fisica del 1988 a Shwartz, Steinberger e Lederman, sempre ricercatori statunitensi, era basato sulle ricerche di Pontecorvo sulla famiglia dei neutrini. Idem il Nobel a Davis (USA) e Koshiba (Giappone) nel 2002, per gli studi sull'oscillazione dei neutrini solari: erano studi di Pontecorvo. Da una parte egli accusò la stampa scientifica di non considerare i suoi studi, dall'altra è anche vero che le forti limitazioni poste dal governo sovietico a movimenti, conferenze, viaggi, dichiarazioni, contribuì non poco a tagliarlo fuori dal modo accademico.<br />
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Pontecorvo si trovò così a scegliere la parte "sbagliata", almeno storicamente. Fu naturalizzato cittadino sovietico, per adattare il suo nome alla tradizione russa aggiunse il patronimico Maximovic (figlio di Massimo, che era il nome di suo padre) e parlò sempre in difesa della Russia che era stata a suo parere ingiustamente isolata quando aveva anche lei contribuito e in modo fondamentale alla sconfitta nazista. Fieramente convinto della giustezza delle tesi comuniste, ebbe grosse difficoltà a giudicare il governo sovietico, specie nei momenti cruciali come l'invasione dell'Ungheria (da cui si dissociò anche il PCI italiano) e la persecuzione del fisico russo e dissidente politico Andrej Sacharov. Solo nel 1992, durante un convegno in onore di Majorana in Sicilia, a poca distanza dalla pubblicazione della sua biografia, si espresse in modo negativo sul suo trasferimento in URSS; a Miriam Mafai, che gli chiese durante l'intervista cosa ne pensasse, dopo la caduta del Muro, durante l'intervista disse: "<i>Ci ho pensato molto, a questa domanda. Puoi immaginare quanto ci ho pensato. Ma non riesco a dare una risposta</i>".<br />
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<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhKNNjS9XWczS7OH75u_0QcfllYFqRNjjeTji2HqVj-Ahf1T73__9CFRm1M-6ERUP7CMyGmysGq7X-DWIy3EEbD6gUWHi26QYaXDcQ5lrEX0CzEbBeX84DBISz3RvLc1cpcjKixxv95i44/s1600/640px-Gravestone_of_Bruno_Pontecorvo_-_Cimitero_acattolico_di_Roma_-_Italy_-_1_July_2011.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="426" data-original-width="640" height="266" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhKNNjS9XWczS7OH75u_0QcfllYFqRNjjeTji2HqVj-Ahf1T73__9CFRm1M-6ERUP7CMyGmysGq7X-DWIy3EEbD6gUWHi26QYaXDcQ5lrEX0CzEbBeX84DBISz3RvLc1cpcjKixxv95i44/s400/640px-Gravestone_of_Bruno_Pontecorvo_-_Cimitero_acattolico_di_Roma_-_Italy_-_1_July_2011.jpg" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: xx-small;">By Massimiliano Calamelli - Bruno Pontecorvo, CC BY-SA 2.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=30140483</span></td></tr>
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Morì il 24 settembre 1993 a Dubna, minato dal Parkinson, dopo essere tornato per un lungo periodo in Italia. Le sue ceneri sono conservate per metà a Dubna e per metà a Roma come aveva personalmente richiesto.<br />
La sua scelta controcorrente non lo ha avvantaggiato nella fama mondiale forse, o quantomeno non durante la sua vita. Post mortem, tutte le sue teorie sono state dimostrate. E' stato forse anche giudicato troppo severamente, in molti erano convinti che partecipasse attivamente alla costruzione dell'arma nucleare russa, ma questo lo ha sempre negato, e in effetti le sue ricerche paiono essersi veramente indirizzate per altre strade. Rimane il grande dubbio di cosa poteva accadere, se il gruppo di via Panisperna, coi suoi grandi e giovani scienziati, non fosse esistito in un momento storico così negativo e cosa sarebbe oggi l'Italia se ne avesse riconosciuto e favorito gli studi invece che disperderlo in altri paesi. Fuga dei cervelli in atto anche allora, per motivazioni diverse di politica e di razza, per alcuni, di ideologia, per altri.<br />
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<u>Link correlati:</u><br />
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- La fonte principale di notizie su Bruno Pontecorvo è la biografia pubblicata nel 1992 da Miriam Mafai: "<a href="https://www.lafeltrinelli.it/libri/miriam-mafai/lungo-freddo/9788817061193?zanpid=2479355710845601792&gclid=Cj0KCQjwlqLdBRCKARIsAPxTGaVixsGnP7vMcBaBaI9LNqSatXYWpjY3Tdwpa71kNeqicU5qAfO7JFsaAgTIEALw_wcB" target="_blank">Il Lungo Freddo: Storia di Bruno Pontecorvo, lo scienziato che scelse l'URSS</a>". E' un testo molto interessante, abbastanza facile da leggere, per approfondire la vita di Bruno e anche aspetti propriamente storici del Dopoguerra. Pur se datato, mi sento ancora di consigliarne la lettura. Io lo lessi al liceo e ricordo che mi fece una grande impressione. E' stato uno dei primi testi giornalistici che ho letto per mia volontà e mi ha lasciato un segno nel mio voler proseguire gli studi in ambito storico.<br />
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- Qui invece trovate lo speciale che raggruppa le puntate de "<a href="http://www.lastoriasiamonoi.rai.it/puntate/le-campane-del-cremlino/697/default.aspx" target="_blank">La Storia siamo noi</a>" dedicate a Bruno Pontecorvo.<br />
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<br />Novella Semplicihttp://www.blogger.com/profile/06040942347279454097noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4924349897476036875.post-562779227238608742018-03-08T19:43:00.001+01:002018-03-08T19:44:48.215+01:00Giovanni Paolo II e il crollo del comunismo<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg9sNueZPaybGvzwiZWQ7dPotHW_9nTCToVZ96tv3mA4djxnymRVHpe7Zy1YjZHApPfI7zSyoxtFKu2JV83PWaCz7JqR0exTLUJbp7Cq-whnaCwLulYxtiKTDGLDxm49LKHnrJjh07j1ME/s1600/JohannesPaul2-portrait.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="266" data-original-width="217" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg9sNueZPaybGvzwiZWQ7dPotHW_9nTCToVZ96tv3mA4djxnymRVHpe7Zy1YjZHApPfI7zSyoxtFKu2JV83PWaCz7JqR0exTLUJbp7Cq-whnaCwLulYxtiKTDGLDxm49LKHnrJjh07j1ME/s400/JohannesPaul2-portrait.jpg" width="326" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: xx-small;">Di Uncredited; retouch of Image:JohannesPaulII.jpg - <br />Public Papers of the Presidents of the United States - Photographic Portfolio--1993 Vol. II http://www.access.gpo.gov/nara/pubpaps/1993portv2.html, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=2089099</span></td></tr>
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Nel precedente articolo abbiamo visto il lungo processo di dissoluzione del comunismo e della Cortina di Ferro, dal punto di vista quasi esclusivo delle due Germanie.<br />
Un solo accenno nel post ad alcuni dei grandi protagonisti non tedeschi: Gorbacev e papa Giovanni Paolo II.<br />
Completiamo meglio il quadro vedendo un po' più nel dettaglio gli avvenimenti in Polonia, la figura di Lech Walesa, Solidarnosc e il ruolo di papa Wojtyla nel crollo dei regimi comunisti.<br />
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Giovanni Paolo II combatteva un nemico che ben conosceva. Ordinato sacerdote nel 1946 e rientrato in patria nel 1948, dopo aver proseguito gli studi teologici a Roma, iniziò la sua missione pastorale vicino a Cracovia e il suo interesse pastorale sembava essere del tutto estraneo alla lotta contro il regime: era un membro del clero che si occupava molto di giovani e apparentemente poco o nulla di politica. Per questo fu proposto come vescovo di Cracovia dagli stessi alti funzionari polacchi (che avevano voce in capitolo sulle nomine dei vescovi) e non dal suo primate cardinal Stefan Wyszynski<span style="color: #545454; font-family: "arial" , sans-serif; font-size: x-small;"><span style="background-color: white;">.</span></span><br />
Mai sottovalutazione fu più grave.<br />
Wojtyla infatti non era meno fermamente anticomunista del suo superiore Wyszynski, ma lo era in modo diverso, con la scaltrezza della diplomazia. E passò pochissimo tempo prima che i dirigenti del partito comunista polacco si rendessero conto dell'errore. Una delle prime contrapposizioni riguardò l'edificazione di una chiesa in un quartiere operaio, non prevista dal piano regolatore: il futuro Giovanni Paolo II arrivò a dir messa in pieno inverno all'aperto, e alla fine l'ebbe vinta. Altre contrapposizioni riguardarono per esempio la libertà di stampa, con la pubblicazione sul periodico della diocesi di opere proibite, anche italiane (come la Fallaci). Era regolarmente controllato e seguito dal regime in ogni sua attività.<br />
Una tale opposizione era tanto più grave se teniamo conto dell'anomalia del comunismo polacco: e cioè il fatto che la popolazione fosse al 95% cattolica. Il cattolicesimo perciò poteva diventare un collante molto pericoloso, se saputo gestire da una personalità dalla visione complessa e a lungo termine.<br />
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Nominato arcivescovo nel 1965 e cardinale nel 1967, partecipò al primo conclave del 1978 che si concluse con l'elezione di Giovanni Paolo I, e dopo pochi giorni, alla morte improvvisa del suo predecessore, risultò eletto il 16 ottobre del 1978, primo papa non italiano dopo 455 anni.<br />
L'elezione lasciò molto inquieti i dirigenti polacchi, e solo in seguito quelli russi, che conoscevano un po' meno la sua figura e che quindi si preoccuparono un po' più in ritardo.<br />
Il primo discorso alla Messa inaugurale del pontificato già riportava indicazioni pastorali e politiche: aprire i confini, i sistemi economici e politici. Il riferimento è chiarissimo e in seguito lo stesso papa confermò al suo entourage che era un riferimento voluto:<br />
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<i>Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo! Alla sua salvatrice potestà aprite i confini degli Stati, i sistemi economici come quelli politici, i vasti campi di cultura, di civiltà, di sviluppo. Non abbiate paura! Cristo sa “cosa è dentro l’uomo”. Solo lui lo sa! Oggi così spesso l’uomo non sa cosa si porta dentro, nel profondo del suo animo, del suo cuore. Così spesso è incerto del senso della sua vita su questa terra. È invaso dal dubbio che si tramuta in disperazione. Permettete, quindi – vi prego, vi imploro con umiltà e con fiducia – permettete a Cristo di parlare all’uomo. Solo lui ha parole di vita, sì! di vita eterna.</i><br />
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Nel giugno 1979 il papa compì il primo viaggio nel paese natale. Fu un autentico bagno di folla, nonostante il regime non gradisse la visita. Dall'URSS era arrivata una chiara richiesta di impedirla, ma i dirigenti polacchi ebbero paura e la permisero, anche se censurarono pesantemente ogni tipo di cronaca, specialmente quella televisiva. Stime indipendenti parlano di una visita apostolica seguita da ben 13 milioni di persone, un polacco su tre. Più di un milione parteciparono alla Messa a Varsavia, mai mostrati dalle immagini di stato. Il viaggio fu fondamentale soprattutto per il risveglio che iniziò a creare nelle coscienze: c'era qualcuno, all'interno di uno stato totalitario, che indicava un'altra via e lo faceva dando speranza. Come in molti hanno ammesso, tra cui appunto Gorbacev e Walesa, senza questo passo probabilmente la storia sarebbe diversa. </div>
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<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg_tHs58_6naEhsfBkIt4pEGHXbGREbDjIy0me5Az6KeoDLHR3nCOuSHIfJTNbWUcguWo9FN28KtRp-hE3vGS_FUcMokVIOnAywQ1nDyYXxzrFRaJWGP90Pj3vE48cHj43fjbprDNFeH00/s1600/364px-Lech_Walesa_-_2009.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="480" data-original-width="364" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg_tHs58_6naEhsfBkIt4pEGHXbGREbDjIy0me5Az6KeoDLHR3nCOuSHIfJTNbWUcguWo9FN28KtRp-hE3vGS_FUcMokVIOnAywQ1nDyYXxzrFRaJWGP90Pj3vE48cHj43fjbprDNFeH00/s400/364px-Lech_Walesa_-_2009.jpg" width="302" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: xx-small;">Di MEDEF - Flickr, CC BY-SA 2.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=10010548</span></td></tr>
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Già in precedenza in Polonia si erano avute rivolte e scioperi, ma erano sempre stati repressi con successo ed erano nati in circoli di dissidenti, senza nessun collegamento con il popolo. Invece nel 1980 nasce un movimento che inizia a coinvolgere la massa, un sindacato dei lavoratori, di cui ben presto, dopo i grandi scioperi dei cantieri navali di Danzica di quell'anno, divenne leader Lech Walesa, operaio elettricista già noto perché non nuovo ad iniziative antiregime, e per questo più volte perseguitato e punito. Il sindacato nacque appunto con il cosiddetto Patto di Danzica e alle richieste di tipo economico si cominciarono ad unire richieste di tipo politico. Fu il primo sindacato libero dell'intero blocco comunista. La situazione venne vista come pericolosa e l'URSS decise il colpo di mano. </div>
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Il 13 dicembre 1981 il generale Jaruzelski proclamò lo stato d'assedio, un vero e proprio colpo di stato da parte dell'esercito. Il generale fece capire che era il male minore, prospettando forse lo spauracchio di una invasione sovietica, che però sarebbe stata molto difficile. L'unica cosa che forse Jaruzelski evitò fu la repressione sanguinosa<span style="color: #222222; font-family: sans-serif;"><span style="background-color: #f9f9f9; font-size: 13.3px;">. </span></span>I leader di Solidarnosc vennero arrestati e la Polonia entra in un periodo di crisi politica e militare. Il papa intervenne con altri due viaggi apostolici nel 1983 e nel 1986, non opponendosi mai direttamente al regime ma non risparmiando critiche negli incontri con i vertici. Nel 1984 venne ucciso il cappellano di Solidarnosc, padre Jerzy Popiełuszko (beato per la chiesa cattolica). L'omicidio fece scalpore e ci furono disordini, i colpevoli (un colonnello e tre capitani militari) furono condannati e dopo pochi anni amnistiati.</div>
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Sempre nel 1981, qualche mese prima del colpo di stato in Polonia, ci fu l'attentato a Papa Wojtyla. A tutt'oggi non ci sono fonti sicure dal punto di vista storico che attestino i mandanti, ma sicuramente è maturato negli ambienti dell'Est europeo e probabilmente su mandato sovietico, anche se fu effettuato per mezzo di una società dell'estrema destra bulgara.</div>
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<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhRH8_Us0uyvhlN3oE18f_OULY0_IoePkxGg-XaTnSnMtRudR-j30u5MDPeDaFh8OaFk0HAOxtNW1xcRjaAdKtSTPIaMGR0XD8KiImX8MN1v1zUEWEPFbTHw3k3UM0lnL9m3WNbSUwKemo/s1600/380px-RIAN_archive_850809_General_Secretary_of_the_CPSU_CC_M._Gorbachev_%2528crop%2529.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="480" data-original-width="380" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhRH8_Us0uyvhlN3oE18f_OULY0_IoePkxGg-XaTnSnMtRudR-j30u5MDPeDaFh8OaFk0HAOxtNW1xcRjaAdKtSTPIaMGR0XD8KiImX8MN1v1zUEWEPFbTHw3k3UM0lnL9m3WNbSUwKemo/s400/380px-RIAN_archive_850809_General_Secretary_of_the_CPSU_CC_M._Gorbachev_%2528crop%2529.jpg" width="316" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: xx-small;">Di RIAN_archive_850809_General_Secretary_of_the_CPSU_CC_M._Gorbachev.jpg: Vladimir Vyatkin / Владимир Вяткинderivative work: Jbarta - Questo file deriva da RIAN archive 850809 General Secretary of the CPSU CC M. Gorbachev.jpg:, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=18955999</span></td></tr>
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Il papa comunque continuò a incoraggiare il popolo polacco e tentò di favorire una sorta di dialogo con il regime. E a questo punto l'aiuto arrivò da Mosca, perché nel 1985 salì al potere Michail Gorbacev, che suscitò critiche e antipatie nei capi di alcune grandi nazioni filorusse come DDR e Romania, ma viva simpatia in Ungheria e Polonia. Gorbacev trovò appoggio nella sua politica di apertura proprio nel papa, e alla fine fu l'Ungheria per prima nel 1989 a sfidare l'URSS istituendo un sistema pluripartitico. L'URSS per la prima volta lasciò fare. Seguì la Polonia.</div>
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Nel 1989 la dittatura non aveva più nessun consenso popolare, la crisi economica terribile era al limte della bancarotta: divenne necessario trattare e Solidarnosc venne riabilitata; nella tavola rotonda con i suoi rappresentanti vengono decise delle elezioni semilibere. Una delle clausole prevedeva comunque il 65% dei seggi per il partito comunista. Ma il responso popolare nel giugno 1989 fu travolgente e inaspettato: assegnò 99 dei seggi liberi su 100 a Solidarnosc. Jaruzelski fu eletto presidente della Repubblica ma Walesa e i suoi, alleandosi con due partiti satelliti di quello comunista, riuscirono a ottenere un capo del governo cattolico, nella persona di Tadeusz Mazowiecki, filosofo amico personale di Karol Wojtyla.<br />
Di pochi mesi dopo, la caduta del muro di Berlino.<br />
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A livello storico la figura del papa polacco è stata determinante per la fine del comunismo. Si parla anche di finanziamenti da parte del Vaticano verso Solidarnosc, emersi da recenti fonti non ancora del tutto vagliate dal punto di vista storico. Questi finanziamenti è ormai assodato che arrivarono, ma non è sicuro ancora dal punto di vista oggettivo se provenissero direttamente dal Vaticano o non piuttosto, con il tacito appoggio magari del Vaticano stesso, da oltreoceano. L'elezione di Wojtyla era stata infatti molto apprezzata negli Usa, per ovvi motivi di contrapposizione politica. Walesa ha dichiarato ai pm italiani che indagano sul Banco Ambrosiano e sulla morte di Roberto Calvi (uno dei soggetti bancari implicati) che i soldi arrivavano ma non sapeva da chi, e che la Chiesa era tra i principali aiutanti, ma senza coinvolgere direttamente Roma o nomi eccellenti. Questo aspetto deve essere ancora approfondito, essendo sempre oggetto di procedimenti giudiziari, e la storia è un po' troppo contemporanea per poterla analizzare con il sufficiente distacco che consenta di distinguere la validità delle fonti.<br />
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Il quadro del crollo del blocco comunista è tutt'altro che completo, bisognerebbe andare a vedere stato per stato, anno per anno: la repressione in Ungheria, la Primavera di Praga, la rivolta rumena contro la dittatura... E il grande capitolo delle riforme di Gorbacev e della dissoluzione dell'URSS.<br />
Magari ne scriverò ancora, magari no... Intanto però abbiamo analizzato una parte delle vicende che hanno portato all'odierna Europa.<br />
Piacerebbe a Karol Wojtyla l'odierna europa capitalista e a trazione esclusivamente economica? Forse no.<br />
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<u>Link correlati:</u><br />
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- Gran parte dell'articolo è basato sulle analisi del professor Agostino Giovagnoli, analisi che potete ascoltare in questo<a href="http://www.raistoria.rai.it/articoli-programma-puntate/wojtyla-e-il-comunismo/29494/default.aspx" target="_blank"> video de "Il tempo e la storia"</a>.<br />
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- Un <a href="https://www.tempi.it/caduta-muro-berlino-gorbaciov-papa-europa-est#.WqF2oCgbPIW" target="_blank">articolo interessante</a> e che dà un quadro riassuntivo ma generale del crollo del comunismo è su Tempi.it.<br />
<br />
- Un <a href="http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2009/03/14/dal-vaticano-calvi-ecco-chi-aiuto-solidarnosc.html" target="_blank">articolo di Repubblica</a> che riporta le dichiarazioni di Lech Walesa riguardo ai finanziamenti a Solidarnosc.<br />
<br />
- E alla fine un libro un po' costoso ma che ottimo per capire l'argomento: <a href="https://www.amazon.it/dp/8862504314/ref=asc_df_886250431450694601/?tag=googshopit-21&creative=23390&creativeASIN=8862504314&linkCode=df0&hvdev=c&hvnetw=g&hvqmt=&th=1&psc=1" target="_blank">Giovanni Paolo II e la fine del comunismo. La transizione in Polonia (1978-1989) - di Massimiliano Signifredi.</a><br />
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Novella Semplicihttp://www.blogger.com/profile/06040942347279454097noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4924349897476036875.post-74305228359965711502017-10-04T18:24:00.001+02:002021-10-03T10:48:56.109+02:00La riunificazione della Germania (3 ottobre 1990)<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiQiKzqO5Q4PGAtJquR9W0u92hLtOmscM20WBZhA-0zOu6qq96aPAUE4OuLlDnYzsK01KVJYPqYLV2jr3w4INoi_3Z3YaxaEuGhOtgrDrQ8hQuqXl_xmoP_G9xlebmCwdTMZ6p5wMKZn_0/s1600/640px-Bundesarchiv_Bild_183-1990-1003-008%252C_Berlin%252C_Brandenburger_Tor%252C_Vereinigungsfeier%252C_Feuerwerk.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="376" data-original-width="640" height="235" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiQiKzqO5Q4PGAtJquR9W0u92hLtOmscM20WBZhA-0zOu6qq96aPAUE4OuLlDnYzsK01KVJYPqYLV2jr3w4INoi_3Z3YaxaEuGhOtgrDrQ8hQuqXl_xmoP_G9xlebmCwdTMZ6p5wMKZn_0/s400/640px-Bundesarchiv_Bild_183-1990-1003-008%252C_Berlin%252C_Brandenburger_Tor%252C_Vereinigungsfeier%252C_Feuerwerk.jpg" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: xx-small;">Di Bundesarchiv, Bild 183-1990-1003-008 / Uhlemann, Thomas / <br />CC-BY-SA 3.0, CC BY-SA 3.0 de, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=5425915</span></td></tr>
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Nel 1989 avevo 14 anni, ho diversi ricordi ancora vivi delle trasmissioni televisive dell'epoca, e dei commenti dei miei genitori e parenti. Eravamo spettatori di un cambiamento epocale: finiva la guerra fredda, cadeva il comunismo e con esso il muro di Berlino, e solo un anno dopo la Germania era di nuovo unita a livello politico, anche se ci sarebbero voluti ancora anni perché i territori dell'Est e dell'Ovest si riarmonizzassero (e per certi versi è un percorso ancora in essere).<br />
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Riassumere tutti i singoli avvenimenti è impossibile in un articoletto su un blog di nicchia. Ma quantomeno possiamo provare a trascrivere una breve storia di come si arrivò a quel cambiamento, che sembrò spazzare via il vecchio mondo in due mesi, ma che in realtà era stato preparato da tempo, forse già venti anni prima.<br />
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Innanzitutto storicamente si parla di riunificazione della Germania per distinguerla dalla prima unificazione del 1871, anno in cui i vari staterelli più piccoli con a capo la Prussia avevano dato origine al primo stato nazionale tedesco.<br />
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Alla fine della Seconda Guerra Mondiale, la Germania era un paese per il novanta per cento distrutto, con la popolazione alla fame. Le truppe alleate avevano invaso il paese e anche tra il 1945 e il 1946 si continuava a morire, per fame, per malattie. Milioni di tedeschi erano profughi o sfollati. Parliamo di soli settanta anni fa, in abito storico sono passati pochissimi anni. Nell'immediato, il paese fu diviso in quattro aree, una statunitense, una inglese, una francese e una sovietica. Stessa sorte ebbe Berlino, anch'essa divisa in quattro settori.<br />
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<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhHzU61Wu2lW7cl0EpvhnFjQ6r3Uj3K9XajDOE_kwtcQgl4IFrf9dge7BZ52U_oAp5Fym-QDx5qiJqXawLz286c1GRm5H0J0djjjlDYtYJO_AFYqcbhIbT1qDyPIevCO6Uq9McxDkWTvQk/s1600/372px-Deutschland_Besatzungszonen_1945_1946.png" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="481" data-original-width="372" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhHzU61Wu2lW7cl0EpvhnFjQ6r3Uj3K9XajDOE_kwtcQgl4IFrf9dge7BZ52U_oAp5Fym-QDx5qiJqXawLz286c1GRm5H0J0djjjlDYtYJO_AFYqcbhIbT1qDyPIevCO6Uq9McxDkWTvQk/s400/372px-Deutschland_Besatzungszonen_1945_1946.png" width="308" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: xx-small;">CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=488904</span></td></tr>
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Questa situazione perdurò fino al 1949, e in quegli anni ebbe inizio la contrapposizione tra USA e URSS nota come Guerra Fredda. Stalin iniziò a ricostruire la sua parte di Germania secondo i propri interessi, pretendendo alti risarcimenti, mentre da parte statunitense si cercò di coordinare la ricostruzione con francesi e inglesi, ben comprendendo che era indispensabile restare uniti contro la minaccia sovietica. Insomma, la Germania diviene da una parte terra di conquista per l'URSS, dall'altra avamposto necessario sulla scacchiera del potere in Europa per gli Usa.<br />
Nel 1948, avendo la vecchia moneta perso qualsiasi potere di acquisto, i tre settori occidentali introdussero un nuovo marco, senza trovare un accordo con il settore sovietico, che per ritorsione bloccò gli accessi a Berlino. Per aggirare il blocco, gli americani furono costretti a effettuare ponti aerei per quasi un anno. Alla fine il blocco viene tolto, ma nel 1949 viene sancita anche a livello politico la separazione tra un ormai unico settore occidentale e quello orientale con la creazione di due stati separati: la BDR (in italiano Repubblica Federale Tedesca, di cui Bonn rimase capitale provvisoria) e la DDR (in italiano Repubblica Democratica Tedesca).<br />
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La BDR beneficiò fin da subito degli aiuti del piano Marshall, che fu fondamentale per la ricostruzione in Europa e senza dubbio consolidò sia economicamente che psicologicamente l'influenza americana su tutto il blocco occidentale, con la diffusione del libero mercato. La BDR in pochi anni visse un vero e proprio miracolo economico che portò in 20 anni ad azzerare o quasi la disoccupazione e a quintuplicare il prodotto interno lordo, un progresso impressionante, dovuto anche alle grandi risorse che la Germania storicamente possiede.<br />
La DDR invece, dopo aver pagato i debiti di guerra con Stalin, pur avendo altrettante ottime risorse e ricevendo aiuti dall'URSS per la ricostruzione industriale, anche se non comparabili agli investimenti statunitensi, fu rigidamente ingabbiata nelle economia di stato staliniana, diventando in certi casi "più realista del re": divenne uno dei paesi dove il comunismo stalinista, in ambito economico e ideologico (pensiamo alla STASI, il temuto servizio segreto che controllava ogni aspetto della vita dei cittadini) venne applicato più rigidamente. Questo influì non solo sull'accesso al mercato ma anche sulla popolazione, che cominciò a confrontarsi con i progressi dei vicini dell'ovest, al loro acquisito benessere, e alla libertà civile e politica di cui godevano. Come sempre, è la ricerca del benessere che porta l'uomo a porsi delle domande e a battersi se necessario. Come insegnava Marx, che dal punto di vista storico-filosofico è stato un grande pensatore, è l'economia con i suoi mutamenti a creare cambiamenti anche nell'ideologia e non viceversa (cfr. il materialismo storico e il tema filosofico della struttura e della sovrastruttura, che interesserà da vicino anche il nostro Antonio Gramsci. Ma non divaghiamo oltre).<br />
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Nel 1952 Stalin fece una prima proposta di riunificazione della Germania, con un'unica clausola: che il paese si ponesse neutralmente tra le due potenze, USA e URSS. La proposta fu rifiutata.<br />
Nel 1953, a seguito di misure economiche restrittive, si susseguirono in DDR uno sciopero generale e una manifestazione politica che richiese l'intervento dei carrarmati per dissuasione. Durante gli anni '50, quando ancora era permesso attraversare Berlino, più di due milioni di cittadini della DDR, in gran parte giovani e professionisti, emigrarono verso ovest. Questo esodo preoccupava notevolmente la DDR, ma certo non creava minori problemi in BDR, legati ovviamente all'immigrazione di un gran numero di persone. Forse fu per questo che quando arrivarono le prime avvisaglie della costruzione del muro, in BDR la reazione fu molto tiepida. Tutto sommato, non era un avvenimento politicamente sgradevole. Anzi, si rivelò paradossalmente uno dei più grandi boomerang per la DDR: il muro era tangibile, era considerato immorale da molti, e i nuovi mezzi televisivi mostravano al mondo intero le uccisioni, i cadaveri, i tentativi di fuga. A livello di propaganda fu estremamente controproducente. Anche gli Usa quindi si adeguarono e lo additarono come simbolo dei mali del comunismo. Il primo accenno pubblico al Muro come simbolo del male fu il discorso di Kennedy a Berlino del 1963.<br />
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Il muro fu edificato a partire dal 13 agosto 1961, preceduto dall'interruzione di ogni rapporto con la parte ovest della città. Era controllato notte e giorno dall'esercito, e anche lungo tutte le frontiere dei due stati diventò quasi impossibile passare, pena la vita. I soldati infatti avevano l'ordine di sparare a vista. Nacque la cosiddetta cortina di ferro: il filo spinato che segnava il confine lungo gli stati del Patto di Varsavia che si affacciavano sui paesi Nato.<br />
I morti del muro non sono mai stati contati, nemmeno dopo l'apertura degli archivi dell'ex DDR, perché sarebbe necessario ricontrollare per decenni ogni singolo rapporto di polizia. Quelli storicamente accertati sono intorno ai 130, e si sale a più di 200 se teniamo conto anche dei suicidi o comunque di morti ai controlli di polizia. Almeno 13 sono minorenni. Il numero vero non si saprà probabilmente mai, finché non sarà fatto questo lavoro enorme e forse troppo costoso sulla totalità dei documenti.<br />
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Tra gli anni '60 e 70, dopo aver evitato la migrazione in massa verso ovest, anche la DDR ha un suo piccolo boom economico,. I due Stati non hanno nessun rapporto, non si riconoscono reciprocamente, e la DDR approva ferocemente tutte le azioni e le politiche di Mosca, plaudendo anche alla soppressione sanguinosa della cosiddetta Primavera di Praga, nel 1968.<br />
Nel 1969 arriva il primo vero colpo di scena. In BDR, i socialdemocratici vinsero le elezioni. Il neocancelliere,Willy Brandt , aveva promesso in campagna elettorale una svolta nei rapporti con l'oltrecortina<br />
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La figura di Willy Brandt spesso è meno nota di quella di Michail Gorbacev ma è altrettanto rilevante. Premio Nobel per la pace nel 1971, presidente dell'Internazionale Socialista dal 1976 fino alla morte nel 1992, appena al potere realizzò una serie di trattati con URSS, Polonia e Cecoslovacchia. Alla firma del trattato di Varsavia, si recò al ghetto ebraico selvaggiamente violentato dai nazisti pochi decenni prima, e si inginocchiò. Questo gesto fece una enorme impressione sull'opinione pubblica mondiale.<br />
Brandt nel 1972 concluse un primo importantissimo trattato con la DDR. Era solo un trattato che regolava i rapporti tra i due stati, principalmente economico, ma come abbiamo detto sopra quasi sempre è l'economia a trascinare il resto. La BDR assunse una grande rilevanza e affidabilità a livello internazionale e venne ammessa all 'ONU; venne ammessa anche la DDR, e con la Ostpolitik (così fu chiamata la politica di Brandt di apertura alla Germania Est) iniziò in modo quasi intangibile a sgretolare le certezze su cui si basava il regime. Si inizia sempre da piccole crepe.<br />
Innanzitutto, con il trattato e il reciproco riconoscimento la DDR fu costretta a rivedere la politica dei permessi per i viaggi e per i contatti coi familiari residenti a ovest. L'economia della DDR cominciò ad aver bisogno degli scambi con la BDR, e il marco dell'ovest iniziò a circolare con valore più alto, con grande preoccupazione dell'establishment, e grande soddisfazione dei cittadini. Lo ripeto: è l'economia, la ricerca del benessere, che spinge gli uomini alla ribellione. I cittadini della Germania Est vedono circolare una moneta proveniente da ovest con cui si possono acquistare cose che con il marco dell'est è impossibile avere.<br />
Nonostante i conservatori della BDR attaccassero all'epoca i socialdemocratici e i loro tentativi di apertura, il tempo e la storia hanno dimostrato che sono stati i secondi ad aver visto giusto.<br />
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Arriviamo così negli anni '80. Il colpo definitivo al blocco comunista lo si ha con l'ascesa al potere in URSS di Michail Sergeevic Gorbacev, altra grande figura internazionale, anche lui premio Nobel per la pace nel 1990, che iniziò a demolire l'isolazionismo russo e mise fine alla Guerra Fredda, con le due parole d'ordine: perestroika (ricostruzione) e glasnost (che vuol dire trasparenza ma anche liberalizzazione). La sua politica contribuì a mettere in evidenza i gravi problemi economici presenti in URSS già da tempo (in patria è infatti visto con molto meno onore di quanto lo sia in occidente, essendo da molti ritenuto responsabile del crollo economico, che in realtà era comunque alle porte), e ristabilì relazioni di pace con gli USA interrompendo la corsa agli armamenti; alla fine le sue aperture diedero il via alla caduta dei vari regimi comunisti nei paesi satelliti del Patto di Varsavia.<br />
La DDR a questo punto affrontò la sua crisi più grave e definitiva. I suoi capi avevano sempre fatto riferimento al partito comunista di Mosca come all'unica autorità, e reagirono alla novità tentando di opporsi ai cambiamenti, in particolar modo cercando di censurare le notizie provenienti dall'estero sulle concessioni e le riforme.<br />
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E arriviamo così all'anno decisivo: il 1989. Le elezioni pilotate danno sempre la schacciante vittoria ai comunisti, mentre altrove anche nei paesi filorussi le aperture democratiche erano ormai evidenti. Siccome fuggire a Berlino Ovest o in altri paesi Nato era impossibile, iniziò una fuga di altro genere. Gli abitanti della DDR cominciano a riversarsi nei paesi confinanti, Polonia, Cecoslovacchia, Ungheria, dove non era impossibile recarsi con pretesti, ma non tornavano più indietro, rifugiandosi invece nelle ambasciate della BDR e chiedendo asilo. Questo accadde sempre più massicciamente durante l'estate del 1989, fino a che l'Ungheria, il paese forse più avanti nell'opera di riforma, e che desiderava adesso ingraziarsi la Nato piuttosto che tutelare il governo della DDR, annunciò improvvisamente l'apertura delle frontiere verso l'Austria per il 10 settembre. Migliaia di televisioni mostrarono il taglio del filo spinato. Iniziò un flusso inarrestabile di migranti che dalla DDR attraverso Ungheria e Austria giungeva fino in BDR.<br />
Nello stesso tempo, cominciarono a maturare i semi della ribellione in chi restava. Ribellione che era ancora pericolosa e non esente da rischi di repressione sanguinosa, visto il potere ancora forte dell'apparato statale. Ma in ottobre, le rivolte sempre più numerose, unite all'esodo di massa, non erano più arginabili e portarono come ultimo tentativo alle dimissioni del governo e dei vertici del partito. E qui entra in gioco la leggenda dell'equivoco... Pare che un funzionario governativo, mandato allo sbaraglio per placare la folla e intervistato in tv, abbia annunciato una revisione delle norme restrittive sui viaggi ad ovest che era prevista ma senza alcun effetto operativo già stabilito, e che questo politico, non sapendo cosa rispondere alle domande dei giornalisti sulle tempistiche, abbia dichiarato che la norma aveva effetto immediato.<br />
La folla si riversò verso il muro, che fu scavalcato e in certi tratti materialmente danneggiato. I soldati non ricevettero ordini e non intervennero. Berlino il 9 novembre del 1989 è di nuovo unita per la prima volta dopo quaranta anni. Forse è stato il primo evento dopo la Rivoluzione Francese in cui i politici di professione seguirono gli eventi senza causarli direttamente. Nessuno parlava di riunificazione, o di crollo del muro, eppure alla fine successe tutto nell'arco di poche ore, senza alcun leader ufficiale che guidasse la rivolta. Anche se le figure di Brandt, Gorbacev e la figura del papa polacco Karol Wojtyla furono senza dubbio i "mandanti morali" e in certi casi perfino gli esecutori.<br />
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<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiVTMwyqeyJzZR8BvnsUNII-0KMcbbtffeq5W9w6Owc2UrUQc_ouOh8K2rehUS1-1Mt5dDfMiXrMYXlTegah2wfczWn5sVEPJVpckGt00yhbLd7iBzWxmEJSexBwLAvxwboR8Jo2D8wpxM/s1600/637px-Thefalloftheberlinwall1989.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="480" data-original-width="637" height="301" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiVTMwyqeyJzZR8BvnsUNII-0KMcbbtffeq5W9w6Owc2UrUQc_ouOh8K2rehUS1-1Mt5dDfMiXrMYXlTegah2wfczWn5sVEPJVpckGt00yhbLd7iBzWxmEJSexBwLAvxwboR8Jo2D8wpxM/s400/637px-Thefalloftheberlinwall1989.jpg" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: xx-small;">Di Lear 21 di Wikipedia in inglese, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=3692038</span></td></tr>
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In poco più di un anno, il processo si completò. La DDR indisse le prime lezioni libere nel marzo 1990, per la creazione di un governo che ebbe come scopo quello di gestire la riunificazione delle due Germanie. La DDR faceva ancora paura perché formalmente ancora uno degli stati più potenti del Patto di Varsavia, ma alla fine arrivò l'autorizzazione dell'URSS, degli USA e degli stati del patto atlantico: le vecchie potenze occupanti, nel trattato noto come Trattato 2+4, acconsentirono alla riunificazione in un unico stato tedesco. A luglio seguì l'accordo monetario per l'unificazione del marco tedesco che fissò il cambio definitivo con il vecchio marco della DDR; il 3 ottobre del 1990 la DDR si sciolse e i 5 stati o Lander che la componevano confluirono nella BDR. Formalmente infatti fu la BDR ad annettere la DDR.<br />
I problemi non finirono qui, ovviamente. L'ex Germania Est aveva un'economia arretrata e nell'immediato l'annessione a una economia forte come quella liberista del blocco ovest creò non pochi problemi, tanto che molti intervistati circa venti anni dopo dichiarono che forse la riunificazione non era stata un grande affare. Ci sono voluti decenni perché le due economie procedessero affiancate e ancora oggi in certe zone la differenza è netta. Alcuni giornalisti tra cui Enrico Mentana di recente hanno sottolineato come le elezioni 2017 abbiano visto prevalere un netto voto di protesta sia a destra che a sinistra proprio nelle aree ex DDR. Evidentemente ancora il cammino non è concluso.<br />
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Resta però quel simbolo potente del crollo del Muro di Berlino, con la popolazione ai due lati, che per chi come me lo ha vissuto in diretta resta sempre un ricordo indelebile della potenza della Storia in certi momenti della vita dell'uomo.<br />
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<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhl3OnDMqcXi5s7rROz6a95KiVt0iWbpequNcdjJiB8JJuKxWfeFWlh_8ObDLbwAOptoznd4-bu2yD36lfIYvIWS8xMQuPwx_g8GZC_OQCWN9mOVsX9Oh3hsjpOeEw7si8KxtU7mChRUFo/s1600/640px-EinigungsvertragBRD-DDR.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="480" data-original-width="640" height="300" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhl3OnDMqcXi5s7rROz6a95KiVt0iWbpequNcdjJiB8JJuKxWfeFWlh_8ObDLbwAOptoznd4-bu2yD36lfIYvIWS8xMQuPwx_g8GZC_OQCWN9mOVsX9Oh3hsjpOeEw7si8KxtU7mChRUFo/s400/640px-EinigungsvertragBRD-DDR.jpg" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: xx-small;">Il trattato di riunificazione tra le due Germanie del 1990 - Di Hadi - Opera propria, <br />CC BY 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=3049850</span></td></tr>
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<u>Link correlati</u>:<br />
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- un bellissimo testo che racconta la Germania dal dopoguerra alla riunificazione che si trova in rete è questa <a href="http://www.viaggio-in-germania.de/brd-storia.html" target="_blank">conferenza a cura di Wolfgang Pruscha</a>. Mi è piaciuto molto per come racconta in modo semplice e partecipato, non tralasciando l'aspetto delle condizioni del popolo in tutto quanto il periodo. Trovate anche una buona bibliografia a fine pagina.<br />
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- Se vi incuriosisce il tema del materialismo storico e delle teorie di Marx ed Engels su struttura e sovrastruttura, potete trovare una spiegazione minima ma esauriente su questo <a href="http://www.homolaicus.com/teorici/marx/struttura-sovrastruttura.htm" target="_blank">articolo del sito homolaicus.it</a><br />
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- RaiStoria ha dedicato alla caduta del Muro di Berlino uno <a href="http://www.raistoria.rai.it/categorie/il-crollo-del-muro-25-anni-dopo/1238/1/default.aspx" target="_blank">speciale per il venticinquennale</a>. E' composto da vari video (tra cui il discorso di Kennedy a Berlino che vi ho citato e le immagini di quel 1989 che fecero il giro del mondo).Novella Semplicihttp://www.blogger.com/profile/06040942347279454097noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4924349897476036875.post-26023773016053402902017-07-16T18:48:00.001+02:002020-07-29T15:03:53.074+02:00Lo scandalo Watergate<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjTSfDkcFVvkoAd_MORaPHToQi_GXsqlvY4dqyGHtQsgndqt3TF2ptfvLsCl7-Lu2LN10hXJs8pdzScH16x7KipUvFfhckCKe1Sgy1deIXd2-yXtKyJ4NZSKr_QZB9pkYkZicwW_8-2iYI/s1600/320px-Impeach_Nixon_retouched.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="479" data-original-width="320" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjTSfDkcFVvkoAd_MORaPHToQi_GXsqlvY4dqyGHtQsgndqt3TF2ptfvLsCl7-Lu2LN10hXJs8pdzScH16x7KipUvFfhckCKe1Sgy1deIXd2-yXtKyJ4NZSKr_QZB9pkYkZicwW_8-2iYI/s400/320px-Impeach_Nixon_retouched.jpg" width="266" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: xx-small;">By Marion S. Trikosko or Thomas J. O'Halloran, photographer <br />File:Impeach Nixon.tif, Public Domain,<br />https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=24953906</span></td></tr>
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Quarantacinque anni fa, il 17 giugno del 1972, iniziò uno dei più grandi scandali del dopoguerra negli USA, tanto grande da portare alle dimissioni del presidente in carica, Richard Nixon. Fondamentale fu il ruolo della stampa nella vicenda, in qualunque modo la si voglia leggere: se oggi "Watergate" e il suffisso -gate è divenuto a livello mondiale un termine di senso compiuto sé stante, per indicare appunto una situazione scandalosa in cui è coinvolto il potere, è merito dell'attenzione che la stampa statunitense prima e quella europea di riflesso poi riversarono sulla vicenda. Furono due anni ricchi di colpi di scena, che iniziarono in modo quasi ridicolo, a pensarci adesso.<br />
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Eravamo nel contesto della guerra al Vietnam e del "pericolo rosso", in cui comunisti e socialisti erano visti come nemici o quantomeno come sospetti. Il Partito Repubblicano, del quale Nixon faceva parte, a pochi giorni dall'apertura della campagna elettorale, era dato in testa ai sondaggi, anche se si faceva sentire molto forte la contestazione per la guerra vietnamita, che dopo la presidenza Kennedy, con Johnson prima e Nixon poi, era arrivata al suo culmine.<br />
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<a name='more'></a>Era stata creata una apposita sezione dei servizi segreti, in cui erano coinvolti membri autorevoli di FBI e CIA, dedicata al controspionaggio, detta COINTELPRO, attiva già dalla presidenza Hoover, dal 1956 al 1971. Pare che questa sezione segreta avesse il compito di infiltrarsi ed agire nei movimenti considerati "sovversivi", come appunto il partito comunista, quello socialista (partito che era completamente riconosciuto come legittimo all'epoca in USA), i movimenti di diritti dei neri, i movimenti contro la guerra, il Ku-Klux-Clan, perfino il movimento degli indiani... Anche alcune personalità del mondo dello spettacolo furono tenute sotto controllo. A questa sezione speciale venneroo attribuiti anche atti violenti, come l'assassinio di un leader del gruppo delle Pantere Nere, che combatteva per i diritti delle persone di colore.<br />
Nel 1971 l'esistenza di questa "commissione" venne alla ribalta grazie alla sottrazione di alcuni documenti, ma non parve generare molto scandalo e fu solo con il Watergate, quando cioè gli atti di spionaggio non si limitarono più a colpire quelli che venivano visti come "estremisti nemici della patria", ma si rivolsero contro l'avversario politico, il Partito Democratico, che la stampa si mosse e l'opinione pubblica finì per spingere all'impeachment e alle dimissioni del presidente.<br />
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<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiczPGrgnw3qZy1L5PzLQ5N1HTMvDGcIa2NgVtXH-5uxi4t8IBH-cs2nCe9jVT-5YItfNCVz-mqAN9f3or4MKeMvd0j_WjteHieS9n6lE1sYTEyqB7EUtbOc_cTrTubMjE-Hy-gkbPwh1o/s1600/640px-Key_Bridge_Marriott_-_Watergate_scandal_location.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="375" data-original-width="640" height="233" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiczPGrgnw3qZy1L5PzLQ5N1HTMvDGcIa2NgVtXH-5uxi4t8IBH-cs2nCe9jVT-5YItfNCVz-mqAN9f3or4MKeMvd0j_WjteHieS9n6lE1sYTEyqB7EUtbOc_cTrTubMjE-Hy-gkbPwh1o/s400/640px-Key_Bridge_Marriott_-_Watergate_scandal_location.jpg" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: xx-small;">Il Watergate Complex nel 2009 - By David from Washington, DC - Key Bridge Marriott, CC BY 2.0, <br />https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=38252221</span></td></tr>
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Il complesso Watergate altro non era se non la sede degli uffici per la campagna elettorale del Partito Democratico a Washington, dove fu scoperto l'intrigo. Parlavo di ridicolo: il gruppo di agenti segreti che stava spiando le conversazioni dentro gli uffici fu scoperto nottetempo da una guardia della sicurezza, che si accorse di una porta tenuta accostata da un nastro adesivo. All'interno della stanza c'erano cinque uomini, facenti parte di quella che venne chiamata "Plumber Unit", squadra idraulica, che avevano piazzato delle microspie e che (errore imperdonabile) erano per di più tornati sul luogo del delitto per recuperare delle apparecchiature. Furono denunciati per effrazione e intercettazioni illegali, si dichiararono anticomunisti e furono condannati qualche mese dopo. Pare che vittima delle intercettazioni fosse il democratico Larry O'Brien, politico strettamente legato a un miliardario americano di nome Howard Hughes (tra l'altro il protagonista del film "The Aviator", interpretato da Leonardo Di Caprio).<br />
In alcuni appunti di uno degli arrestati, fu trovato un riferimento ad alcuni membri del comitato per la rielezione di Nixon.<br />
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A questo punto, intervenne la stampa: il New York Times iniziò a seguire la vicenda, e poco dopo il Washington Post, con i due famosi giornalisti Carl Bernstein e Bob Woodward, iniziò a pubblicare documenti scottanti, provenienti da fonti molto vicine al governo, e a loro consegnati da una fonte che non vollero rivelare (la cosiddetta Gola Profonda, che solo nel 2005 si apprese essere l'allora numero due dell' FBI, W. M. Felt). Questi documenti, noti come Pentagon Papers, carte del Pentagono, suscitarono vasto clamore, rivelavano il cosiddetto "libro nero di Nixon", cioè i nomi dei cittadini sospettati come sovversivi e tenuti quindi d'occhio dalle unità speciali.<br />
Nixon a novembre fu rieletto presidente, ma l'inchiesta giornalistica, di pari passo a quella giudiziaria, iniziava a creare sdegno nella popolazione e metteva in forte crisi la nuova presidenza.<br />
Subito dopo la rielezione almeno tre uomini vicini al presidente dovettero dimettersi per sospetti legami con il caso Watergate, e nel maggio 1973 si aprì la Commissione di Inchiesta del Senato, che si sarebbe chiusa nel giugno 1974. Già a giugno fu fatto il nome del presidente, che ostacolò la giustizia prima negando di avere nastri registrati delle conversazioni dello Studio Ovale; poi, quando un suo dipendente confessò che i nastri esistevano, rifiutò di consegnarli, e fece avere soltanto le trascrizioni, con evidenti cancellazioni attribuiti a un errore di una segretaria (l'accaduto fu replicato in commissione e pare che fu trovato estremamente istruttivo, in quanto la segretaria, per cancellare il nastro, avrebbe dovuto mantenere una posizione piuttosto assurda; l'episodio è passato alla storia come "Rose Mary Stretch", lo stiramento di Rose Mary, dal nome della disgraziata dipendente).<br />
A questo si aggiunse anche lo scandalo finanziario, perché le azioni di spionaggio furono finanziate tramite il denaro della campagna elettorale, cioè i soldi dei contribuenti del partito.<br />
Nel 1974, alla fine della Commissione d'inchiesta, le cui sedute erano state trasmesse dalle principali reti televisive, il Senato intimò a Nixon la consegna dei nastri originali e iniziò la procedura per l'impeachment (messa in stato d'accusa del titolare di alte cariche statali, che ne comporta la destituzione). Nixon non attese di essere cacciato e rassegnò le dimissioni il 9 agosto 1974, dopo aver negato, lottato, licenziato i collaboratori che non condividevano le sue posizioni estreme, ed essersi inimicato un po' tutti, anche i suoi più forti sostenitori.<br />
Gli succedette il suo vice, Gerald Ford, che dopo un mese gli concesse la grazia per ogni evento giudiziario conseguente.<br />
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<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg6n3B5esNJQ5Hs2h8Yup3VHu1tAkQVzwKM7KBUvBX9kjINk0rOKZl15i1pLr1Mjw4vKYnQ2RGz50iw21oOfAoWXJSec3b3-A9KQS4EqRx3eVh07MOO3kqZHk6uYLWid3tJQhuS8QEA1lo/s1600/320px-Kenneth_Lu_-_Actual_file_cabinet_from_the_Watergate_Hotel%2521_%25284811849118%2529.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="480" data-original-width="320" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg6n3B5esNJQ5Hs2h8Yup3VHu1tAkQVzwKM7KBUvBX9kjINk0rOKZl15i1pLr1Mjw4vKYnQ2RGz50iw21oOfAoWXJSec3b3-A9KQS4EqRx3eVh07MOO3kqZHk6uYLWid3tJQhuS8QEA1lo/s400/320px-Kenneth_Lu_-_Actual_file_cabinet_from_the_Watergate_Hotel%2521_%25284811849118%2529.jpg" width="266" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: xx-small;">By Kenneth Lu from San Francisco, CA - Actual file cabinet from the Watergate Hotel!Uploaded by SunOfErat, <br />CC BY 2.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=30433939</span></td></tr>
</tbody></table>
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Nella vicenda intera fu quindi fondamentale il ruolo dei media, soprattutto della carta stampata e del giornalismo d'inchiesta. Bernstein e Woodward sono passati alla storia come i veri eroi del caso Watergate, e il Washington Post con loro. Una informazione realmente indipendente che non guarda in faccia nessuno, e una tv che informa la gente di quanto succede ai piani alti, nel bene e nel male.<br />
<br />
Una voce si è alzata sempre fuori dal coro per sottolineare come, anche in questa vicenda, i media non siano stati realmente indipendenti ma si siano asserviti ad altri poteri. E' quella di Noam Chomsky, grande personalità culturale statunitense, anarchico, il quale ha scritto che "il Watergate non fu che un pretesto". Chomsky sostiene infatti che la contemporanea pubblicazione delle carte sul già citato COINTELPRO fu passata praticamente sotto silenzio da tutti, pur essendo una vicenda molto più grave, che riguardava l'indipendenza di molti movimenti e di molte personalità e che si sospetta abbia agito in modo violento contro quelli che erano considerati "dissidenti". Chomsky sostiene che Nixon era divenuto inviso al potere reale, e che il suo maldestro tentativo di estendere i metodi del COINTELPRO al Partito Democratico fu l'errore che lo rovinò, perché andò a toccare interessi potenti (vedi il già citato Howard Hughes, ma non solo lui, molte altre importati personalità erano coinvolte con i democratici piuttosto che con i repubblicani), mentre dei movimenti libertari repressi non interessava a nessuno. Chomsky ne deduce che in realtà la stampa non è affatto libera ma che gli viene dato in pasto di volta in volta dal potere che la controlla ciò che si vuole venga fatto emergere, insomma: una stampa pilotata, anche in questo caso.<br />
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<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiXG303tIr5taUyufVko1mVI5ZHxfvjc4YaoRlJenTl8iJQJDI2OChi-cT1-HadKgSMxJvHl9xTLHaFnYyIkAtC-Na2Q1OerM6mYumuVUnp8CWY8HQRJH55G_jt7PauF9j6bFMRs30LlDs/s1600/359px-Noam_Chomsky%252C_2004.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="480" data-original-width="359" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiXG303tIr5taUyufVko1mVI5ZHxfvjc4YaoRlJenTl8iJQJDI2OChi-cT1-HadKgSMxJvHl9xTLHaFnYyIkAtC-Na2Q1OerM6mYumuVUnp8CWY8HQRJH55G_jt7PauF9j6bFMRs30LlDs/s400/359px-Noam_Chomsky%252C_2004.jpg" width="298" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: xx-small;">Di Duncan Rawlinson - http://flickr.com/photos/thelastminute/97182354/in/set-72057594061270615/, CC BY 2.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=1194102</span></td></tr>
</tbody></table>
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Non sono una persona che cede facilmente alle idee di complottismo. Ritengo quindi che la posizione di Chomsky sia interessante ma non completamente oggettiva. Certo è che Nixon fu fermato solo quando andò a mettere le mani su un potere consolidato che poteva reagire ed abbatterlo. Su questo, trovo la posizione di Chomsky sinistramente vera: solo chi è in una posizione inattaccabile riesce a ben difendersi dalle insidie del potere, molto meno riescono i cittadini qualunque. Ma il Watergate alla fine risultò anche a vantaggio dei cittadini, favorendo un cambio della guardia che altrimenti non si sarebbe verificato.<br />
<br />
In ogni caso, il Watergate resta una pietra miliare della storia contemporanea sia per quanto riguarda la politica USA che il ruolo del giornalismo, che ne uscì rafforzato, perlomeno fino a quando non ha avuto luogo il sorpasso della rete internet e il crollo della credibilità generale dell'informazione che caratterizza purtroppo l'epoca attuale, in cui è sempre più difficile stabilire quali fonti siano attendibili e quali no.<br />
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<u>Link correlati:</u><br />
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- Trovate tante pellicole sul caso Watergate, ma la migliore resta sempre e comunque la prima: "Tutti gli uomini del Presidente", regia di Alan J. Pakula, con Dustin Hoffman-Carl Bernstein e Robert Redford-Bob Woodward, girato nel 1976. Si sofferma più sul lavoro giornalistico d'inchiesta che sulla vicenda giudiziaria in sé e certo ha contribuito alla fama del giornalismo di inchiesta moderno. Esiste anche <a href="https://www.amazon.it/uomini-Presidente-scandalo-Watergate-caduta/dp/8866970158/ref=pd_lpo_sbs_74_t_0?_encoding=UTF8&psc=1&refRID=6T5GSS45F28TCJHCJFJZ" target="_blank">il libro, scritto dai due giornalisti stessi</a>.<br />
<br />
- Qui trovate una chicca: è riportato in copia, parola per parola, <a href="http://www.washingtonpost.com/wp-srv/national/longterm/watergate/articles/061872-1.htm" target="_blank">l'articolo originale uscito sul Washington Post il 18 giugno del 1972</a> in cui si racconta l'inizio di tutto: l'arresto dei cinque "idraulici" che porterà allo scoppiare dello scandalo.<br />
<br />
- Se volete approfondire il punto di vista di Noam Chomsky su questo argomento (la sua produzione è enorme e certo non si esaurisce in un titolo) consiglio il testo <a href="https://www.ibs.it/capire-potere-libro-noam-chomsky/e/9788856500998" target="_blank">"Capire il Potere"</a>. C'è anche il sito <a href="https://chomsky.info/">https://chomsky.info/</a> per gli anglofoni o simpatizzanti tali.<br />
<br />
- Infine, questa è la puntata dedicata al Watergate del programma <a href="http://www.lastoriasiamonoi.rai.it/puntate/watergate/648/default.aspx" target="_blank">"La Storia siamo noi"</a>.Novella Semplicihttp://www.blogger.com/profile/06040942347279454097noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-4924349897476036875.post-27179364983215958762017-06-02T02:42:00.000+02:002017-06-02T02:42:28.016+02:00L'affaire Dreyfus, il "J'accuse" e la nascita dell'intellettuale moderno<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjCLRgo4pcoIgJacU3glnKH7cpkC5v-HVP2M6B7A_sJY4dQWhqf_1gKYOwbrQgX5Vcgz3AbsNgejNNJr5AxrgR0Mj7nmEozZBGVFCtN0-AqiHgc9K16L-mDo3R08LDigHK6o4AbNNMvbDc/s1600/423px-Degradation_alfred_dreyfus.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="480" data-original-width="423" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjCLRgo4pcoIgJacU3glnKH7cpkC5v-HVP2M6B7A_sJY4dQWhqf_1gKYOwbrQgX5Vcgz3AbsNgejNNJr5AxrgR0Mj7nmEozZBGVFCtN0-AqiHgc9K16L-mDo3R08LDigHK6o4AbNNMvbDc/s400/423px-Degradation_alfred_dreyfus.jpg" width="352" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: xx-small;">La degradazione di Dreyfus di Henri Meyer - Bibliothèque nationale de France, Pubblico dominio,<br /> https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=161140</span></td></tr>
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
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L'Affaire Dreyfus è giustamente famoso nei libri di storia. Fu uno scandalo che si protrasse per anni, un enorme errore giudiziario, che divise la Francia (ma non solo) in due fazioni in lotta, e sollevò un'ondata di antisemitismo che non si placò nemmeno quando l'errore fu riconosciuto, anche se solo parzialmente. I servizi segreti e lo stato maggiore dell'esercito fecero di tutto per evitare di ammettere le proprie responsabilità e Dreyfus fu all'inizio il capo espiatorio perfetto. Il suo caso fu anche uno dei primi scandali ad avere come protagonista, nel bene e nel male, la stampa. Nel male, perché le accuse infondate furono diffuse ampiamente dai giornali che oggi definiremmo di destra: cattolici, antisemiti e nazonalisti,. Nel bene, perché la lotta per la verità passò sempre dalla stampa, con il famoso contributo di figure intellettuali del calibro di Zola, Proust, Gide, Anatole France ed altri.<br />
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<a name='more'></a>E' importante avere un quadro chiaro del contesto storico in cui si trovava la Francia all'epoca. Siamo nella Terza Repubblica. La Germania di Bismarck aveva sottratto Alsazia e parte della Lorena, smacco molto duro da digerire per il nazionalismo dell'epoca. La Francia era mutilata. Di pochi anni prima era un altro grave scandalo, collegato in parte all'affaire Dreyfus per lo spirito antisemita con cui fu affrontato dai giornali: quello del canale di Panama. La Francia aveva battuto gli Stati Uniti e aveva vinto la gara per realizzare il famoso canale, dopo aver già realizzato quello di Suez (su progetto italiano dell'ingegner Luigi Negrelli, a Suez il canale fu costruito dal francese de Lesseps, il quale si prese la briga di lavorare anche a Panama). L'impresa però si rivelò proibitiva per varie sfortune, errori e costi aggiuntivi: alla fine la società del canale di Panama dovette chiedere una pubblica sottoscrizione, ma non riuscì ad evitare il fallimento, truffando migliaia di cittadini che avevano investito nelle azioni. Il progetto fu quindi rilevato e portato a termine dagli USA. I giornali nzionalisti che denunciarono l'accaduto sottolinearono come due dei responsabili economici del disastro fossero ebrei, aprendo di fatto la strada a considerazioni che avrebbero poi avuto il loro peso nella condanna di Alfred Dreyfus, e denunciando una grave pratica di corruzione a livello governativo.<br />
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<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjqqm2qph7gnTEqNe2Yh5NPZeimBocc1c7ZplDk6Xjva_9ZfT28W9LjmEqJCc7iwSSKGbgvYRohz7j4OHtPcka-yWx-N6VlrNeuNzhTgGAglgcc6hgGUFJpM37uWEodErhe7gby0rykC48/s1600/485px-AlfredDreyfus.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="480" data-original-width="485" height="395" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjqqm2qph7gnTEqNe2Yh5NPZeimBocc1c7ZplDk6Xjva_9ZfT28W9LjmEqJCc7iwSSKGbgvYRohz7j4OHtPcka-yWx-N6VlrNeuNzhTgGAglgcc6hgGUFJpM37uWEodErhe7gby0rykC48/s400/485px-AlfredDreyfus.jpg" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: xx-small;">Alfred Dreyfus - Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=183917</span></td></tr>
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Dreyfus era un ebreo alsaziano, che rifiutò di restare in Alsazia sotto i tedeschi, e per di più decise di entrare nell'esercito francese, dimostrando un forte legame con quella che riteneva essere la sua patria e sostendendo la Revanche, la rivalsa contro i nemici. Non era insomma un disadattato, o un nemico dei francesi. Svolgeva apprendistato da ufficiale quando, nel 1894, il controspionaggio francese, nella persona del maggiore Henry, scoprì una lettera, redatta a quanto pare da un anonimo e bene informato ufficiale francese, in cui lo stesso tentava di vendere ai tedeschi segreti militari logistici e sugli armamenti dei cannoni.<br />
Essendo uno degli ufficiali di artiglieria che frequentavano quell'ambiente, essendo ebreo, avendo una calligrafia simile, Dreyfus fu immediatamente sospettato. Convocato con la scusa di una ispezione, invitato a scrivere con un pretesto, gli fu contestato l'alto tradimento e fu invitato a spararsi con una pistola piuttosto che sottostare al disonore. Non lo fece, dichiarandosi innocente, e fu arrestato. Il caso fu gestito con procedure fuori dall'ordinario, senza capi d'accusa ufficiali, senza che l'imputato potesse comunicare con nessuno; la stampa nazionalista inveiva contro gli ebrei facenti parte dell'esercito, tutti potenziali traditori, e illustrava un fantomatico complotto giudaico contro la nazione. Il processo si basò sulla perizia calligrafica e su alcune prove scritte, tutte falsificate dai servizi segreti. Il colpevole doveva essere lui. Un giornalista scriverà: Dreyfus (in quanto ebreo, NdA) non è della mia razza. L'anomalo processo si chiuderà nel 1895 con la degradazione pubblica di Dreyfus e la sua deportazione nella colonia penale dell'Isola del Diavolo, in Guyana Francese, dove sconterà i lavori forzati fino al 1899.<br />
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<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi8ECb-C5CZyHRB3f6ShVwibBMoNbny1UocoTzhR73MvrFkWynf2a7q-8TfOM2F2egS92Z8DDACERKfveeVpu-QX5xvkiTpybMjlkk7uy6wLPYG0JWJchMwQBis0N4MbN2CLvcY77pLf0Q/s1600/360px-thumbnail.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="480" data-original-width="360" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi8ECb-C5CZyHRB3f6ShVwibBMoNbny1UocoTzhR73MvrFkWynf2a7q-8TfOM2F2egS92Z8DDACERKfveeVpu-QX5xvkiTpybMjlkk7uy6wLPYG0JWJchMwQBis0N4MbN2CLvcY77pLf0Q/s400/360px-thumbnail.jpg" width="300" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: xx-small;">Di Émile Zola - Scan of L'Aurore, Pubblico dominio, <br />https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=784807</span></td></tr>
</tbody></table>
<span style="font-size: xx-small;"><br /></span>
<span style="font-size: xx-small;"><br /></span>
A questo punto però cominciano ad emergere elementi a discolpa del disgraziato ufficiale. Nel 1896 fu intercettata un'altra lettera, stavolta proveniente dall'ufficiale prussiano von Schwartzkoppen, destinatario dello scritto precedente che aveva incastrato Dreyfus. Ma nella risposta il tedesco non si rivolgeva a lui, bensì a un altro ufficiale francese con cui evidentemente era in rapporti: si trattava di<br />
Ferdinand Walsin Esterhazy, francese di nobile origine che però a causa di debiti di gioco era caduto in disgrazia. Il colonnello Georges Picquart riaprì il caso, dimostrando che era la calligrafia di Esterhazy e non quella di Dreyfus a trovarsi sulla prima lettera incriminata, ma lo Stato Maggiore e il governo rifiutarono di ascoltare. Il colpevole per loro c'era già, nonostante che si dichiarasse innocente, che la moglie chiedesse a gran voce la revisione del processo, e con lei anche alcuni intellettuali, tra cui lo scrittore ebreo Bernard Lazare, amico di famiglia di Dreyfus stesso. Picquart per tutta risposta viene immediatamente trasferito ad altro incarico in Tunisia. Riesce però a comunicare le sue scoperte a Lazare stesso e al vicepresidente del Senato.<br />
<div>
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Fu proprio Lazare a far partire la campagna di stampa a favore dell'ufficiale ebreo ingiustamente disonorato e detenuto. Accadde così quello che la storica americana B. Tuchman, nel suo libro "Tramonto di un'epoca", definì "una delle grandi rivoluzioni della storia": gli intellettuali francesi per la prima volta in assoluto in Europa si mobilitarono per salvare Dreyfus, pagando anche di persona il coraggio di andare contro la verità di stato. E' giustamente passato alla storia il "J'accuse" di Emile Zola, che nel 1898, dalla prima pagina del giornale "L'Aurore", del politico radicale Georges Clemenceau (prima antidreyfusardo e poi uno dei principali sostenitori della sua innocenza) si rivolse al presidente della Repubblica. Il giorno dopo sullo stesso giornale comparve la "Petizione degli intellettuali". A raccogliere le firme nientemento che Marcel Proust e suo fratello Robert, che raccolsero le firme della metà dei professori della Sorbona, e di artisti del calibro di Manet, Gide, Anatole France, Jules Renard, Jacques Bizet.<br />
Per tutta risposta Zola fu inquisito e condannato per vilipendio e poté giovarsi di un'amnistia solo nel 1900. Piquart fu arrestato. Contemporaneamente la parte avversaria fomentava una violenta campagna di stampa contro ebrei, democratici e liberali, rei di essere antifrancesi e antinazionalisti.<br />
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Pochi mesi dopo, il colpo di scena. Il maggiore Henry, principale accusatore di Dreyfus, confessò di aver falsificato le prove su cui si era basato il processo e si suicidò. Di seguito, Esterhazy rese piena confessione di essere stato lui a scrivere la lettera da cui tutto aveva preso inizio, tirando in ballo anche i suoi superiori. La Cassazione accettò quindi la revisione del processo e Dreyfus poté tornare in patria. Nel 1899 si svolse quindi il secondo processo, che però condannò di nuovo l'imputato, anche se con le attenuanti, a 10 anni. Lo scandalo fu grande, e la corte militare risultò aver subito forti pressioni dallo Stato Maggiore che non voleva ammettere di aver compiuto un abuso.<br />
Le elezioni diedero vittoria alle forze più progressiste e il nuovo Presidente del Consiglio convinse Dreyfus a chiedere la grazia, anche se ciò significava una ammissione di colpevolezza. Grazia che arrivò nel 1899, pochi giorni dopo la seconda condanna. Seguì nel 1900 l'amnistia totale per quanto rigurdava i reati connessi all'Affaire.<br />
Dreyfus chiese più volte una nuova revisione del processo, ma non l'ebbe mai. Solo nel 1906, quando salì al governo proprio il radicale Clemenceau, la Cassazione, pur non avendo poteri in materia, annullò il verdetto di colpevolezza e reintegrò Dreyfus nell'esercito. Ma un nuovo processo con assoluzione non ci sarà mai.<br />
La storia potrebbe finire qui, se non fosse per un nuovo accadimento: nel 1908, durante la traslazione dei resti di Zola al Pantheon, Dreyfus fu vittima di un attentato da cui uscì solo ferito. L'attentatore, tale Luis Gregori, giornalista di estrema destra, probabilmente non agì da solo ma con il sostegno di gruppi politici eversivi; ma fu assolto inspiegabilmente dalla giuria popolare perché ritenuto non in grado di intendere e di volere.<br />
<br />
Alfred Dreyfus si ritirò dall'esercito poco dopo la riabilitazione, e fu richiamato in servizio durante la Prima Guerra Mondiale. Morì nel 1935. Alla sua morte, ancora molti francesi e molta stampa di destra insistevano a considerarlo colpevole nonostante tutti i dati di fatto dicessero il contrario.<br />
<br />
Non si può non chiudere l'argomento senza citare l'analisi acuta del grande Indro Montanelli, che traggo da un articolo pubblicato sul suo quotidiano "La Voce" del 16 ottobre 1994, la cui citazione è riportata da Wikipedia nella pagina dedicata all'Affaire.<br />
Montanelli spiega:<br />
« Esso non fu soltanto il più appassionante "giallo" di fine secolo. Fu anche l'anticipo di quelle «deviazioni» dei servizi segreti che noi riteniamo - sbagliando - una esclusiva dell'Italia contemporanea. Ma fu soprattutto il prodromo di Auschwitz perché portò alla superficie quei rigurgiti razzisti e antisemiti di cui tutta l'Europa, e non soltanto la Germania, era inquinata. Allora, grazie soprattutto alla libertà di stampa che smascherò l'infame complotto, quei rigurgiti furono soffocati. Ma la vittoria dell'antirazzismo, che lì per lì sembrò definitiva, fu, come sempre quella della Ragione, soltanto momentanea. Le cronache di oggi dimostrano che nemmeno i forni crematori dell'Olocausto sono riusciti a liberarci dal mostro che si annida nel subconscio delle società (con rispetto parlando) cristiane, e che proprio nell'affare Dreyfus diede la misura più eloquente della sua abiezione».<br />
E aggiunge un altro particolare: l'Affaire è anche alla base della teorizzazione della necessità dello Stato Ebraico di Israele. Il teorico dello Stato ebraico infatti, Theodor Herzl, all'inizio era convinto che gli ebrei dovessero mescolarsi alla società, proprio come Dreyfus aveva tentato di fare. Fu l'Affaire a farlo dubitare della possibilità di integrarsi nella società europea e a teorizzare quindi la necessità dello Stato di Israele.<br />
<br />
Concludendo, quindi, questo grave episodio ci insegna ancora oggi a cosa serva la libertà di stampa, quanto sia necessaria la libertà spirituale degli intellettuali, e anche quanto una comunicazione volutamente falsa e provocatoria possa influenzare la società a tal punto da far perdere la visione della verità a favore dell'ideologia. Un affare di poco conto, che poteva essere relegato a un problema interno all'esercito francese, mise invece in moto una serie di forze che portarono conseguenze a livello europeo; e lo scandalo fu alla fine in parte rimediato solo grazie all'azione puntuale e coraggiosa di personalità importanti del panorama culturale dell'epoca.<br />
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<u>Link correlati</u>:</div>
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- Un articolo molto interessante sulla figura dell'intellettuale moderno e su Emile Zola in particolare: dal <a href="http://www.leparoleelecose.it/?p=5503" target="_blank">sito Le parole e le cose</a>.</div>
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- Ci fu un italiano che raccolse materiale abbondante sull'Affaire Dreyfus, convinto dell'innocenza dell'ufficiale. Si tratta del diplomatico italiano Raniero Paulucci di Calboli, di nobile famiglia originaria di Forlì, in servizio a Parigi proprio in quegli anni. Il materiale da lui raccolto è uno dei migliori documenti dell'epoca ed è conservato nell'archivio storico di Forlì. Trovate un articolo in pdf, piuttosto lungo ma interessante in merito, scritto dal dr. Francesco Gioiello, a <a href="http://www.studistorici.com/2013/08/29/gioiello_numero_14/" target="_blank">questo link</a>. </div>
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- RaiStoria ha dedicato una puntata all'Affaire. <a href="http://www.raistoria.rai.it/articoli/laffare-dreyfus/24436/default.aspx" target="_blank">La trovate qui</a>.</div>
Novella Semplicihttp://www.blogger.com/profile/06040942347279454097noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4924349897476036875.post-29999479604582184202017-04-10T21:26:00.002+02:002019-05-05T21:44:45.209+02:00L'Operazione Ataman in Friuli e lo sterminio dei cosacchi<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgTCwMdsa3TzqSfFBii6T5oDKzy440YaHO132f_O6ag8SY94VAVjjdKCRWEsxU6UKlBRqLmK1BWe7JccshJKTYfSm5mmNhLZwJJd3EYtjVu3b4wNPdjZ1EC_utHn5vAK-JtRlpRwjxA0bw/s1600/398px-Kosaken.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgTCwMdsa3TzqSfFBii6T5oDKzy440YaHO132f_O6ag8SY94VAVjjdKCRWEsxU6UKlBRqLmK1BWe7JccshJKTYfSm5mmNhLZwJJd3EYtjVu3b4wNPdjZ1EC_utHn5vAK-JtRlpRwjxA0bw/s400/398px-Kosaken.jpg" width="331" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">SS cosacche - Pubblico dominio, https://it.wikipedia.org/w/index.php?curid=2018955</td></tr>
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Il popolo cosacco è originario delle steppe tra Russia e Ucraina. Più che un vero e proprio gruppo etnico (era infatti composto in parte da slavi e in parte da tartari), era una comunità militare organizzata, con a capo un comandante, chiamato appunto ataman.<br />
Ha sempre goduto di una certa autonomia, pur essendo stato quasi sempre sotto il controllo politico russo: non erano trattati come servi della gleba alla pari degli altri contadini, ma come uomini liberi (kazaki in russo, qazaq in tartaro significa uomo errante, libero, nomade): avevano colonizzato in autonomia le steppe e pretendevano che questa loro condizione fosse riconosciuta.<br />
Questa loro relativa indipendenza perdurò sotto gli zar, in quanto avevano in comune la religione ortodossa e a livello politico erano considerati abili protettori dei confini; ma terminò bruscamente con la Rivoluzione Russa. Durante la guerra civile i cosacchi si schierarono in buona parte nelle armate dei Bianchi (zaristi) contro i Rossi (bolscevichi), colpevoli di reprimere la religione e soprattutto le concessioni libertarie di cui il gruppo cosacco aveva beneficiato in precedenza. In seguito alla vittoria bolscevica, iniziarono ad essere perseguitati e molti emigrarono.<br />
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<a name='more'></a>Allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, parte dei cosacchi combatterono nell'esercito russo, ma molte divisioni di fanteria e di cavalleria, in particolare quelle che avevano combattuto nella guerra civile a fianco dell'antibolscevico generale Krasnov, preferirono appoggiare i tedeschi, confidando in una vittoria di Hitler contro Stalin e nel rovesciamento del regime comunista a loro inviso.<br />
All'inizio Hitler non se ne curò molto, considerandoli pur sempre slavi e quindi inferiori rispetto ai tedeschi, ma dal 1942 in poi il peggioramento delle sorti della guerra rese prezioso anche il loro contributo.<br />
Queste truppe cosacche entrarono a far parte della Wehrmacht come volontari stranieri e alcune divisioni nel 1944 confluirono in un apposito corpo di cosacchi alle dirette dipendenze della Waffen- SS (braccio militare delle SS naziste), formando il XV SS-Kosaken Kavallerie Korps.<br />
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Quando le controffensive dell'Armata Rossa e il nascere della Resistenza in Italia e in Jugoslavia cominciarono a creare preoccupazione, i cosacchi furono mandati verso ovest per contrastare i partigiani. Alcuni furono schierati in Jugoslavia contro la resistenza comunista di Tito, nella primavera del 1944 (operazione Rosselsprung) e poco più tardi in Carnia, contro la Resistenza locale asserragliata sulle montagne (operazione Ataman). In estate infatti in Carnia era stata proclamata la repubblica partigiana (agosto-ottobre 1944), uno dei primi esperimenti di governo repubblicano locale dopo la dittatura fascista, repressa nel sangue dai tedeschi. Serviva una forza che potesse controllare la zona.<br />
Fu così che ai cosacchi fu garantito in caso di vittoria il possesso del territorio friulano in cambio del loro leale appoggio. Arrivarono quindi più di 25000 cosacchi con famiglie e cavalli al seguito, su treni merci e carri. Essi presero possesso del territorio, saccheggiarono quello che potevano saccheggiare, in particolare generi alimentari e utensili, e crearono dei veri e propri villaggi nei villaggi. In particolare il generale Krasnov in persona venne a stabilirsi nel piccolo centro di Verzegnis.<br />
La convivenza con la popolazione non fu ovviamente facile, ma nemmeno particolarmente cruenta, anzi, in diversi casi si arrivò a una quasi "integrazione" tra i due popoli, nonostante che i cosacchi tendessero ad appropriarsi dei beni dei friulani per i propri bisogni, in particolare per il vettovagliamento. All'inizio mancavano di tutto, quindi l'unica soluzione era rubare ciò di cui avevano bisogno alla popolazione locale. Arrivarono perfino a requisire metà delle stanze di ogni casa, assegnandole alle proprie famiglie, instaurando una strana convivenza tra occupanti e occupati. Le comunicazioni scritte per fornire le regole della convivenza erano stampate in italiano, tedesco e russo.<br />
Certo erano pur sempre forze militari durante una guerra, quindi non mancarono atti di violenza; essi vivevano come se effettivamente la terra friulana fosse diventata loro proprietà. Il loro scopo era costruire la "Kosakenland in Norditalien", la terra cosacca del Nord Italia, una nuova patria al posto di quella che ormai non avevano più. I tedeschi infatti avevano promesso, nel caso non fosse stato possibile riconquistare la loro terra, di assegnare loro altri possedimenti dove vivere. Alcuni villaggi furono ribattezzati in cosacco, e diventarono simili a quelli della steppa, le cosiddette stanitze.<br />
Dopo le difficoltà iniziali e il consolidamento, gli scontri più duri furono quelli con le forze partigiane. All'inizio i cosacchi affiancarono i tedeschi nella repressione, ma i partigiani avevano buoni rifugi in montagna e ben presto l'avanzata alleata mise fine alle speranze cosacche. La guerra era persa.<br />
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Il generale Krasnov alla fine diede l'ordine di ritirata verso l'Austria. Il popolo cosacco partì così come era arrivato pochi mesi prima, senonché stavolta non c'erano i treni: procedettero a piedi, in un lungo esodo che li vide arrivare a Lienz per arrendersi alle forze inglesi.<br />
Gli Alleati li trattennero con promesse evasive di ricollocazione in altri paesi, ma in realtà alla Conferenza di Jalta, tenutasi nel febbraio 1945 tra Churchill, Stalin e Roosevelt, era già stato stabilito nei patti che ogni singolo prigioniero russo sarebbe stato rimandato in madrepatria, anche contro la sua volontà. I cosacchi, in quanto nemici ed alleati di Hitler, erano già stati venduti.<br />
Prima furono convocati gli ufficiali, privati delle armi e consegnati ai russi. Tutti finirono condannati a morte.<br />
In seguito anche il popolo fu costretto con la violenza a salire sui treni di rimpatrio. Molti furono uccisi durante la ribellione. molti preferirono suicidarsi in massa nelle acque del fiume Drava piuttosto che finire di nuovo perseguitati dai bolscevichi. Chi tornò indietro trovò la strada spianata per la Siberia, dove finì nei gulag staliniani.<br />
Solo pochissime persone riuscirono in qualche modo a fuggire, aiutati dalle popolazioni locali, e riuscirono a rifarsi una vita emigrando in altri paesi, anche lontani: gruppi di cosacchi ancor oggi son presenti negli Usa, in Sudamerica, Israele, Canada, Australia).<br />
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<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhT9scfPb7H-_uGgK6iDGpRJTX8958W_5vSMPbu-j0SG6PoeJdDt9r7RlLUURBxnhXKZrMyEeVPF_mQqwgQ9zi4hPttbDVMYOvTCqcOyjc5UWpflCKrWDdk7sSBtn42zwT-gUsDbVX4ikg/s1600/597px-%25D0%259F%25D1%2596%25D0%25B2%25D0%25B4%25D0%25B5%25D0%25BD%25D0%25BD%25D0%25BE-%25D0%25A1%25D1%2585%25D1%2596%25D0%25B4%25D0%25BD%25D0%25B0_%25D0%2584%25D0%25B2%25D1%2580%25D0%25BE%25D0%25BF%25D0%25B0_1684.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="321" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhT9scfPb7H-_uGgK6iDGpRJTX8958W_5vSMPbu-j0SG6PoeJdDt9r7RlLUURBxnhXKZrMyEeVPF_mQqwgQ9zi4hPttbDVMYOvTCqcOyjc5UWpflCKrWDdk7sSBtn42zwT-gUsDbVX4ikg/s400/597px-%25D0%259F%25D1%2596%25D0%25B2%25D0%25B4%25D0%25B5%25D0%25BD%25D0%25BD%25D0%25BE-%25D0%25A1%25D1%2585%25D1%2596%25D0%25B4%25D0%25BD%25D0%25B0_%25D0%2584%25D0%25B2%25D1%2580%25D0%25BE%25D0%25BF%25D0%25B0_1684.jpg" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: xx-small;">Tartaria d'Europa - cartina - Di Giacomo Cantelli - www.kolkhiberi.net Transferred from uk.wikipedia;<br /> transferred to Commons by User:Geagea using CommonsHelper.,<br /> Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=18864712</span></td></tr>
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Solo con la fine del regime comunista e le aperture di Gorbaciov è iniziata in parte la riabilitazione dei cosacchi, con la ritrovata possibilità di riunirsi in circoli e associazioni ed eleggere i propri ataman come un tempo. Nel 1992 Boris Eltsin emanò una legge a parziale risarcimento che consegnava loro le vecchie terre. Al momento, sotto Putin, hanno ottenuto in parte anche l'antica dignità militare con la rinaascita della Guardia Nazionale Cosacca.<br />
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Quanto al Friuli, la memoria di quanto accaduto resta solo nelle persone più anziane. Per questo è bene non dimenticare del tutto questo strano esperimento della storia, in una regione che è sempre stata terra di confine tra la realtà europea, mediterranea e orientale e che ha visto come alla finestra prima crogioli di popoli andare d'accordo sotto l'egida dell'impero austroungarico, poi il conflitto etnico feroce della vicina terra slava.<br />
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<u>Link correlati</u>:<br />
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- Un romanzo storico che apre gli occhi su questa vicenda è <a href="https://www.ibs.it/armata-dei-fiumi-perduti-libro-carlo-sgorlon/e/9788804649755" target="_blank">"L'armata dei fiumi perduti" di Carlo Sgorlon</a>. Premio Strega nel 1985, narra proprio la storia di Marta e dei suoi compaesani alle prese con l'invasione cosacca.<br />
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- Un sito che riporta moltissimi documenti, fonti e una ottima bibliografia sull'argomento è <a href="http://www.carnialibera1944.it/" target="_blank">Carnia Libera 1944</a>, una vera miniera per approfondire l'argomento. In particolare ottimo <a href="http://www.carnialibera1944.it/documenti/occupazionecosacca.htm" target="_blank">articolo questo di Pieri Stefanutti.</a><br />
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- Su Repubblica.it, nello speciale di avvicinamento al 25 aprile, è stato postato un <a href="http://video.repubblica.it/dossier/partigiani-vite-di-resistenza-e-liberta/giovanni-marzona-a-me-staffetta-partigiana-dissero-se-ti-catturano-ucciditi/271646/272146?video&ref=RHPF-BH-I0-C12-P9-S1.4-T1" target="_blank">video di un partigiano</a> che racconta la lotta contro i tedeschi e i cosacchi in Carnia.<br />
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<br />Novella Semplicihttp://www.blogger.com/profile/06040942347279454097noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4924349897476036875.post-84031083632997051692016-12-13T18:19:00.002+01:002021-04-25T16:24:29.226+02:00Letture: Storia della Resistenza in Italia di Santo Peli<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgERF7OvR0eYxVBx9p5xNZutiYuwUaRva8M7QcVm-5LdWuhPKRJ_nHvKr0YPWZsljV59K5Rodn6Ur2w7zEDKcJ-FywK4W4nIccgIwo7XeSkOD5gBvc5-NoziohsnjkvGyWFN5D9v4K2ubo/s1600/santo+peli.jpg" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgERF7OvR0eYxVBx9p5xNZutiYuwUaRva8M7QcVm-5LdWuhPKRJ_nHvKr0YPWZsljV59K5Rodn6Ur2w7zEDKcJ-FywK4W4nIccgIwo7XeSkOD5gBvc5-NoziohsnjkvGyWFN5D9v4K2ubo/s400/santo+peli.jpg" width="243" /></a></div>
<table style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: none; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial; color: black; font-family: sans-serif; font-size: 13.3px; margin-bottom: 0.5em; padding: 0px; width: auto;"><tbody>
<tr><td style="border: none; padding: 0px 1.2em 0px 2.4em;">« Abbiamo combattuto assieme per riconquistare la libertà per tutti: per chi c'era, per chi non c'era e anche per chi era contro... »</td></tr>
<tr><td style="border: none; padding: 0px 1.2em 0px 2.4em;">(<small>Arrigo Boldrini<span style="font-size: 11.2px; white-space: nowrap;">, nome di battaglia Bulow, partigiano e politico ravennate)</span></small></td></tr>
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Quello di cui vi parlo oggi è un libro di circa 200 pagine, che si legge abbastanza velocemente, e risulta essere un interessante compendio della Resistenza italiana. L'autore, Santo Peli, è uno degli storici più in gamba sull'argomento e in questo testo analizza non tanto date e fatti quanto l'ideologia da cui scaturì il movimento partigiano (o meglio, come alcune frange preferivano essere definite, dei "volontari della libertà" o dei "patrioti", avendo dapprima il termine partigiano una sfumatura lievemente negativa e che ad oggi invece non viene quasi più notata).<br />
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La storia della Resistenza ovviamente nasce con il crollo del governo Mussolini e l'armistizio di Cassibile, con cui Badoglio si arrese agli Alleati. Dopo l'8 settembre del 1943 ogni governo centrale in Italia scompare.<div>I fascisti si riorganizzarono nella Repubblica di Salò più per volere e con l'aiuto di Hitler che per forze e interessi propri: ai tedeschi serviva uno straccio di governo fedele al Führer, per fingere di non essere gli occupanti effettivi della nazione italiana. Il governo Badoglio e il re, messi in crisi dalla rivelazione dell'armistizio (in realtà una resa incondizionata) da parte degli americani, autorizzata da Eisenhower vista l'esitazione da parte italiana, preferirono fuggire subito in esilio al Sud, lasciando Roma nel caos e esiliandosi a Brindisi.<br />
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L'annuncio di Badoglio implicò il cessate il fuoco nei confronti degli alleati ma anche l'autorizzazione a rispondere agli attacchi di ogni altra natura. In pratica però molte truppe italiane erano mischiate con quelle tedesche, molti soldati e ufficiali furono immediatamente fatti prigionieri dall'esercito di Hitler. Erano danni di guerra calcolati.<br />
Testimonianza personale: mio nonno, facente parte del reparto Sanità in Grecia, assieme ad un suo compagno, erano acquartierati al seguito di una divisione tedesca con cui avevano condiviso il cammino. Quando ci fu notizia dell'armistizio, il comandante tedesco salvò loro la vita: fece loro cenno di andare e si coprì gli occhi come a dire: non vi ho visti. Dopo diverse traversie rientrarono in patria a piedi, risalendo tutta la Jugoslavia. Mio nonno lo ricordava, mentre si allontanavano, scuro in volto, preoccupato. Non l'ha più rivisto, e uno dei desideri che esprimeva era sapere che fine avesse fatto, se si fosse salvato...<br />
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Tornando in Italia, con la fine del fascismo (non avendo infatti la Repubblica di Salò avuto presa sulla gran parte della popolazione italiana), gli antifascisti che fino a quel momento erano stati clandestini, o incarcerati, o in esilio, piano piano rialzarono la testa. L'unica caratteristica comune che tutte le forze impegnate nella Resistenza avevano era l'antifascismo.<br />
Iniziarono quindi a verificarsi i primi scontri con l'esercito tedesco, all'inizio dovuti soprattutto a piccole formazioni con a capo ufficiali e soldati monarchici, più o meno esperti di guerra, che odiavano i fascisti e i tedeschi e volevano riportare l'Italia alla libertà ma pur sempre sotto l'egida della monarchia. Ma già pochi giorni dopo l'armistizio, a Roma, ad opera di personaggi usciti dalla clandestinità dai nomi importanti e appartenenti ai diversi partiti antifascisti clandestini (Pietro Nenni, Giorgio Amendola, Ugo La Malfa, Alcide De Gasperi, Meuccio Ruini e Alessandro Casati) nacque il Comitato di Liberazione Nazionale o CLN, e lo stesso Nenni poi contribuì a far sorgere sempre a pochi giorni di distanza, stavolta a Milano, il CLNAI, Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia, che avrebbe poi assunto al guida della Resistenza al Nord e di cui fu uno dei membri più importanti Ferruccio Parri.<br />
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Pian piano in tutta l'Italia occupata dai tedeschi nacquero gruppi paramilitari che si associarono al CLN o al CLNAI. Di solito erano composti da poche persone, male armate, in cui spesso solo il capo era un politico o un soldato d'esperienza. Come sottolinea Peli, non è realistico pensare che tutti fossero mossi da ideali politici; molti si arruolavano per evitare la leva militare (ci fu una nuova chiamata alle armi da parte della Repubblica di Salò e quindi dei tedeschi), oppure per una rivalsa contro il fascismo, che con la sua propaganda aveva convinto inizialmente molti, i quali si risvegliarono bruscamente ancora più poveri; a volte erano membri delle bande partigiane reduci della campagna di Russia (portatori di un odio enorme verso il regime mussoliniano e che il regime stesso considerava molto pericolosi); in alcuni casi furono d'aiuto anche ex prigionieri tedeschi o russi, nonché membri delle resistenze francesi e jugoslave.</div><div><br />
Inizialmente le varie bande erano completamente slegate tra loro e non avevano raffinate tecniche di combattimento. L'attività veniva svolta tra gravi pericoli, e nella prima fase sopravvissero unicamente quelle brigate i cui capi erano più esperti militarmente e soprattutto quelle che svolgevano azioni di guerriglia, mordi e fuggi, piuttosto che scontri in campo aperto, dove l'esercito regolare tedesco era superiore. </div><div>Si crearono vari gruppi, ognuno con ispirazioni diverse: dalle Brigate Garibaldi di Luigi Longo e Pietro Secchia, di ispirazione comunista, alle Fiamme Verdi cattoliche della Val d'Ossola, alle Brigate Osoppo del Nordest, anch'esse di ispirazione liberale, cattolica e socialista, fino al gruppo Giustizia e Libertà del Partito d'Azione di Parri. Esistevano anche frange resistenti di ispirazione anarchica. </div><div>Questi gruppi erano attivi soprattutto in montagna, mentre nelle grandi città si erano costituiti i GAP e i SAP (rispettivamente Gruppi e Squadre di Azione Patriottica), gli uni spesso comandati da ex militanti della guerra spagnola e pertanto a regolamento militare, le altre attive nelle fabbriche, per favorire l'insurrezione operaia. </div><div>La regione italiana in cui le brigate partigiane erano più numerose e meglio organizzate fu senza dubbio alcuno il Piemonte.</div><div>Alla Resistenza parteciparono, anche se sempre subordinate a comando maschile, circa 35000 donne. La loro presenza fu importante dal punto di vista logistico più che militare, e spesso nel primo dopoguerra le brigate più filomilitari tesero a diminuirne il ruolo nella narrazione (come se fosse vergognoso e sminuente per i combattenti aver avuto aiuto femminile) e solo ultimamente stanno emergendo sempre maggiori studi volti ad analizzare il ruolo della donna in questa fase della storia italiana.<br />
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Arrivò poi la crisi tra 1943 e 1944: dopo l'iniziale entusiasmo e inutili tentativi di essere riconosciuti ufficialmente dagli Alleati, le numerose perdite e le feroci rappresaglie (che coinvolgevano i civili, come da piano Kesselring, che mirava a sottrarre ai partigiani l'appoggio della popolazione: ricordiamo, anche se non ce ne sarebbe bisogno, le Fosse Ardeatine, Sant'Anna di Stazzema, Marzabotto e altre stragi "minori", tutte realizzate con il pretesto della lotta alle squadre partigiane) tutti questi fattori causarono una diminuzione delle forze volontarie: i più deboli, i meno convinti iniziarono a dubitare dell'utilità della lotta armata e si sganciarono.<br />
In particolare, iniziavano i primi contrasti interni tra moderati e radicali: le brigate comuniste, in special modo quelle del Nordest, che vedevano di buon occhio la Resistenza jugoslava di Tito e che miravano ad unirsi a loro, aspiravano ad organizzarsi in un esercito permanente che avrebbe poi in seguito potuto favorire l'insurrezione proletaria di stampo marxista. Probabilmente questa era solo un'illusione, perché a parte i forti scioperi del marzo 1943 e del 1944, la cui adesione fu dettata anche dalle pessime condizioni economiche più che da ideologia, il grosso del popolo italiano non aveva spinte veramente marxiste su cui poter far leva.<br />
Questa prospettiva però preoccupava lo stesso moltissimo il governo monarchico del Sud, con a capo Bonomi, nonché le forze alleate britanniche e americane, che proprio per questo ritardarono a riconoscere ufficialmente la Resistenza come partner di lotta e lo fecero dopo aver avuto precisa garanzia della loro immediata capitolazione, al momento della liberazione, nei confronti del governo ufficiale. </div><div>A questo proposito, il comandante in capo americano Alexander diramò un messaggio alle forze della Resistenza chiedendo loro di attendere novità durante l'inverno, rispondendo ai timori provenienti dai monarchici. Questo messaggio attendista contribuì a scoraggiare non poco il morale dei partigiani, anche se non voleva averne l'intenzione. Nell'inverno quindi si realizzò quasi dappertutto la "pianurizzazione" e il "mascheramento": in montagna restavano piccoli gruppi mentre il grosso delle forze tornava in pianura, dove poteva resistere meglio alle privazioni e iniziare a svolgere attività nelle campagne.<br />
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Durante la primavera e l'estate del 1944 ci fu una nuova offensiva partigiana che ottenne alcuni brevi successi, con la creazione di quattro Repubbliche autonome (Montefiorino, Ossola, Carnia e Alto Monferrato) che però ben presto terminò a causa della tremenda repressione tedesca, che fece molte vittime e molti sfollati. Furono comunque i primi tentativi di governo post fascista, per quanto brevi, e tutti di stampo repubblicano.<br /><br /></div><div>
Al ritorno di Togliatti in Italia e dopo la "svolta di Salerno" in cui invitava a mettere da parte eventuali contrarietà politiche nell'interesse del Paese, la cui definizione doveva essere rimandata al dopoguerra, ci fu uno spiraglio di apertura. </div><div>Alla fine, il 7 dicembre del 1944, con i "Protocolli di Roma" le trattative tra il CLNAI e gli Alleati arrivarono a una conclusione comune. Il CNLAI avrebbe rappresentato il governo legittimo al Nord, nelle regioni ancora occupate o liberate di recente, e veniva istituito il Corpo Volontari per la Libertà (CVL), che ne era il braccio armato. Capo era il famosissimo generale monarchico, gradito al re e ben noto alla storia italiana, Raffaele Cadorna. Membri autorevoli furono Sandro Pertini ed Enrico Mattei, mentre il comando pratico rimase nelle mani di Luigi Longo e Ferruccio Parri.<br />
Gli Alleati cominciarono così a rifornire attivamente di armi e equipaggiamenti la Resistenza italiana, che in cambio però firmò la resa totale e la restituzione delle armi a liberazione avvenuta a favore del governo ufficiale, accantonando così le velleità rivoluzionarie, e causando qualche forte malumore in molti membri comunisti, e anche a un socialista come Pertini all'inizio l'accordo non andò per niente giù. Ma fu l'unico modo per sbloccare la situazione, visto che per gli anglo-britannici la conquista del Nord senza la Resistenza sarebbe stata molto più lunga e difficile, e che la Resistenza non era in condizioni di trattare alla pari, non avendo essa soprattutto armamenti adeguati con cui attaccare l'esercito tedesco.<br />
La storia prosegue come molti di noi sapranno: le insurrezioni iniziali nelle città del Sud a favore dell'avanzata americana, la liberazione di Roma (unica città che attese gli Alleati senza insorgere), la lotta di Firenze e alla fine l'insurrezione di Milano, il 25 aprile 1945, la cui data ancora oggi viene festeggiata come Festa della Liberazione, anche se la liberazione effettiva e totale si realizzò nei primi dieci giorni del mese di maggio.</div><div>
Il 28 aprile Mussolini, che tentava di fuggire in Svizzera, e fu scoperto, fu fucilato insieme a Claretta Petacci e a diversi gerarchi fascisti. I tedeschi invece ebbero il permesso di passare il confine e abbandonarono l'ex alleato. </div><div>Le forze partigiane deposero le armi quasi per intero, e l'incarico di governo finì nelle mani di Ferruccio Parti per pochi mesi, quando iniziò il periodo di governo della Dc con De Gasperi.<br />
Da segnalare alcune tristi deviazioni a parte di squadre partigiane, in particolare uccisioni sommarie di fascisti ma anche qualche eccidio ancora meno giustificato, come quello di Porzus, in cui pare che una squadra comunista appartenente ai GAP abbia ammazzato gli ex alleati della Brigata Osoppo accusandoli di tradimento (ma è questione ancora controversa, dato che alcuni parlano di infiltrazioni slave e forse addirittura americane, volte a screditare il partito comunista; quel che è certo è che il massacro ci fu e le cause non risultano ancora chiare. Il processo ha stabilito la condanna degli imputati ma non il reato di tradimento).<br />
Le epurazione politiche invece in proporzione alla durata e alla violenza della dittatura furono molto poche. Alcuni alti gerarchi come il generale Graziani, il generale Junio Valerio Borghese (quello del futuro golpe) e altri non subirono nessuna conseguenza per la loro passata militanza, pur non essendosi mai pentiti. Anche perché nel dopoguerra ci furono ben tre amnistie per i reati politici precedenti, con lo scopo di pacificare la nazione.<br />
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Peli inoltre spiega come anche la resistenza passiva da parte dei soldati internati in Germania e quella silenziosa dei renitenti alla leva abbia contribuito alla sconfitta tedesca, sottolineando come spesso negli ufficiali il rifiuto di collaborazione con il nemico fosse spesso dovuto a orgoglio di corpo più che a ideali politici, e soprattutto al subentrato odio per il fascismo, intervenuto dopo la disillusione, l'amara scoperta della falsità della propaganda di regime. Questa pare essere anche la motivazione basilare della Resistenza: una sorta di riscatto civile per aver creduto alle bugie di una ideologia che aveva portato il Paese alla rovina.</div><div><br /></div><div><br /></div><div>
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiwe-2mdwv27I0D5dRiqy7YHi6VeUVF963-f-GfpFX5xQP0sWrOlcwIAnaqAnDui0qtfbAH2giRafeRlV5qHDe9kdBD5cP7Xly_pm5ZJYBqYPXSJaTESptBVwAF9j6_Tq0WNms4_M81JI0/s1600/300px-Borgo_san_lorenzo%252C_palazzo_del_podest%25C3%25A0%252C_lapide_resistenza%252C_1954.jpg" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiwe-2mdwv27I0D5dRiqy7YHi6VeUVF963-f-GfpFX5xQP0sWrOlcwIAnaqAnDui0qtfbAH2giRafeRlV5qHDe9kdBD5cP7Xly_pm5ZJYBqYPXSJaTESptBVwAF9j6_Tq0WNms4_M81JI0/s400/300px-Borgo_san_lorenzo%252C_palazzo_del_podest%25C3%25A0%252C_lapide_resistenza%252C_1954.jpg" width="250" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: xx-small;">Piero Calamandrei - Di Sailko - Opera propria, CC BY 3.0, <br />https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=37832469</span></td></tr>
</tbody></table>
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<br /><br /></div><div>In conclusione, Peli racconta come la guerra di liberazione abbia portato, pur con alcune storture, un cambiamento epocale in Italia; come lui stesso scrive, se non ci fosse stata la Resistenza (seconda in Europa solo a quella jugoslava, a cui però non è paragonabile per la diversa origine, per la diversa conformazione del territorio e soprattutto per le diversità politiche), oggi forse avremmo ancora una monarchia e soprattutto non avremmo avuto la Costituzione italiana, il cui sistema di contrappesi nacque proprio per evitare il ripetersi di dominazioni tiranniche e che, per quanto possa essere aggiornabile dal punto di vista tecnico-politico, rimane una delle carte più all'avanguardia per quanto riguarda i principi fondamentali e i diritti economico-sociali.</div><div>
Essa uscì da un compromesso tra forze politiche diverse che si accordarono in nome di valori più alti, e probabilmente il compromesso avvenne perché era necessario ricostruire e unire un paese che aveva attraversato un bagno di sangue. E' triste vedere come al giorno d'oggi per problemi seri ma tutto sommato affrontabili le parti politiche in campo non riescano a trovare un modo per poter approntate leggi e riforme necessarie in spirito di collaborazione piuttosto che di rivalsa.<br />
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<u>Link correlati:</u><br />
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- Uno dei siti su cui ci si può documentare meglio sugli avvenimenti è senza dubbio quello dell'<a href="http://www.anpi.it/" target="_blank">ANPI</a>. Ci troverete anche molte notizie di politica attuale ma negli archivi c'è molto materiale interessante da studiare. Trovate l'atlante delle stragi, i principali protagonisti, l'elenco dei musei e dei siti dedicati.<br />
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- Le opere sulla Resistenza e sulla seconda guerra mondiale sono innumerevoli. Si va dal "<a href="https://www.ibs.it/partigiano-johnny-libro-beppe-fenoglio/e/9788806174668" target="_blank">Partigiano Johnny</a>" di Beppe Fenoglio (da cui è stato tratto<a href="http://guidochiesa.net/video/" target="_blank"> l'omonimo film di Guido Chiesa</a>) al capolavoro di Rossellini <a href="https://www.youtube.com/watch?v=nV5O0RL3yME" target="_blank">"Roma città aperta"</a>. Ma un film particolare che illustra bene la commedia nella tragedia, tipicamente italiana, è il film <a href="http://www.dailymotion.com/video/x3y65cg" target="_blank">"Tutti a casa"</a>, di Luigi Comencini, uno dei suoi film più belli, con uno splendido Alberto Sordi e tra gli altri interpreti Eduardo de Filippo. E' inserito nei 100 film italiani da salvare.</div>Novella Semplicihttp://www.blogger.com/profile/06040942347279454097noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4924349897476036875.post-80838281751280954302016-10-22T20:02:00.000+02:002016-10-22T23:11:53.394+02:00Il genocidio armeno (1915-1923)<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhZjT7H56wCvSPPtIwGggFdKU8WSUDb3yY9MSV2NQNVJNkMSjMBtmt8vxsgAFJx2-2ykUL8w4txf8uTOwLuZRc7V_K7013S19ObJ1Lizn0LD1ilJoZZURRbFa2LEZzLot32zRaxJoCKCu8/s1600/640px-Marcharmenians.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="252" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhZjT7H56wCvSPPtIwGggFdKU8WSUDb3yY9MSV2NQNVJNkMSjMBtmt8vxsgAFJx2-2ykUL8w4txf8uTOwLuZRc7V_K7013S19ObJ1Lizn0LD1ilJoZZURRbFa2LEZzLot32zRaxJoCKCu8/s400/640px-Marcharmenians.jpg" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: xx-small;">Published by the American red cross, it was first published in the United States prior to January 1, 1923. <br />[Aus: Politisches Archiv des deutschen Auswärtigen Amtes. Bestand: Konstantinopel 169.], </span><br />
<span style="font-size: xx-small;">Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=2902685</span></td></tr>
</tbody></table>
Ancora oggi, a un secolo di distanza, sentiamo discutere del cosiddetto genocidio armeno, quasi sempre con toni aspri, in quanto l'Europa cristiana riconosce dietro i fatti accaduti durante la prima guerra mondiale in Anatolia un disegno di sterminio pari a quello poi messo in atto contro gli ebrei dal nazismo, mentre la Turchia nega recisamente da sempre di poter dare carattere di sistematicità alla repressione e parla di semplici operazioni dovute alla guerra, volte a reprimere ribellioni o prevenire tradimenti da parte della popolazione armena, senza alcuna volontà di sterminio. La vicenda è ancora dibattuta, anche tra gli storici, ed è uno dei motivi che viene accampato per negare l'ingresso della Turchia nell'Unione Europea.<br />
<div>
Cerchiamo quindi i capire meglio cosa accadde tra il 1915 e il 1916, durante il primo conflitto mondiale, che abbiamo studiato sui libri di scuola quasi totalmente da prospettiva europea e quasi mai dal punto di vista orientale.</div>
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<a name='more'></a>Anche in passato all'interno dell'Impero Ottomano c'erano state violente rappresaglie contro alcune minoranze etniche, giustificate quasi sempre con la repressione di rivolte. Di questi massacri, l'ultimo dei quali risalente a fine Ottocento, in Europa arrivava ben poca eco. Limpero ottomano era sempre stato noto per aver lasciato libertà religiosa ai popoli sottomessi, ma nessuna pietà era prevista nel caso si sospettassero mire politiche.<br />
A inizio Novecento l'impero era in crisi, e riusciva a malapena a tenere unite le vaste regioni che possedeva. A fine XIX secolo era nata una associazione di studenti, intellettuali e ufficiali, ispirata alla Giovine Italia di Mazzini, che adottò il nome di Comitato dell'Unione e Progresso e che finì poi per essere denominata popolarmente "Giovani Turchi", in contrapposizione coi "Vecchi Turchi", gli attuali governanti, che erano a loro parere la rovina del paese e che avrebbero dovuto farsi da parte, consentendo un governo costituzionale.<br />
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Il sultano Abdul Hamid II cominciò a perseguire i membri della società segreta, ma nel 1908, grazie soprattutto all'appoggio militare degli ufficiali coinvolti, i Giovani Turchi marciarono su Istanbul e costrinse il sultano a tornare alla Costituzione concessa nel 1876 e a notevoli modifiche dello Stato. Il sultano fu poi deposto l'anno dopo, dopo un periodo di grave debolezza in cui i possedimenti balcanici iniziarono a reclamare la propria indipendenza (guerre di indipendenza balcaniche), e fu sostituito dal fratello Maometto V.<br />
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Il nuovo regime tentò di modernizzare l'apparato statale, ma questo comportò un accentramento notevole di poteri che urtò violentemente con le morbide abitudini precedenti, e questo proprio nel periodo in cui si facevano più forti le spinte indipendentistiche dei singoli popoli, specie nel continente europeo.<br />
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L'impero era un alleato economico importante per la Germania, che aveva in esso un ponte commerciale verso l'Oriente. All'inizio della Grande Guerra tentò di mantenersi neutrale, ma controversie marittime con la Gran Bretagna e l'aiuto della Germania, che donò appositamente due navi contro le prepotenze britanniche, finirono per coinvolgere nella guerra anche il fronte ottomano, che ovviamente scese in campo a fianco dello stato teutonico e dell'impero austro-ungarico.<br />
La Grande Guerra come noto finirà nel 1918 con la completa dissoluzione dei due imperi e con la perdita di qualsiasi influenza europea della Turchia.<br />
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E' proprio all'interno di questo quadro generale che va inquadrato il genocidio armeno (nonché quello greco, minore come numeri ma che ancor oggi rende poco cordiali i rapporti fra Turchia e Grecia). Gli armeni erano da secoli sudditi dell'impero, fin dall'epoca bizantina erano di religione cattolica di rito greco. Questo rendeva particolarmente complessa la loro posizione, perché era diffusa la credenza che potessero appoggiare i russi, nemici in guerra, e fare loro da spia. La convinzione era ancora più diffusa in quanto molti armeni disertavano la chiamata alle armi (ma a quanto pare lo stesso avvenne anche tra la popolazione di origine turca). Insomma, si temeva che potessero favorire il nemico. Effettivamente pare che armeni ottomani disertori fossero stati reclutati da armeni russi e che la città di Van fosse stata conquistata da queste truppe miste e poi consegnata alla Russia.<br />
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Da qui ovviamente si dipanano due versioni diverse dell'accaduto. Quella ufficiale turca parla di spie, diserzioni, rivolte che dovettero essere sedate e che quindi misero la pulce nell'orecchio al comando, che intese allontanare gli armeni, specie quelli più in odore di collaborazionismo (leggi: gli intellettuali). Quella armena (e di conseguenza europea) parla invece di una adesione dei Giovani Turchi alle nascenti ideologie nazionaliste, per cui si sarebbe sacrificata la nazione armena al progetto ideale di una Grande Turchia composta da popolazione esclusivamente turca e di religione islamica.<br />
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Fatto sta che tra il 23 e il 24 aprile del 1915 iniziò quello che in lingua armena viene definito il Grande Crimine, che perdurò con varie tempistiche fino al 1923: a Istanbul e poi in tutta l'Anatolia furono uccisi o deportati in massa migliaia di armeni, nelle famose marce della morte. Ufficialmente le carte parlavano infatti solo di deportazione: gli armeni dovevano abbandonare tutti i loro beni (acquisiti e redistribuiti tra gente turca) e camminare per chilometri e chilometri verso l'interno. Se non morivano lungo la strada per la fame, le malattie o per mano dei soldati, venivano abbandonati in luoghi solitari, senza alcuna assistenza. e la loro sorte era pressoché segnata. In questo modo morirono circa un milione e duecentomila armeni (fonti armene parlano di più di due milioni, fonti turche minimizzano; diciamo che una cifra corretta dovrebbe aggirarsi tra un milione e duecento e un milione e cinquecento).<br />
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Il principale teorizzatore e autore della deportazione armena fu Talat Pascià, ma pare che non fosse estraneo alla programmazione delle "marce della morte" il colonnello prussiano Bronsart von Schellendorf, in forza al governo ottomano come capo di stato maggiore in virtù dell'alleanza con la Germania, che fu braccio destro del ministro della guerra Enver e fu anche insignito del titolo di Pascià. In effetti all'epoca l'ideologia nazionalista si stava diffondendo in Europa e perfino in Usa, assieme alla convinzione dell'infallibilità della scienza, che portò poi agli esperimenti scientifici eugenetici, nazisti e non, di cui ho scritto commentando <a href="http://piccolicennistorici.blogspot.com/2016/03/letture-ausmerzen-vite-indegne-di.html" target="_blank">qui nel blog il testo "Ausmerzen" di Marco Paolini</a>. Insomma, un'epoca di delirio collettivo.<br />
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Molti storici hanno quindi definito quello armeno il primo vero genocidio della storia, inteso come sistematico sterminio a fini nazionalistici e di razza, e lo uniscono idealmente al secondo e ancora più terribile genocidio ebreo commesso dai nazisti. I paralleli effettivamente ci sono. Gli storici negazionisti invece ribattono sottolineando semplicemente che si trattava di una deportazione, per quanto brutale, atta solo ad allontanare i presunti traditori armeni dallo scenario della guerra.<br />
Dopo l'armistizio, alcuni alti ufficiali turchi furono citati in giudizio dai britannici per il crimine contro gli armeni, ma non essendoci prove documentali furono tutti rilasciati.<br />
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Al momento 29 paesi, quasi tutti europei, hanno riconosciuto quello armeno come genocidio, In particolare la Francia ha approvato una legge che dichiara reato negare il genocidio (i francesi furono i principali alleati degli armeni in Europa e contribuirono a salvare e accogliere diversi esuli della diaspora che seguì le persecuzioni).<br />
In Turchia invece è ancora reato parlare di genocidio e diversi personaggi in vista (giornalisti, registi, scrittori) hanno subito un processo o sono stati minacciati di morte da ultranazionalisti. A volte le minacce si sono avverate: il giornalista turco di origine armena Hrant Dink fu assassinato nel 2007.<br />
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La stessa Santa Sede ha più volte ribadito, anche di recente con papa Francesco, il carattere di genocidio (a carattere etnico-religioso, volto a islamizzare la popolazione dei territori) della repressione attuata contro gli armeni.<br />
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La Turchia ha sempre reagito a queste accuse negando e interrompendo i rapporti con i paesi interessati, richiamando gli ambasciatori. L'attuale premier Erdogan ha ufficialmente proposto di creare una commissione apposita di storici a cui dare accesso agli atti del governo dell'epoca, ma questa disponibilità è stata per adesso ritenuta insufficiente da Usa, Europa e dal moderno stato armeno, con cui i rapporti sono pressoché inesistenti.<br />
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La delicata situazione attuale della Siria, alle prese con una guerra durissima; la presenza del recente Stato Islamico o Daesh, il ruolo determinante della minoranza curda, invisa ai turchi ma necessaria nella lotta contro l'estremismo; gli interessi americani e russi; tutti questi elementi fanno sì che ancora adesso la questione armena sia vista in modo strumentale e non abbia trovato ancora pacificazione. Nessun dubbio che il fatto storico sia accaduto. Ma le motivazioni addotte a giustificazione sono ancora totalmente declinate secondo l'ideologia e non secondo lo spirito di verità.<br />
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<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgL25NVb0Mr7a9EUAvY35g72CxhpvABeUDjyM6fl-7thdzvprGUNyaNkg1selqPatri-Wu5yxWjm0_Rop3vNmYBXg4tJVbzadw4NdKcVPD0xeOcFvs4zTOqEiV9_rUWR4qRIMFCtGFbmzM/s1600/480px-Memoriale_genocidio_armeno_yerevan.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgL25NVb0Mr7a9EUAvY35g72CxhpvABeUDjyM6fl-7thdzvprGUNyaNkg1selqPatri-Wu5yxWjm0_Rop3vNmYBXg4tJVbzadw4NdKcVPD0xeOcFvs4zTOqEiV9_rUWR4qRIMFCtGFbmzM/s400/480px-Memoriale_genocidio_armeno_yerevan.jpg" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: xx-small;">Memoriale genocidio armeno a Yerevan di Armen Gurekian - Opera propria, <br />CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=32004684</span></td></tr>
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Link correlati:<br />
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- Il testo che mi ha avvicinato al tema del genocidio armeno è un romanzo scritto nel 1933: <a href="http://www.ibs.it/code/9788863801743/werfel-franz/quaranta-giorni-del.html" target="_blank">I quaranta giorni del Mussa Dagh di Franz Werfe</a>l. Werfel era un ebreo boemo e volle raccontare il genocidio armeno prendendo spunto da un evento realmente accaduto: la resistenza armata da parte di alcuni villaggi armeni sulla montagna del Mussa Dagh, vicino al mare: cinquemila persone si rifugiarono tra i monti dando filo da torcere ai soldati turchi, riuscendo a sconfiggerli più volte grazie alla montagna impervia che era divenuta una trincea di difesa. Quasi tutti furono salvati da un incrociatore francese di passaggio e furono portati in Egitto. La storia di Werfel è fiction, ed essendo un libro datato non è nemmeno particolarmente brillante nel modo di raccontare. Però se vi interessa l'argomento può essere una buona lettura. Ovviamente Werfel sta dalla parte degli armeni, e il suo libro fu profetico. Disse infatti: tra poco toccherà a noi. E di lì a poco dovette emigrare in Usa per evitare la persecuzione nazista.<br />
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- Esiste una documentazione fotografica della deportazione armena: la realizzò Armin T. Wegner, avvocato, fotografo, poeta, sostenitore dei diritti civili di armeni ed ebrei, nonché testimone oculare. La potete consultare sul sito dell'<a href="http://www.armenian-genocide.org/photo_wegner.html" target="_blank">ANI, Armenian National Institut</a>, con sede a Washington.<br />
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Novella Semplicihttp://www.blogger.com/profile/06040942347279454097noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-4924349897476036875.post-41229141878781634762016-10-16T18:24:00.000+02:002016-12-13T21:22:21.962+01:00Maria Antonietta di Asburgo-Lorena (2 novembre 1755-16 ottobre 1793)<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhoKgQudnQkGuzA1Neam9R-EuSWY0Eh73Vd1gDS5bbapT9huvQMeB3CQbMrIVstbvxUw4yQJFdD5xkCAyVJLEoqYizcsV-2sPmh09OpHH7SbzXvp7Iqa85RevZJKMpKraxic1p3WWTeXYk/s1600/333px-MarieAntoinette1769-70+%25281%2529.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhoKgQudnQkGuzA1Neam9R-EuSWY0Eh73Vd1gDS5bbapT9huvQMeB3CQbMrIVstbvxUw4yQJFdD5xkCAyVJLEoqYizcsV-2sPmh09OpHH7SbzXvp7Iqa85RevZJKMpKraxic1p3WWTeXYk/s400/333px-MarieAntoinette1769-70+%25281%2529.jpg" width="277" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: xx-small;">By Franz Xaver Wagenschön - [1], Public Domain,<br />https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=120582</span></td></tr>
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Maria Antonia Josepha Johanna von Habsburg-Lothringen è una delle figure più conosciute e allo stesso tempo meno comprese della storia.<br />
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Quindicesima e penultima figlia della grande imperatrice Maria Teresa d'Austria (prima e unica donna ad ereditare il comando dell'impero asburgico, anche se formalmente risultava come consorte) e dell'imperatore Francesco Stefano di Lorena, fu tra i tredici figli che sopravvissero all'infanzia. Da piccola contrasse il vaiolo in forma lieve, fatto che le permise di risultare immune da una delle più gravi malattie dell'epoca. La madre era direttamente impegnata nel governo del paese e mentre riuscì a seguire l'educazione dei primogeniti più da vicino, gli ultimi figli, tra cui la nostra Maria Antonia (il diminutivo le sarebbe stato affibbiato in Francia) divisero ben poco la vita con lei. La futura regina di Francia crebbe con una istitutrice che le diede affetto di madre e le consentì di vivere serenamente, senza troppi vincoli di etichetta, e studiando ben poco. Le sue maniere erano educate ma vivaci, era fornita di buona intelligenza ma non era incline allo studio, suonava bene ed era famosa per la sua grazia e per la sua abilità soprattutto nella danza. Se fosse nata ai giorni nostri, forse sarebbe una prima ballerina.</div>
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Maria Teresa, dopo la morte del marito nel 1765, divenne sempre più esigente coi figli minori, che da piccoli erano stati lasciati liberi di crescere senza troppe preoccupazioni. Finì per essere sì amata ma soprattutto temuta dalla figlia. Ben presto iniziò una politica di alleanze matrimoniali a cui sacrificò letteralmente le ultime tre figlie. Maria Amalia e Maria Carolina si sposarono con il duca di Parma e con il Re delle Due Sicilie.</div>
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Maria Antonia divenne lei stessa pedina di scambio di un progetto ambizioso: legare a sé la Francia, che era sempre stata acerrima nemica dell'Austria, contro le politiche di Prussia e Inghilterra. La ragazza, dotata di una notevole bellezza, dovette a spron battuto mettersi a studiare la lingua francese e fu costretta a prepararsi per vivere la sua futura vita in un ambiente del tutto differente. La ragazzina dimostrò comunque di apprendere abbastanza velocemente. Annunciato il fidanzamento nel 1769, le nozze avvennero per procura l'anno successivo. I due sposi si erano visti solo in ritratto, e i ritratti erano stati ovviamente abbelliti. </div>
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A soli 15 anni la delfina di Francia, che aveva ufficialmente assunto il nome di Marie Antoinette, partì da Vienna per non farci mai più ritorno. Il protocollo prevedeva che niente e nessuno della sua vecchia vita la seguisse. Dovette cambiarsi d'abito durante il viaggio, in una location appositamente designata, e ci si aspettava da lei che divenisse totalmente francese; mentre la madre, privatamente, le aveva raccomandato di restare tedesca. Sperava infatti che il suo ruolo le permettesse di guidare il futuro re anche nelle vicende politiche, con un occhio di riguardo al paese natale della moglie.</div>
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Ma Maria Antonietta, oltre alla giovane età, aveva anche un carattere diverso di quello della madre, che aveva governato per anni un grande impero. Da piccola era sempre stata accudita e lasciata libera, aveva potuto occuparsi solo di ciò che le piaceva, e si era potuta permettere la noncuranza e una certa dose di superficialità. Improvvisamente si trovò alle prese con persone sconosciute, di altra lingua e altra tradizione, con un'etichetta rigidissima, e con una corte che fin dall'inizio la disprezzò ("l'austriaca").</div>
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Inoltre, l'incontro con il marito fu piuttosto negativo. Abituata ad essere considerata bella, dovette rassegnarsi ad essere moglie di un ragazzo bruttino, grasso e goffo, che si interessava a molte cose ma non alle sue fattezze. Non c'era chiaramente amore o ammirazione, ma solo un matrimonio di convenienza. La prammatica della corte inoltre all'epoca era particolarmente invasiva, per cui le vicende private della coppia dovevano essere pubbliche. La corte fu presente al momento in cui entrarono nel giaciglio per la prima notte insieme, come fu presente al parto della primogenita.<br />
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Che fosse per la giovane età, per avversione, disinteresse, per blocchi psicologici dovuti all'educazione bigotta, per l'invadenza del protocollo, il futuro Luigi XVI non consumò il matrimonio per ben sette anni. Maria Antonietta fu aspramente attaccata per questo, non solo alla corte francese, ma da sua madre stessa, che le scrisse in termini molto duri e le mise alle calcagna due informatori che le riportavano le confidenze della figlia a sua insaputa. </div>
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La giovane delfina, su invito stesso del marito, che credeva di compensare le sue mancanze con le concessioni, iniziò a vivere nel lusso e nei divertimenti, dimostrando un carattere testardo e capriccioso, che ben presto le inimicò la nobiltà di corte. Famoso l'episodio che la oppose alla favorita del re, Madame Du Barry, alla quale non rivolse parola per diversi mesi, irritando particolarmente lei e di conseguenza il suocero, perché riteneva la loro relazione immorale, e alla quale alla fine fu costretta a parlare dalle lettere preoccupate e dai severi rimproveri della madre. Questa costrizione la fece diventare ancora più orgogliosa.</div>
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Nel 1774, il re Luigi XV morì a causa del vaiolo e Luigi XVI gli succedette; Maria Antonietta divenne regina all'età di 18 anni. Come ebbe a predire sua madre in una lettera, "i suoi bei giorni erano finiti".</div>
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La Regina di Francia era tenuta ad una etichetta ancora più rigida, e certi comportamenti (spese folli in vestiti, acconciature, anche in architettura dato che il marito le aveva donato il Petit Trianon, un edificio tutto per lei che aveva fatto ristrutturare in stile neoclassico) erano malvisti, e lo erano ancora di più in quanto straniera. Iniziò in quel periodo la pubblicazione di libelli satirici e infamanti sulla regina, con notizie completamente infondate, e che accrebbero pian piano l'odio anche da parte del popolo, le cui condizioni di vita stavano rapidamente peggiorando a causa delle guerre e del pessimo stato delle finanze. Veniva accusata, oltre che di sperpero, di avere molti amanti, uomini e donne, per consolarsi dell'impotenza del marito. Questi libelli ebbero una diffusione e un'influenza impensabile sul popolo e di conseguenza sul suo futuro destino durante il periodo rivoluzionario. </div>
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Alla fine, nel 1777, dopo una visita del fratello, divenuto Giuseppe II imperatore d'Austria, Maria Antonietta e Luigi XVI riuscirono con il suo aiuto a riavvicinarsi e a consumare il matrimonio. La madre e l'ambasciatore cercarono di manipolarla in molte occasioni per indurre il re a prendere posizioni favorevoli all'Austria, ma Luigi XVI non considerò mai il parere della consorte nelle decisioni politiche e anche Maria Antonietta non si trovava a suo agio in questo ruolo. Ciò nonostante, fu accusata anche di avere intenzioni filoaustriache, anche se mai una sola decisione favorevole alla sua patria fu presa durante il suo regno, a parte il versamento di una discreta somma di denaro durante un conflitto armato austro-olandese. </div>
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La pessima reputazione della regina si diffuse anche grazie all'amicizia con la contessa De Polignac, una delle poche donne a darle affetto nella corte, e che riuscì in tal modo a fare carriera e a ottenere incarichi per la sua famiglia, e che adulava e sollecitava la regina alle spese più pazze. Ella ormai preferiva vivere al Petit Trianon, fuori dalla corte, dedita ai propri lussi, e questo ovviamente favorì di nuovo gli intrighi contro di lei, che veniva accusata di una eccessiva indipendenza.</div>
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Dopo il riavvicinamento con il marito, Maria Antonietta diede alla luce quattro figli più un aborto spontaneo a gestazione avanzata nel 1783 che le causò non pochi problemi di salute. La primogenita, unica della famiglia reale a sopravvivere dopo la rivoluzione, fu Maria Teresa Carlotta, nata nel 1778, che una volta liberata, dopo la Restaurazione fu accolta in Austria dai parenti materni. Seguirono il delfino Luigi Giuseppe, nato nel 1781 e morto a soli otto anni per una tubercolosi ossea; il futuro re Luigi Carlo, nato nel 1785, dai realisti considerato Luigi XVIII ma che mai salì al trono, separato dalla madre durante la detenzione in carcere e affidato a uno dei rivoluzionari, alla fine murato vivo in una cella in cui morì per le privazioni a soli 10 anni. L'ultimogenita Sofia Elena Beatrice, nata nel 1786, morì a solo un anno di tubercolosi e non vide la fine della propria famiglia.</div>
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Con la maternità e la maturità il carattere di Maria Antonietta pian piano si smussò. La regina parve rinunciare del tutto ad essere infiltrata politica per l'Austria, cominciò a comprendere gli eccessi della propria condotta, si allontanò progressivamente dalla Polignac e si dedicò ai bambini.</div>
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Ma era ormai troppo tardi per risollevare la sua figura davanti alla vecchia nobiltà e al popolo. Nuove ondate di libelli la accusavano di aver avuto i figli da inesistenti amanti e di lesbismo.</div>
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A ciò si aggiunse il famoso affare della collana: un gioiello costosissimo che fu sottratto dalla contessa de La Motte utilizzando come tramite il cardinale De Rohan, tra l'altro inviso alla regina perché antiaustriaco, a cui fu fatto credere che l'avesse ordinato la regina stessa, mentre Maria Antonietta non sapeva niente dell'accaduto.<br />
Due gravi errori commise: quello di aver distrutto la prima lettera in cui gli si richiedeva il denaro per la collana, che lei ritenne uno sbaglio, e quello di aver preteso un giudizio pubblico, sicura di essere dalla parte della ragione. Non immaginava, la figlia di Maria Teresa, che il giudizio del popolo su di lei potesse essere tanto negativo da considerarla responsabile di qualcosa che non aveva commesso. Il parlamento assolse il cardinale De Rohan, che era stato raggirato dalla De La Motte, contro il parere della corona, che ne chiedeva la condanna per lesa maestà. La contessa fu imprigionata e marchiata a fuoco. Il cardinale fu esiliato lo stesso per ordine del re, ma la Corona continuò a essere considerata colpevole dell'accaduto e in malafede.</div>
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Da quel momento Maria Antonietta comprese che era necessario uno stile di vita ancora più sobrio.</div>
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Ma era una consapevolezza ormai inutile.</div>
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Negli ultimi anni prima della rivoluzione ella contribuì in modo più diretto al governo del paese, che stava affrontando una gravissima crisi finanziaria, dovuta anche al clima invernale che tra 1788 e 1789 causò una gravissima carestia. Ma la sua idea di assolutismo era inconciliabile con gli ideali rivoluzionari: vissuta all'ombra di Maria Teresa, che comandava da monarca perfino sui figli, non poteva ammettere nessun valore al parlamento e fino alla morte non capirà i germi di bene che potevano emergere dall'ideale democratico, che per lei restò sempre un assurdo.</div>
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Con lo scoppio della Rivoluzione nel 1789, la famiglia reale fu obbligata agli arresti domiciliari alle Tuileries. La vita della regina era diventata semplice e ritirata, dedicata solo ai figli, ma nemmeno adesso andava bene: venne considerata fredda e distante. Il re rifiutò sempre di accettare la Costituzione.</div>
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Nella notte tra il 20 e il 21 giugno 1791 avvenne l'unico tentativo di fuga che fu realizzato nella pratica, verso i Paesi Bassi a controllo austriaco, ma la famiglia reale fu riconosciuta e bloccata a Varennes. Fu il colpo di grazia. Se già la famiglia reale era considerata un pericolo per la Francia, adesso lo era ancora di più. Una fuga riuscita avrebbe significato ricompattare i monarchici, non avere più ostaggi da esibire, aiuto militare da altre nazioni. Fu deciso quindi, ancora prima del processo, che i re dovessero morire.</div>
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In quella fuga pare abbia avuto un ruolo importante il conte svedese Hans Axel von Fersen, che molte fonti, probabilmente a ragione, danno per amante della regina. Amante sui generis, nel senso che molto probabilmente fu un amore platonico o quasi. Il conte visse a lungo in Francia, conobbe la giovane principessa a un ballo e frequentò spesso la corte. Non si sposò mai, e dalle lettere scambiate tra i due pare emergere un legame molto forte. Morì nel 1810, proprio il 20 di giugno, anniversario della fuga a Varennes, linciato dalla folla, impegnato come in gioventù nel difendere gli ideali monarchici.</div>
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Dopo la fuga la famiglia reale fu condotta nel carcere della Torre del Tempio. Qui marito e moglie vissero gli ultimi momenti, se non con amore con affetto evidente. Luigi XVI fu condannato a morte e ghigliottinato il 21 gennaio 1793. Maria Antonietta rimase chiusa nella Torre assieme ai due figli e alla cognata. Poco dopo le fu sottratto il figlio maschio, con lo scopo di impedire ai monarchici di rivendicare il trono a suo nome. Uno dei pochi ferventi monarchici che non aveva lasciato il paese, il generale De Jarjayes, progettò vari tentativi di fuga, ma l'unico realizzabile per la regina prevedeva purtroppo l'abbandono dei figli e della cognata, cosa che ella rifiutò categoricamente. </div>
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Il 14 ottobre iniziò il processo per alto tradimento e incesto. L'accusa fu talmente infamante su quest'ultimo argomento che le donne del popolo presero le parti della regina e Robespierre ebbe a lamentarsi molto con l'autore dell'accusa, l'estremista Hebert, per il rischio di dare un vantaggio a quella che ormai era chiamata vedova Capeto (Luigi Capeto era il nome di Luigi XVI da privato cittadino).</div>
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Il 16 ottobre Maria Antonietta fu ghigliottinata in Place de la Revolution. Famoso lo schizzo del pittore David che la ritrae poco prima della morte, vestita di bianco, con le mani legate, i capelli tagliati in modo rozzo, ma sempre impettita e fiera.</div>
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<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhR0FBHt43wybXNQ1VRv26lc9wc_mXKN4uRs_3Q15-T3RRuwPqjGk-Yq7ya_0_DbB-IgHPQFmWHVsLPAC5TqqCaaLEox_AUYGbnsdHSDCLP3g2QNRk97RT8AK7jQYNpyAOuh_sli7ZqPfs/s1600/351px-Jacques-Louis_David_-_Marie_Antoinette_on_the_Way_to_the_Guillotine.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhR0FBHt43wybXNQ1VRv26lc9wc_mXKN4uRs_3Q15-T3RRuwPqjGk-Yq7ya_0_DbB-IgHPQFmWHVsLPAC5TqqCaaLEox_AUYGbnsdHSDCLP3g2QNRk97RT8AK7jQYNpyAOuh_sli7ZqPfs/s400/351px-Jacques-Louis_David_-_Marie_Antoinette_on_the_Way_to_the_Guillotine.jpg" width="292" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: xx-small;">By Jacques-Louis David - Unknown, Public Domain, <br />https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=3810027</span></td></tr>
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I resti suoi e del marito furono seppelliti in una fossa comune, e furono ritrovati su incarico del fratello di Luigi XVI, che era diventato re Luigi XVIII, nel 1815, e trasferiti a Saint-Denis, dove tuttora c'è il monumento funebre a loro dedicato.</div>
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<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhP7PBGor0xJRgg5QEEZli-eTgtyE6OaS-2aRFpxrcdd5pCmmovOd9dOzXgUciPxIR57izUMBgb36DhApyhRZlCgzS_sYouDzVGWBC5oU8oBc4TeNPGm86yqkDdmkdhu0DhfvkGOW4XFlY/s1600/640px-Louis_XVI_et_Marie-Antoinette.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="265" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhP7PBGor0xJRgg5QEEZli-eTgtyE6OaS-2aRFpxrcdd5pCmmovOd9dOzXgUciPxIR57izUMBgb36DhApyhRZlCgzS_sYouDzVGWBC5oU8oBc4TeNPGm86yqkDdmkdhu0DhfvkGOW4XFlY/s400/640px-Louis_XVI_et_Marie-Antoinette.jpg" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: xx-small;">Di Eric Pouhier - Opera propria, CC BY-SA 2.5,<br /> https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=1765224</span></td></tr>
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Con la Restaurazione, quella che era stata la regina malvagia divenne la regina martire e fu pianta da tutte le monarchie europee. </div>
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Ovviamente, nessuna delle due opinioni era in sé corretta.</div>
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Maria Antonietta era una donna che dovette fin da giovane rinunciare a se stessa, per volere della madre stessa, e che fu martire forse più di questa scelta che della Rivoluzione successiva. Dalle testimonianze emerge una ragazza infelice, circondata da forze più grandi di lei, da invidia, da nessun affetto. La sua lenta maturazione dimostra che non era una donna totalmente incosciente, ma avrebbe avuto bisogno di una guida che le insegnasse a gestire il suo ruolo. Quando fu in grado di farlo da sola, ormai la situazione era irrecuperabile e i suoi errori di giudizio nacquero probabilmente proprio da quella testardaggine che tante volte gli era stata rimproverata, dall'impossibilità che una figlia di Maria Teresa d'Austria potesse sottomettersi ai voleri di un popolo qualsiasi. La lettura della sua biografia mi lascia l'impressione che sia stata punita con estrema severità per i suoi errori.</div>
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Ovviamente, il nostro mondo non sarebbe quel che è senza gli ideali della Rivoluzione Francese. C'è da dire però che la rivoluzione, quando accade, non fa distinzioni. Porta via tutto, sommerge ogni cosa. Questo perché in genere non rimane spazio per riflessioni o distinzioni di sorta. Onore quindi a quegli ideali, ma senza dimenticare che certe accuse alla regina di Francia sono state costruite ad arte, ed erano totalmente illogiche e false, atte solo a sollevare il popolino contro i propri sovrani. </div>
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Nell'era delle bufale, della diffamazione e del bullismo via internet, possiamo notare come anche allora ci fosse chi metteva in giro notizie false, che in prima battuta potevano apparire scherzi salaci e innocui, ma che alla lunga hanno portato l'opinione pubblica a farsi un'idea alquanto demoniaca della famiglia reale, contribuendo quindi al successo della parte politica più estremista da cui poi scaturì il successivo periodo del Terrore, che aprì le porte alla restaurazione provvisoria e alla definitiva nascita degli stati costituzionali in Europa, nel secolo successivo.</div>
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<u>Link correlati:</u></div>
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- La biografia più completa di Maria Antonietta rimane quella scritta nel 1932 da Stefan Zweig. Un libro che analizza le fonti con accuratezza e che per primo ci ha aiutato a riscoprire la Maria Antonietta privata, e a liberarla con oggettività dalle etichette di strega e di martire in cui era stata confinata. Stefan Zweig, <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Maria_Antonietta_-_Una_vita_involontariamente_eroica">Maria Antonietta - Una vita involontariamente eroica</a>, Verona, Mondadori, 1948. Esiste anche in <a href="http://www.ibs.it/code/9788876158841/zweig-stefan/maria-antonietta-una.html" target="_blank">versione ebook</a>.</div>
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- Un'opera d'arte un po' particolare che si ispira direttamente al testo summenzionato di Zweig e che lo segue molto da vicino, tanto che l'autrice si è meritata la Legion d'Onore francese per aver contribuito a diffondere la storia francese nel mondo, è il fumetto (manga) giapponese "Versailles no bara", in italiano <a href="http://ladyladyoscar.jimdo.com/manga/" target="_blank">"La rosa (o le rose) di Versailles"</a>, scritto da Riyoko Ikeda nel 1973 e più noto alla maggioranza per essere stato trasposto in anime con il titolo di Lady Oscar. Il manga in particolare è vicinissimo alla storia vera, pur con alcuni ovvi adattamenti alla finzione.<br />
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- Uno degli storici che ha affrontato le rivoluzioni di fine Settecento e Ottocento è stato E. J. Hobswam, nel suo libro <a href="http://www.ibs.it/code/9788817860659/hobsbawm-eric-j-/eta-della-rivoluzione.html" target="_blank">L'età della rivoluzione (1789-1848)</a>. Grande studioso dell'epoca, nel testo analizza le due rivoluzioni, francese e industriale, e i loro legami.</div>
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Novella Semplicihttp://www.blogger.com/profile/06040942347279454097noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-4924349897476036875.post-55397638317181731222016-09-20T18:48:00.002+02:002016-09-20T22:01:48.654+02:0020 settembre 1870: la Breccia di Porta Pia e la fine di un'epoca<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgVmj2a84ojcxDnkeTx_DjsdYKNyKZC_yX5RkKLgwz1aI3vk7ZU1wQUKvg8SZx3iWTPW_LgYpof9dUqOgNzLO0l9xbqv2I_IvrwO4RvKb7jkGSsGD8UX6Lny0m951RQo7Par7DzlvmV7gk/s1600/640px-BrecciaPortaPia.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="245" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgVmj2a84ojcxDnkeTx_DjsdYKNyKZC_yX5RkKLgwz1aI3vk7ZU1wQUKvg8SZx3iWTPW_LgYpof9dUqOgNzLO0l9xbqv2I_IvrwO4RvKb7jkGSsGD8UX6Lny0m951RQo7Par7DzlvmV7gk/s400/640px-BrecciaPortaPia.jpg" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: xx-small;">Di Carlomorino, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=404648</span></td></tr>
</tbody></table>
<table style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: none; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial; color: black; font-family: sans-serif; font-size: 13.3px; margin-bottom: 0.5em; padding: 0px; width: auto;"><tbody>
<tr><td style="border: none; padding: 0px 1.2em 0px 2.4em;"><br /></td></tr>
<tr><td style="border: none; padding: 0px 1.2em 0px 2.4em;"><br /></td></tr>
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La Breccia di Porta Pia, di cui oggi ricorre il 146° anniversario, diede compimento all'unità d'Italia, già proclamata nel 1861 dopo le imprese garibaldine ma senza il territorio romano, appartenente ancora allo Stato Pontificio. Oltre a sancire quindi una data importante per il neonato Stato Italiano e per la città di Roma, che torna dopo secoli ad essere la capitale italiana, decreta anche la fine del potere temporale del papato, che era nato in una situazione di emergenza dovuta alle invasioni barbariche, a cui in Occidente solo il potere del vescovo di Roma aveva posto un argine, e che si trova ora a non avere più senso dal punto di vista politico, dopo che l'Europa ha visto la nascita degli Stati nazionali, la rivoluzione industriale e la conseguente nascita di nuove ideologie illuministe non più legate all'afflato religioso, anzi, decisamente anticlericali.<br />
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Fin da subito dopo la prima unità italiana sotto l'egida di Casa Savoia, il conte di Cavour e i suoi successori tentarono di intraprendere trattative diplomatiche con il papato, ispirandosi al concetto di "libera chiesa in libero stato". Erano i primi tentativi di sostenere la necessità di uno stato laico in cui la Chiesa fosse libera di esistere, con alcuni privilegi, ma senza che le due sfere interferissero l'una nell'ambito dell'altra.<br />
Le trattative però si arenarono, non essendo Papa Pio IX e il suo legato cardinal Giovanni Antonelli disponibili a cedere; né ebbero maggiore successo i due tentativi di Giuseppe Garibaldi, che con poche truppe tentò due volte, nel 1862 e nel 1867, di marciare sulla Città Eterna. In entrambi i casi fu fermato, perché un attacco al papa avrebbe voluto dire uno scontro aperto con la Francia di Napoleone III, che si proclamava difensore del papato e che nel 1867 intervenne con proprie truppe infliggendo ai garibaldini la sconfitta di Mentana.<br />
Da allora truppe francesi stazionarono nel Lazio a difesa di Roma da eventuali attacchi, nonostante una prima bozza di accordo con la Francia, la Convenzione di Settembre del 1864, prevedesse il ritiro delle truppe francesi e il non intervento dell'esercito italiano entro i confini dei possedimenti papali. L'Italia per ottemperare alle richieste francesi della Convenzione aveva nel frattempo spostato la capitale da Torino a Firenze (1865-1871), proprio per dimostrare la rinuncia a Roma come futura capitale. A Torino nel 1864 una rivolta contro questo spostamento fu repressa nel sangue.<br />
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L'appena nato Stato italiano era riuscito ad ottenere il Veneto partecipando, pur con nessun successo, alla guerra della Prussia contro l'Austria, nel 1866 (guerra austro-prussiana, da noi meglio nota come Terza Guerra di Indipendenza). Mancava davvero solo Roma all'appello.<br />
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L'occasione fu data dallo scoppiare della guerra franco-prussiana del 1870-71: Napoleone III si scontrò con la Prussia di Bismarck e ne riportò una cocente sconfitta, sancendo di fatto la nascita dell'impero tedesco e della futura Germania e, in Francia, il crollo del Secondo Impero post restaurazione e la nascita della Terza Repubblica.<br />
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In queste condizioni Napoleone III arrivò a chiedere aiuto all'Italia, ma i Savoia non raccolsero l'appello. Anzi, il 29 agosto il marchese Visconti Venosta scrisse alla monarchia che le condizioni sottese alla Convenzione di Settembre erano ormai da considerarsi completamente cambiate e ribadì le condizioni di tutela che lo stato italiano avrebbe concesso al papa e alla Chiesa. Il 4 settembre l'imperatore francese fu deposto. La Prussia e altri stati europei espressero la volontà di non intervenire nelle questioni interne italiane, che significava in pratica il via libera. La strada era aperta.<br />
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Il comando delle truppe italiane che dovevano prendere Roma fu affidato al famoso generale Raffaele Cadorna. Le istruzioni del governo erano precise: le truppe non dovevano assolutamente favorire insurrezioni popolari nei territori laziali, salvaguardare le frontiere pontificie da bande armate di banditi, e impedire ad eventuali moti nati nei territori papali di estendersi al di fuori. Già allora la paura più grande era che potessero esplodere movimenti radicali: ancora non esisteva il comunismo, ma garibaldini e mazziniani radicali non erano visti di buon occhio dalla classe dirigente aristocratico-borghese. Inoltre era proibito alle truppe entrare entro le mura leonine (costruite per volere di papa Leone IV tra 848 e 852 per difendere il Vaticano dai saccheggi), che dovevano essere il baluardo di difesa della persona papale).<br />
Vittorio Emanuele II scrisse tramite i suoi legati a papa Pio IX che l'intenzione di acquisire Roma era irrimandabile e ripeté le garanzie concesse alla sua persona e alla religione cattolica. Il papa rispose per le rime in un'altra lettera, ma espresse privatamente agli ambasciatori la sua rassegnazione e soprattutto il suo raccapriccio per l'eventuale spargimento di sangue, lasciando intendere che non avrebbe opposto resistenza ma che avrebbe continuato a opporsi verbalmente a qualsiasi idea di indipendenza della città di Roma.<br />
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<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhS_mqMET6a9rUpRkuJjPMvZSaSJQuIQTT3JHHE6DVYUjFmEvyVfZ8Q7KE6Q_EcmTRuMCmu2-Jt_5JzEer8YNXyp_C0uca6Uetrf9-XMZvaXyDTxh48BAHRRS4WxEcmfUDdKPFLquP0RxQ/s1600/640px-Roma.Porta_Pia_lato_Nomentana.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="213" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhS_mqMET6a9rUpRkuJjPMvZSaSJQuIQTT3JHHE6DVYUjFmEvyVfZ8Q7KE6Q_EcmTRuMCmu2-Jt_5JzEer8YNXyp_C0uca6Uetrf9-XMZvaXyDTxh48BAHRRS4WxEcmfUDdKPFLquP0RxQ/s400/640px-Roma.Porta_Pia_lato_Nomentana.jpg" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: xx-small;">GPL, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=480242</span></td></tr>
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Le truppe italiane cominciarono l'assedio il 20 settembre 1870 alle 5 del mattino con un forte cannoneggiamento. Intorno alle 9.35 i reparti di artiglieria provenienti da Pisa, che stazionavano davanti alle mura nei dintorni di Porta Pia (edificata da Michelangelo Buonarroti tra 1561 e 1565 su richiesta di Pio IV, da cui il nome) iniziarono a vedere i primi cedimenti. Ben presto fu aperta una breccia di una trentina di metri da cui i soldati di Cadorna poterono accedere.<br />
La battaglia fu breve, i morti "solo" una cinquantina, la maggior parte nelle file italiane. Il papa diede ordine tramite il già citato card. Antonelli di non opporre resistenza.<br />
Testimone oculare, tra gli altri, fu lo scrittore e giornalista torinese Edmondo De Amicis, famoso per il classico libro "Cuore", che raccontò la sua esperienza in un'altra sua opera: "Le tre capitali".<br />
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Cadorna ordinò di occupare tutta la città, rimandò liberi sia i soldati pontifici regolari che i volontari accorsi in difesa del papa, Pochi giorni dopo, il papa stesso chiese all'esercito italiano di entrare all'interno delle mura leonine per evitare disordini. Cadorna fece procedere le truppe e conquistò definitivamente anche Castel Sant'Angelo, che non sarebbe più tornato al papa, a cui rimase l'intero territorio del Colle Vaticano.<br />
Il 2 ottobre 1870 l'annessione fu ratificata da un plebiscito popolare. Pochi giorni dopo un decreto regio annetteva tutta la regione del Lazio allo stato italiano, sotto la luogotenenza del generale La Marmora. Il 3 febbraio 1971 Roma divenne capitale d'Italia.<br />
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Il papa pubblicamente rifiutò sempre di accettare la situazione e la famosa "Questione Romana" doveva perdurare circa altri cinquant'anni. Nel 1871 da parte italiana fu approvata la Legge delle Guarentigie, che garantiva la persona del papa e lo svolgimento del culto, nonché l'indipendenza del clero, soprattutto dei vescovi. Emanazione unilaterale, non fu mai aaccettata ufficialmente dal papato.<br />
Dopo una iniziale fase di osservazione del comportamento dei cattolici in politica, alla caduta della Destra Storica molti cattolici integralisti temettero l'ascesa al potere di forze più radicali, e nel 1874 Pio IX dichiarò in un suo breve che "non conviene" (in latino "Non expedit") che i cattolici votino e partecipino alla vita politica dello stato italiano. Questo consiglio divenne ben presto una sorta di obbligo, che fu abolito solo nel 1919 da Benedetto XV, messo di fronte alla diffusione del suffragio e alla nascita del Partito Popolare.<br />
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La Questione Romana fu definitivamente risolta solo coi Patti Lateranensi del 1929, siglati da Mussolini e dal segretario di Stato della Santa Sede Gasparri. Da questo accordo scaturirono: un congruo risarcimento economico, la nascita della Città del Vaticano, il riconoscimento reciproco, l'uniformarsi delle leggi italiane sulla famiglia alla morale cattolica, l'insegnamento della religione nelle scuole. L'unica revisione fu approvata nel 1984 da Bettino Craxi e il card. segretario di Stato Casaroli: fu stabilita la donazione dell'otto per mille ancora oggi esistente, fu decretata la possibilità di essere esentati dall'ora di religione, e si definirono alcuni aspetti della legislazione matrimoniale, in particolare fu posto termine all'automatismo per cui eventuali annullamenti ecclesiastici avevano effetto anche dal punto di vista civile. Inoltre cadde l'obbligo di consultazione con il governo per la nomina dei vescovi.<br />
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<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgIBCufii6W7lpHUaIwlV6hPoOMg1QkstPYFbtnTPnaY-RBCN_5Yz4lxJQ0pRhVkrh7LZlxEKN7bzmkwTdIzvnR2DiXG-kU4EJZFSOgCR87A7gSDMSOzA2WfmzUTSh1KKw-D8RdAghG8oM/s1600/Copertina_libretto_mameli.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgIBCufii6W7lpHUaIwlV6hPoOMg1QkstPYFbtnTPnaY-RBCN_5Yz4lxJQ0pRhVkrh7LZlxEKN7bzmkwTdIzvnR2DiXG-kU4EJZFSOgCR87A7gSDMSOzA2WfmzUTSh1KKw-D8RdAghG8oM/s400/Copertina_libretto_mameli.jpg" width="305" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: xx-small;">Di G. Mameli - M. Novaro - cover of 1860 libretto<br /> http://navigator.codex2.cineca.it/nav?internalId=269036&resId=&submitType=internal#http://navigator.codex2.cineca.it/nav?internalId=269036&resId=&submitType=internal, <br />Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=38742352</span></td></tr>
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Dal Risorgimento e dalla Breccia di Porta Pia è nato quindi un nuovo mondo. La Breccia fu il simbolo della decadenza del potere temporale ma anche la prova dell'avanzare della secolarizzazione delle coscienze, che in altri paesi aveva fatto progressi molto maggiori che in Italia. Fu la nascita dello Stato centrale moderno e laico e contemporaneamente la morte delle pretese temporali della religione, che fu vista come mezzo satanico dai cattolici integralisti e salutata invece come cura salutare dai cattolici liberali seguaci di Antonio Rosmini, tra cui il nostro Alessandro Manzoni, che fu anche senatore del Regno d'Italia, votò a favore della capitale provvisoria a Firenze in attesa della liberazione di Roma, e nominato cittadino romano onorario nel 1872. Per queste sue idee Manzoni fu pesantemente attaccato da alcuni intransigenti anche dopo la morte nel 1873, accusato di aver contribuito a diffondere ideologie sovversive e anticlericali.<br />
Del Risorgimento abbiamo conservato anche l'inno nazionale, il famoso "Canto degli Italiani" scritto nel 1847 da Goffredo Mameli e musicato da Michele Novaro, più conosciuto come "Fratelli d'Italia" dalle prime parole iniziali.<br />
Inno patriottico che fu cantato anche sotto la Breccia di Porta Pia, come molti altri aspetti del Risorgimento esso è stato sfruttato dalla propaganda fascista secondo i propri scopi, ed è quindi inviso ad alcuni per quest'aura di destra.<br />
L'inno italiano all'inizio fu la Marcia Reale dei Savoia. Quello di Mameli fu adottato in periodo fascista ma non sempre, perché all'epoca ricordava troppo la rivolta risorgimentale, con le sue tendenze giacobine e radicali di sinistra; veniva quindi preferita per le occasioni pubbliche la famosa canzone fascista "Giovinezza". La Repubblica italiana lo adotterà nel Dopoguerra come inno provvisorio e diventerà definitivo solo nel 2012 per volontà del Presidente Ciampi.<br />
In realtà se leggiamo bene il testo, scopriamo che parla di ragazzi che si sacrificano per l'ideale dell'unità della patria, che all'epoca aveva in realtà accezioni molto più radicali e che oggi definiremmo appunto di sinistra, in quanto scaturite dall'ideale rivoluzionario francese.<br />
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Certo, oggi il concetto di dare la vita per la patria ha una diversa accezione e può sembrare, in un periodo di pace e tutto sommato ancora abbastanza prospero, ridicolo.<br />
Ma se abbiamo un'Italia unita, il suffragio universale, una religione che è finalmente divenuta una questione di coscienza più che di potere, lo dobbiamo anche a queste persone che hanno fatto le barricate nei moti dell'Ottocento.<br />
Basterebbe affrontare il Risorgimento riscoprendolo al di là della retorica mussoliniana e magari con uno sguardo ai tanti senza patria di oggi, che forse riescono a capire meglio di noi il desiderio di combattere per la propria terra, per quanto la guerra e la violenza siano sempre da deprecare come mezzo.<br />
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<u>Link correlati:</u><br />
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- La Breccia di Porta Pia sancisce anche un altro momento caratteristico. Fu infatti argomento del primo film italiano. Nel 1905 "La presa di Roma" fu il primo film muto a soggetto girato e uscito al pubblico in Italia. Il regista era tale Filoteo Alberini. Del film si sono conservate solo alcune parti, che potete vedere in <a href="https://www.youtube.com/watch?v=A-R2ilPkCms" target="_blank">questo video</a>.<br />
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- Se volete maggiori informazioni sull'atmosfera e gli "intrighi" che precedettero l'emanazione del Non Expedit, trovato un articolo molto dettagliato sul <a href="http://www.treccani.it/enciclopedia/il-non-expedit_(Cristiani-d'Italia)/" target="_blank">sito Treccani</a>.<br />
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- Per maggiori informazioni sulla attuale Città del Vaticano, potete visitarne<a href="http://www.vaticanstate.va/content/vaticanstate/it.html" target="_blank"> il sito istituzionale</a>.<br />
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<br />Novella Semplicihttp://www.blogger.com/profile/06040942347279454097noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-4924349897476036875.post-59934398550619355322016-08-26T16:38:00.002+02:002016-09-25T18:53:02.677+02:00L'analisi delle fonti <table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhvbr0WrFb50jMbeYw39O79YtftGp3a58ZPtuUsLGqA4xV0ARIMK0ehQheYpPw4vI72ZTx3W1HhxiG6VQG1iiR-xyJ6MpBCDWnFzKOYo64hPEdUGkOlK9YiXfBi6EPtPhBZb0l0YROa8As/s1600/640px-Djedkhonsuifeankh.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="128" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhvbr0WrFb50jMbeYw39O79YtftGp3a58ZPtuUsLGqA4xV0ARIMK0ehQheYpPw4vI72ZTx3W1HhxiG6VQG1iiR-xyJ6MpBCDWnFzKOYo64hPEdUGkOlK9YiXfBi6EPtPhBZb0l0YROa8As/s400/640px-Djedkhonsuifeankh.jpg" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: xx-small;">Papiro egiziano By SenemmTSR - Own work, Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=11317585</span></td></tr>
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Oggi, invece che a un avvenimento in particolare, vorrei dedicare questo piccolo spazio a un argomento importantissimo non solo per la storia e lo studio del passato, ma anche per il presente della società dell'informazione.<br />
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Parleremo infatti dell'analisi delle fonti storiche. Che può facilmente essere un metodo applicato anche a molte fonti scritte contemporanee.<br />
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Prima di tutto, chiariamo cosa sono le fonti. Potremmo paragonarle agli informatori della polizia dei programmi polizieschi, alle testimonianze da cui attingono i giornalisti. Una fonte è qualsiasi cosa ci possa dare informazioni su un argomento. Le fonti storiche in particolare ci danno informazioni sugli eventi passati.<br />
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Quali possono essere queste fonti? Dipende molto dal periodo a cui siamo interessati. Se vogliamo studiare il lontano passato, saranno fondamentali i reperti archeologici. Mentre per l'epoca moderna sono molto importanti le opere scritte, o le foto, i documentari, ecc. Attraverso di esse si riesce a ricostruire il tipo di vita condotto in una determinata epoca, lo status economico e culturale di chi scrive, possiamo trovare annotati avvenimenti più o meno importanti e possiamo conoscere le idee diffuse in determinati periodi.<br />
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Le fonti sono generalmente divise in quattro tipi.<br />
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<b>Fonti scritte</b>: sono di solito quelle più importanti, si tratti di tavolette antiche, papiri, opere letterarie, saggi, romanzi, racconti, diari, lettere, poesie...<br />
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<b>Fonti orali</b>: i racconti diretti di chi era presente, le fiabe, i miti, le filastrocche, le canzoni...<br />
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<b>Fonti mute</b>: sono tutti i reperti archeologici di un'epoca, come fossili, scheletri, vasi, gioielli, oggettistica in generale. Non "parlano" direttamente ma significano molto, e per le epoche più antiche sono a volte l'unico mezzo per studiare il passato.<br />
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<b>Fonti iconografiche</b>: sono le immagini, quindi dai moderni filmati e foto, ai quadri, gli affreschi, i ritratti. Importantissimi in quanto nell'epoca in cui la stragrande maggioranza delle persone non sapeva scrivere, spesso erano un mezzo anche didattico. Molti grandi affreschi delle chiese medievali erano stati commissionati per insegnare al popolo episodi importanti della Sacra Scrittura, e in molte opere si trova ritratto il potente di turno.<br />
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<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh-Dn3MmokNe_ITetCgEgouVdDZ5_lidyvOOb2O_cFTOFJmJNp8LQy9bqJTuNClys4KTVmpsEwUhB6lz5xRfm3uC5-IVgRBB-PoR6-4O7RzhAFbh-nWViBaqcYM0GUqTY79PvwIja-YRjw/s1600/640px-Scavi_Pompei.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="300" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh-Dn3MmokNe_ITetCgEgouVdDZ5_lidyvOOb2O_cFTOFJmJNp8LQy9bqJTuNClys4KTVmpsEwUhB6lz5xRfm3uC5-IVgRBB-PoR6-4O7RzhAFbh-nWViBaqcYM0GUqTY79PvwIja-YRjw/s400/640px-Scavi_Pompei.jpg" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: xx-small;">Scavi di Pompei By Samp1946 at Italian Wikipedia - Transferred from it.wikipedia to Commons., <br />Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=45719245</span></td></tr>
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Ci possono essere <u>fonti primarie</u> (che derivano direttamente dal periodo storico interessato) o <u>secondarie</u> (interpretazioni o rivisitazioni successive, che ci danno informazioni anche sull'epoca precedente ma "di seconda mano").<br />
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Ed infine, ci sono <u>fonti volontarie e involontarie</u>. Questa distinzione è importantissima. Le fonti involontarie infatti non volevano essere fonti. Sono tutti quegli scritti, oggetti, immagini che ci sono arrivati ma non avevano lo scopo di tramandare qualcosa ai posteri. Mentre le fonti volontarie sono tutte quelle opere che sono state scritte o fabbricate precisamente per arrivare a "parlare" anche a chi sarebbe venuto dopo, e che in molti casi portano con sé un messaggio ben preciso, della cui validità lo storico si deve accertare. E' molto più probabile che la nota scritta di un banchiere del '500 sia più "vera" di un volantino politico della Rivoluzione Francese.<br />
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Di fronte a questa massa di informazioni, il compito dello storico è di discernere. La storia infatti tende a voler essere una materia scientifica, anche se non lo può essere mai del tutto, visto che è comunque una ricostruzione umana. Non può esserci una legge di numeri incontestabile e ci sono diversità di interpretazione. Ma il fine della ricerca storica è la massima precisione ed oggettività possibile.<br />
Ne consegue che l'analisi delle fonti è di una importanza capitale per ricostruire non solo i fatti nudi e crudi, ma anche le idee che circolavano in un certo periodo, la salute e la prosperità di una città o di una nazione, e soprattutto indagare le cause che furono alla base di certi avvenimenti.<br />
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Come procedere per analizzare una fonte e trarne informazioni preziose? Il lavoro principale è quello fatto sull'<u>affidabilità</u>. In particolar modo per le fonti scritte e iconografiche, che si presume vogliano in qualche modo far passare un messaggio preciso, lo storico (ma oserei dire qualsiasi persona che voglia rendersi conto della bontà di una fonte di informazione) deve porsi la domanda seguente: è affidabile?<br />
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Per verificare l'affidabilità di una fonte scritta, la prima cosa da fare è verificare l'autore. Chi è e in che periodo storico è vissuto? Che vita conduce o ha condotto? Quali sono le sue idee? E' religioso, o impegnato in politica? Può avere avuto delle credenze che lo abbiano portato a travisare? Può avere avuto degli interessi a far passare un messaggio non vero? Se sì, quali?<br />
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Solo dopo aver ben indagato chi è l'autore possiamo andare a scoprirne oggettivamente l'opera. E scopriremo che sarà difficile trovare la vera descrizione della vita di Maria Antonietta d'Austria da un libello di rivoluzionari, in cui viene addirittura, poco prima del processo e della morte, accusata di avere rapporti incestuosi con il figlio. Accuse infamanti che erano totalmente false, ma che servivano per fare impressione sul popolino.<br />
Oppure, passando in campo letterario, noi oggi interpretiamo la Recherche di un Proust ben sapendo che lui era omosessuale, ma quando era in vita ben pochi conoscevano questo suo aspetto, per cui interpretavano la sua descrizione dell'omosessualità in modo completamente diverso da come facciamo oggi (per i contemporanei il personaggio di Albertine era una condanna del vizio, mentre oggi siamo più portati a leggere in lei le sensazioni e le gelosie provate dall'autore stesso).<br />
Sarà difficile, a parte poche personalità illuminate, trovare un chierico che critica la propria chiesa. O un politico che critica il proprio partito. O un possidente che si dichiara a favore di una tassa patrimoniale.<br />
Per questo è importante la distinzione tra fonti volontarie e involontarie. Le prime ci veicolano un messaggio che non per forza è vero; l'interesse dell'autore potrebbe essere di farcelo apparire vero.<br />
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In secondo luogo, una volta analizzati autore ed opera, si deve collocarli nel proprio momento storico e confrontarli con altre fonti, magari già valutate come affidabili. In tal caso, l'autore in questa opera rafforza un quadro che altre fonti avevano già delineato, o se ne differenzia? Se se ne allontana, perché? Perché fa parte di un altro ceto sociale, perché si affida a credenze meno diffuse, o perché magari è uno dei pochi ad averci visto giusto, perché magari seguiva da vicino un esercito, una spedizione, un governo? Ovviamente la maggioranza delle fonti andrà in una determinata direzione, e magari è quella giusta. Ma capita anche che per scoperte successive le fonti maggioritarie vengano messe in discussione (per esempio, adesso sappiamo bene a che cosa fosse dovuta l'eruzione di Pompei del 79 d.C., ma all'epoca la spiegazione soprannaturale era la più ovvia).<br />
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Lo stesso lavoro minuzioso e certosino viene fatto anche sui reperti archeologici e sulle immagini a noi giunte. E' noto grazie alle analisi iconografiche come certi dipinti fossero di dimensioni colossali per far sentire piccolo chi osservava, e questa accortezza viene utilizzata anche oggi per valorizzare certi personaggi a scapito di altri nelle foto pubbliche.<br />
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La catalogazione e lo studio di questa mole di dati è un lavoro che può diventare, in presenza di numerose fonti, duro e difficile. Se mi passate il paragone, lo storico diviene una sorta di detective delle epoche passate. Per questo la storia contemporanea può essere particolarmente impegnativa, anche perché è difficile fare resoconti oggettivi su realtà a noi ancora vicine e che suscitano quindi anche un certo grado di coinvolgimento che può falsare l'interpretazione.<br />
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In conclusione, vi ho voluto proporre questa riflessione perché oggi, nella società del web, delle news e delle immagini, rimangono ancora poche le persone che riescono a barcamenarsi tra una infinità di informazioni che bombardano a ritmo continuo (nella nostra epoca si è aggiunta anche la pubblicità, che è una fonte corrotta per principio, non essendo mai veritiera di per sé, ma mirata unicamente a mostrare solo i lati positivi del prodotto o comunque a far parlare di esso).<br />
Distinguere un messaggio vero da uno falso richiede uno sforzo supplementare, anche perché dopo il crollo delle principali ideologie politiche e religiose l'uomo di oggi è rimasto per così dire senza autorità verificate a cui credere. Da una parte ciò ha significato un miglioramento, perché il pensare con la propria testa è sempre segno di libertà. Ma dall'altra oggi mancano figure autorevoli e di rilievo a cui fare riferimento, e viviamo in una contestazione crescente di qualsivoglia messaggio, in una divisione della società in piccoli gruppi spesso estremisti che si contestano l'un l'altro (pensiamo ai pro e contro i vaccini, per fare un esempio. Solo poche decine di anni fa, nessuno si sarebbe sognato di contestare la medicina ufficiale. Oppure pensiamo al peso che il cattolicesimo non ha più nella società, con una crescita esponenziale dell'anticlericalismo a fronte di in irrigidimento della chiesa sulle sue posizioni).<br />
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Una delle soluzioni potrebbe essere proporre una sorta di analisi delle fonti semplificata da applicare alle notizie che ci giungono.<br />
L'analisi delle fonti spinge lo storico ad affinare il proprio senso critico, in quanto deve classificare, interpretare e ricostruire, per quanto possibile, senza che la propria personalità e le proprie opinioni possano diventare un ostacolo verso la verità. Una verità che non è mai assoluta e unica, ma che può essere in buona parte ricostruita in modo fedele.<br />
Basterebbe porsi qualche domanda sull'autore e su cosa lo spinga a diffondere certe notizie, e soprattutto chiederci: "Cui prodest"? A chi giova, anche in termini di visibilità o semplicemente monetari? Non risolverebbe i problemi del mondo, ma potrebbe renderci più semplice discernere nel nostro piccolo le persone che vogliono far passare un determinato messaggio da chi invece si sforza di fare una cronaca fedele ai fatti, senza sovrainterpretazioni personali o di gruppo.<br />
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<u>Link correlati</u>:<br />
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- Se vi piacciono questi argomenti di filosofia della storia (può sembrare un gioco di parole, ma si chiama realmente così questa disciplina!), vi segnalo un ottimo libro, anche se un po' datato.<br />
Si tratta de <a href="https://books.google.it/books/about/La_conoscenza_storica.html?id=xUc7AAAACAAJ&redir_esc=y&hl=it" target="_blank">"La conoscenza storica" di H.I. Marrou</a>, edito da Il Mulino. Marrou era uno storico francese specializzato in storia del cristianesimo antico, e in questo libro tenta di rispondere alle principali domande sul ruolo della storia come disciplina. A me piacque molto, quando lo lessi all'Università.<br />
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<br />Novella Semplicihttp://www.blogger.com/profile/06040942347279454097noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4924349897476036875.post-3208841683141492652016-08-23T20:07:00.000+02:002016-08-23T20:07:55.671+02:0023 agosto 1944: eccidio del Padule di Fucecchio.<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjc3us6I03QFzf9sdGZINGVlSHh3mc9rbhPB8-nk9I9iSNapuk8P-9FgUihTABPFkvyO7gQH9_sh5SyZo9_rEjuDBcNsCJ3ZMswzYbPsl8LYkM2Vdg2k5mfnPVgVOwU0qbciNvXK6ewhto/s1600/578px-MappaVittimeEccidioPadule.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="331" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjc3us6I03QFzf9sdGZINGVlSHh3mc9rbhPB8-nk9I9iSNapuk8P-9FgUihTABPFkvyO7gQH9_sh5SyZo9_rEjuDBcNsCJ3ZMswzYbPsl8LYkM2Vdg2k5mfnPVgVOwU0qbciNvXK6ewhto/s400/578px-MappaVittimeEccidioPadule.jpg" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: xx-small;">Di Alessandro Pagni http://www.flickr.com/photos/alessandropagni/ - opera propria, <br />CC BY-SA 3.0, https://it.wikipedia.org/w/index.php?curid=2551656</span></td></tr>
</tbody></table>
Oggi è il settantaduesimo anniversario dell'eccidio del Padule, zona umida tra le province di Pistoia e Firenze, ancora oggi parco tutelato per l'interesse naturalistico ma purtroppo famoso a livello locale (più che nazionale) anche per la strage compiuta dai soldati tedeschi durante la ritirata.<br />
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La zona del Padule si trova a cavallo tra i comuni di Monsummano Terme (PT), Larciano (PT), Ponte Buggianese (PT), Cerreto Guidi (FI) e Fucecchio (FI).<br />
Nel 1944 la zona era a pochi km dal fronte, che stazionava nei pressi del fiume Arno. I tedeschi tentarono di rallentare l'avanzata degli Alleati assestandosi lungo una linea fortificata che correva dall'alta Toscana fino a Pesaro, e attraversava l'Appennino e l'alta valle dell'Arno, appunto: la famosa Linea Gotica.<br />
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Le battaglie più feroci si svolgevano tra il fiume e le montagne, e la popolazione si trovava ad essere bersagliata sia dai rastrellamenti tedeschi che dai bombardamenti alleati. Il Padule divenne perciò un luogo di rifugio per molte persone, che cercavano di fuggire in zone non abitate e perciò ritenute meno appetibili da entrambi i fronti in lotta.<br />
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All'interno della popolazione di sfollati del Padule si formò una piccola brigata partigiana, di circa trenta elementi, capitanata dal prof. Benedetti e denominata "Silvano Fedi", in onore del partigiano e antifascista pistoiese morto nel luglio dello stesso anno in un'imboscata tedesca, a soli 24 anni.<br />
Questo piccolo gruppo fu responsabile di alcuni attacchi alla Ventiseiesima Divisione Corazzata tedesca, senza grossi successi, peraltro. Pochi mesi prima il feldmaresciallo Kesselring aveva garantito l'impunità a qualsiasi soldato che avesse ecceduto nelle azioni di guerra contro i partigiani, stabilendo il principio di rappresaglia per cui a ogni attentato contro le forze tedesche sarebbero dovute seguire sanguinose rappresaglie sulla popolazione italiana. Ne scaturirono, come ben sappiamo, i vari eccidi che commemoriamo ogni anno, a partire dalle Fosse Ardeatine, alla morte di Salvo d'Acquisto, S. Anna di Stazzema, Marzabotto. Anche l'eccidio del Padule fu un crimine di guerra compiuto in base a queste tremende direttive, che miravano a mettere in crisi le brigate partigiane e a renderle invise ai civili.<br />
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Tra il 23 e il 24 agosto, in diverse zone del Padule, le truppe tedesche fecero uscire da case e rifugi tutta la popolazione civile che trovarono, compresi anziani, donne e bambini, aprendo il fuoco subito dopo.Ufficialmente la rappresaglia fu giustificata come mezzo per rispondere ad attacchi di una "grande" brigata partigiana che avrebbe avuto la sua base proprio all'interno della zona paludosa, e ammontante secondo fonti tedesche a più di duecento unità. In realtà, come detto, la brigata era alquanto piccola e aveva comunque realizzato piccoli sabotaggi, e nessun morto tra le file tedesche nelle settimane precedenti; le brigate partigiane più pericolose si trovavano infatti sulle colline e le montagne circostanti.<br />
I cadaveri furono seppelliti in fosse comuni oppure, nei casi migliori, in casse improvvisate da parenti o vicini. La signora più anziana che fu trucidata aveva 92 anni, la più piccola appena 4 mesi.<br />
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<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgcvAxFEl7maYZdyO36wB2yGa5KV6CWSiTgN4eSeKTKJGWljcRZqaqXD20zsJfLmVwVGYCCm50YqL_lpxo4P_Z0bs-M46mM5WtvLOJEl1W6Y0oHQf1d75CdqhP8_PimyVs_sKezoNjzVR8/s1600/640px-Vittime_dell%2527eccidio.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="266" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgcvAxFEl7maYZdyO36wB2yGa5KV6CWSiTgN4eSeKTKJGWljcRZqaqXD20zsJfLmVwVGYCCm50YqL_lpxo4P_Z0bs-M46mM5WtvLOJEl1W6Y0oHQf1d75CdqhP8_PimyVs_sKezoNjzVR8/s400/640px-Vittime_dell%2527eccidio.jpg" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: xx-small;">Di Alessandro Pagni http://www.flickr.com/photos/alessandropagni/ - opera propria, <br />CC BY-SA 3.0, https://it.wikipedia.org/w/index.php?curid=2551623</span></td></tr>
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Nel dopoguerra, furono aperte due inchieste da parte alleata, una statunitense e una britannica, e fu proprio grazie a quest'ultima che fu istituito un processo che condannò i comandanti delle divisioni implicate (pene inferiori ai 6 anni) e anche il feldmaresciallo Kesselring, ritenuto l'ideatore e i responsabile morale se non diretto di tutte le principali stragi naziste sul territorio italiano. Inizialmente fu condannato a morte, poi la pena fu commutata in ergastolo, e per motivi di salute fu scarcerato nel 1952, per morire poi, senza mai pentirsi e senza rinnegare Adolf Hitler, nel 1960.<br />
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Nel 2002 l'allora Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi inaugurò il monumento di Castelmartini, nel comune di Larciano, che riporta l'elenco delle vittime con età e provenienza; è il monumento principale dedicato ai caduti del Padule, ma ogni frazione di ogni comune coinvolto ha i suoi cippi commemorativi a cui anche oggi sono state apposte corone da parte delle autorità.<br />
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<u>Link correlati:</u><br />
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- Per chi vuole approfondire, il <a href="http://www.eccidiopadulefucecchio.it/" target="_blank">sito ufficiale dell'eccidio del Padule</a> offre diverso materiale, tra cui <a href="http://www.eccidiopadulefucecchio.it/bibliografia/" target="_blank">una curata bibliografia</a>.<br />
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- Per chi fosse interessato in particolare alla Resistenza Toscana può visitare <a href="http://www.resistenzatoscana.it/">www.resistenzatoscana.it</a>.<br />
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<br />Novella Semplicihttp://www.blogger.com/profile/06040942347279454097noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4924349897476036875.post-54378536265072064012016-08-20T21:31:00.000+02:002016-10-20T21:41:16.351+02:00Letture: Come cavalli che dormono in piedi di Paolo Rumiz<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgt8XF5-ZROudSrrWo7jvi3fkQRzl3BbgW_CYyen9fVo_j-cpz-TtziGbWlGUo7nuTp02mzh8uZSn1-7lnKlScY5OOHenyBvpMmTifPxauhtpqhNF9eFhgXAfWhRyPoXbz08u2YTcsFO70/s1600/rumiz.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgt8XF5-ZROudSrrWo7jvi3fkQRzl3BbgW_CYyen9fVo_j-cpz-TtziGbWlGUo7nuTp02mzh8uZSn1-7lnKlScY5OOHenyBvpMmTifPxauhtpqhNF9eFhgXAfWhRyPoXbz08u2YTcsFO70/s400/rumiz.jpg" style="cursor: move;" width="258" /></a></div>
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<i><b>"Ti te me dirà che i popoli se ga odià <br />in 'sta guera. <br />Mi digo caso mai che i se ga conosù. <br />Forsi l'Europa xe nata in trincea"</b></i><br />
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<b><i><br /></i></b></div>
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<b><i><br /></i></b><span style="background-color: white; color: #1d2129; font-family: "helvetica" , "arial" , sans-serif; font-size: 14px; line-height: 19.32px;"><br /></span>
Ho acquistato questo libro per interesse storico verso l'argomento, visto che non è spesso oggetto di studio, anzi: il fatto che almeno 100.000 italiani abbiano combattuto la guerra dalla parte "sbagliata" in quanto sudditi dell'impero austroungarico all'inizio delle ostilità nel 1914 viene spesso passato sotto silenzio, e quei pochi che tornarono si trovarono davanti all'ascesa fascista; in molti casi furono costretti a italianizzare il nome e addirittura deportati forzatamente in cosiddetti campi di rieducazione, perché non nuocessero al programma di irredentismo a favore della "Trieste italiana". Niente tombe per i ragazzi del '97, niente racconti, anzi: la fama di codardi si portarono dietro, incoraggiata dai sospetti austriaci di infedeltà e che comincia a essere storicamente rivalutata solo in epoche recentissime. L'autore stesso inizia il suo racconto precisando come, per quei ragazzi triestini, la guerra che in Italia è ancor oggi nota come '15-'18 in realtà iniziò nel 1914 e dal lato opposto della trincea. <br />
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All' inizio son rimasta un po' delusa, perché il testo non vuole essere un resoconto storico preciso (anche se l'aspetto storico c'è e ben delineato, ma bisogna conoscere un poco il periodo per non perdersi). Invece...<br />
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Il testo è un resoconto di viaggio, un racconto dei paesi dell'Est e una dolente memoria di tutti i morti, specialmente quelli della parte sbagliata, i triestini che furono combattenti per l'Austria, non per colpa ma per destino di nascita. Il libro si trasforma così in una dolorosa e un po' onirica elegia delle Ombre, che sembrano chiamare l'autore a una diversa consapevolezza. <br />
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I diversi spostamenti si svolgono quasi tutti in treno, su tratte ormai quasi in disuso, i cui scheletri ferroviari ancora oggi sono quelli costruiti dall'impero asburgico.<br />
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L'autore, dopo una visita al Sacrario Militare di Redipuglia in provincia di Gorizia, edificato in epoca fascista, si sente spronato ad andare a cercare i "morti senza nome", che parlavano lo stesso dialetto dei morti sotto bandiera italiana, ma che finirono la loro esistenza terrena su altri fronti e sotto comando austriaco: in Galizia, Bucovina e Ucraina, nelle battaglie di Przemysl e nella conquista di Leopoli. Ma un manipolo fu mandato anche contro Cadorna, quando l'Austria non si aspettava l'entrata in guerra dell'Italia, e il loro lavoro di sbarramento impedì la conquista di Trieste. Fatto gravissimo per il regime fascista: da passare assolutamente sotto silenzio il fatto che italiani abbiano impedito ad altri italiani di "salvare" una città che per la propaganda mussoliniana doveva essere dipinta come italiana nell'animo e per eccellenza, nonché oppressa dalla dominazione asburgica. <br />
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Si leggono storie di eroismo che però ormai per le nuove generazioni sono sempre più lontane, visto che i nonni che raccontano sono ormai morti e abbiamo perso la potenza della tradizione orale. Così si leggono storie di coraggio e ironia, come quella di un italiano che prende in ostaggio un manipolo di russi con il fucile scarico; storie di diserzione, con gli italiani e i russi che fanno a gara per farsi prendere prigionieri piuttosto che combattere ("Come avete fatto in tre a farne prigionieri dieci?" chiede un superiore a dei ragazzi che portano dei tranquilli "prigionieri" russi al campo); storie di privazioni, fame, freddo. Gli stessi del fronte italiano, con una differenza: le ampie pianure polacche e ucraine, contro l'aspra montagna del Carso. <br />
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<i>"Il 24 maggio del ’15 la cavalleria italiana passa il confine austriaco dalle parti di Cervignano e chiede a un vecchio seduto sulla porta di casa: “Scusi, buon uomo, dov’è il nemico?”. E il buon uomo, tranquillo, risponde: “Veramente, signor ufficiale, il nemico siete voi”. Oppure: negli stessi giorni c’è un assalto italiano un forte della Val d’Astico, a ovest di Asiago, e un sergente che sa il tedesco urla col megafono di arrendersi alla guarnigione. Qualcosa tipo “Nachgeben sofort!” o giù di lì. Al che uno degli assediati grida: “Me dispias, se avanzé sbarem. Ma perché parlel todesc, sior sergente? El varda che parlem italian anca noi”</i>.<br />
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Non manca certo il richiamo all'Europa moderna, nata dal disastro di due conflitti che per la poca distanza temporale e i motivi di rivalsa di popoli scontenti in realtà furono una unica sporca guerra, e che adesso sembra di nuovo preda di divisioni nazionaliste e pare aver perduto la sua strada, la sua identità. In quel periodo iniziarono i primi disordini contro gli ebrei, accusati di parteggiare sempre per il nemico e di foraggiarlo economicamente. In quell'epoca nacquero e si estesero i nazionalismi balcanici, tenuti a freno dal regime di Tito e poi di nuovo liberi nella guerra balcanica moderna. In quel periodo la Russia ebbe la sua rivoluzione comunista ma non cessò di protendersi e interessarsi ai paesi satelliti e alla Turchia, e come vediamo ancora oggi gestisce su alcuni paesi una sorta di "protettorato a distanza".<br />
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<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEghP6jn6nT-3J3DtTmetXZvcCjcwTm6EipaB6nIrtiRCqLtC0j0Gfs6tHd77DYdJaNM9m5TDhPJcnqPHUI3RQdpW08kdo4UQhuwSwbcR8uAnWsUSTyohc6dNrpgxdAg68FlkXqNRN5YEN8/s1600/640px-2015-4-Redipuglia_Sredipolje_monument_%252836%2529.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="170" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEghP6jn6nT-3J3DtTmetXZvcCjcwTm6EipaB6nIrtiRCqLtC0j0Gfs6tHd77DYdJaNM9m5TDhPJcnqPHUI3RQdpW08kdo4UQhuwSwbcR8uAnWsUSTyohc6dNrpgxdAg68FlkXqNRN5YEN8/s400/640px-2015-4-Redipuglia_Sredipolje_monument_%252836%2529.jpg" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: xx-small;">Sacrario Militare Redipuglia<br />By ModriDirkac - Own work, CC0,<br />https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=40685403</span></td></tr>
</tbody></table>
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Le radici dell'Europa odierna sono nel periodo 1914-1945.<br />
Essa è nata proprio su quei cimiteri insensati di giovani che in fondo erano uguali tra loro, a parte lo schieramento. A tale proposito, commovente la rievocazione dell'incontro con il nemico, quando lo sguardo, non più sostenuto dalla propaganda, fa vedere ai ragazzi italiani che i russi sono ragazzi come loro, e viceversa; commoventi gli accordi taciti che consentono dall'una e dall'altra parte di andare a raccogliere patate a turno nella "terra di nessuno" (così si definisce lo spazio tra due trincee o sbarramenti nemici, che è continuamente sotto bersaglio di fuoco). Commovente la storia di Virgilia, che dal Friuli viaggia fino in Galizia e arriva al fronte per portare beni di prima necessità ai figli soldati, e che resta per qualche tempo a cucinare e a sferruzzare calze di lana per tutto il battaglione, per istriani, sloveni, croati, perché <i>"xe poveri fioi anca quei"</i>.<br />
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Non è un caso che oggi l'Europa sia in crisi e i nazionalismi rinascano: lo fanno perché l'eco del macello, il ricordo del fratricidio ormai è scomparso. Non più testimoni diretti, non più nonni a raccontare, nessuno più che sappia cosa voglia dire combattere sul serio e che considera la guerra roba da poveri sfigati, o da videogiochi, o da eroi palestrati.<br />
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Mi è piaciuto molto, nonostante il tono pessimista: alcuni passi sono semplicemente da incorniciare. Diventa alla fine un po' prolisso, la lirica se portata avanti per troppe pagine alla fine si sfalda. Ma è un libro potente, che riesuma una parte di storia soffocata dalla propaganda successiva e lo fa nel modo più commovente, attraverso le singole storie dei nostri padri, attraverso quelle tombe che in troppi ricordano ormai sommariamente solo in occasione di qualche anniversario da celebrare per routine.<br />
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Inutile ricordare, bisogna tramandare. La sfumatura è notevolmente diversa.<span style="color: #1d2129; font-family: "helvetica" , "arial" , sans-serif;"><span style="background-color: white; font-size: 14px; line-height: 19.32px;"><br /></span></span>
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<u>Link correlati:</u><br />
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- Per approfondire le tematiche riportate nel testo di Paolo Rumiz può essere utile questo articolo sui combattenti giuliani, tratto da <a href="http://www.grandeguerra.ccm.it/scheda_archivio.php?goto_id=1253">grandeguerra.com</a>. Questo sito ovviamente è una miniera di informazioni su tutta la Prima Guerra Mondiale, se interessa l'argomento.<br />
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<br />
- Qui invece trovate un <a href="https://www.youtube.com/watch?v=4KJTijAhIbk">video di circa un'ora</a> in cui lo stesso Paolo Rumiz parla della propria opera al Festival Internazionale di Giornalismo.</div>
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<br />
- Paolo Rumiz si è detto più volte debitore della storica italiana Marina Rossi, che ha dedicato molti studi al fronte orientale e al ruolo italiano. <a href="http://www.storicamarinarossi.it/">Questo è il suo sito</a>. </div>
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Inoltre siamo tutti debitori della <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Croce_Nera_d%27Austria">Croce Nera Austriaca</a>: a dispetto del nome che ricorda svastiche hitleriane, in realtà è una associazione che dal 1919 cura il ricordo e il censimento dei morti nelle guerre mondiali; ha contribuito e contribuisce alla costruzione e al mantenimento dei cimiteri di guerra nelle zone del fronte. In Russia molti cimiteri sono stati rimossi per ordine statale dopo la Rivoluzione. Nelle zone dell'ex impero austroungarico, se abbiamo croci e nomi, lo dobbiamo al loro lavoro.</div>
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Novella Semplicihttp://www.blogger.com/profile/06040942347279454097noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-4924349897476036875.post-42191116338899076852016-07-24T16:36:00.003+02:002022-02-12T21:12:33.956+01:00Il Grande Scisma o Scisma d'Oriente (1054)<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEioPsmh5FWh0jGGpH0Sggjh9uadrOOm_Esf_UwsBnvrqVo8vkaTwoMuc2TChKyt_nu7P-u27Ehx9L7G0Q0he9wc-kRn6JTgiwkUiDvA_4064OFYxrUw6ExwCG0-sZiwe1anFZ3wGn9s_7Y/s1600/Patriarch_Photios_sitting_on_a_throne_John_Skylitzes.jpg" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="190" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEioPsmh5FWh0jGGpH0Sggjh9uadrOOm_Esf_UwsBnvrqVo8vkaTwoMuc2TChKyt_nu7P-u27Ehx9L7G0Q0he9wc-kRn6JTgiwkUiDvA_4064OFYxrUw6ExwCG0-sZiwe1anFZ3wGn9s_7Y/s400/Patriarch_Photios_sitting_on_a_throne_John_Skylitzes.jpg" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: xx-small;">Il patriarca Fozio siede sul trono<br />Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=754445 </span></td></tr>
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Il Grande Scisma o Scisma d'Oriente (così chiamato dai cattolici per differenziarlo dal Grande Scisma d'Occidente del XIV secolo, quando la sede papale si spostò in Francia nella città di Avignone e ci furono contemporaneamente due papi; logicamente gli ortodossi invece lo classificano come Scisma Latino o Scisma d'Occidente) è la frattura che ha dato vita alla chiesa cristiana ortodossa (dal greco=giusta dottrina) in separazione dalla chiesa di Roma che si definisce unica chiesa cattolica (dal greco=universale).<br />
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Tradizionalmente lo scisma viene datato al 1054, ma ebbe una premessa molto movimentata già duecento anni prima, con il patriarcato di Fozio (patriarca di Costantinopoli a fasi alterne dal 857 all'886); la definitiva separazione avvenne solo nel 1453, con l'invasione ottomana e il rifiuto della riconciliazione che era stata faticosamente concordata nel concilio di Firenze del 1439.<div>
Come quasi tutti gli scismi religiosi europei, le discordie erano politiche più che strettamente religiose.<br />
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Per comprendere meglio la situazione, è necessario fare un passo indietro.<br />
La religione cristiana, che era stata all'inizio perseguitata dagli imperatori romani, fino a diventare invece poi culto accettato e poco dopo religione di stato, alla fine del IV° secolo dopo Cristo, si basava a livello gerarchico sull'autorità del vescovo, che comandava le comunità della propria città. Solo il vescovo aveva obbligo di celibato, mentre i sacerdoti potevano sposarsi e avevano solo obbligo di astinenza prima di celebrare. </div><div>A livello di impero, si distinsero ben presto cinque vescovi, siaper prestigio personale che per il ruolo politico e religioso nelle città che governavano. Questi vescovi furono chiamati patriarchi ed erano appunto a capo di un patriarcato. </div><div>I cinque patriarcati preminenti furono definiti nel concilio di Calcedonia del 451: quattro in Oriente, Costantinopoli, Alessandria d'Egitto, Antiochia, Gerusalemme; e uno in Occidente, Roma. </div><div><br /></div><div>Piano piano, specie dopo il crollo dell'impero romano di Occidente e le invasioni barbariche, il patriarca di Roma cominciò ad assumere rilevanza anche politica, oltre che una preminenza onoraria in quanto patriarca della capitale dell'Impero. Nel periodo immediatamente dopo la dissoluzione dell'impero occidentale (476 d.C.), fu l'unica autorità in Italia a poter trattare con i re barbari e a tutelare la popolazione circostante, processo che poi sfociò nella nascita dello Stato Pontificio, in seguito alla donazione al papa di ampi territori attorno a Roma, fatta dal re longobardo Liutprando, con la famosa Donazione di Sutri del 728, che sancì l'inizio del potere temporale.</div><div>
Stessa cosa accadde in parallelo a Costantinopoli (odierna Istanbul), capitale dell'impero orientale, che accrebbe la sua importanza a discapito degli altri patriarcati, per motivazioni di prestigio politico più che religioso; e anche per la caduta progressiva delle altre città patriarcali in mani islamiche, con le prime invasioni che minacciarono prima e inglobarono poi quasi tutto l'Oriente.</div><div>Le due sedi, Roma e Costantinopoli, avevano un credo comune ma riti diversi: a Oriente il rito greco ed il rito latino a Occidente, i quali si differenziavano per usanze e rituali di celebrazione, nonché per la lingua. <br />
<br />Come abbiamo già anticipato, la svolta si ebbe con il patriarcato di Fozio. Uomo di enorme cultura, a cui dobbiamo una importante opera di raccolta di opere di letteratura, la "Biblioteca", che ha permesso a testi fondamentali dell'epoca di arrivare fino ai nostri giorni, era anche esperto di diritto e soprattutto imparentato con la famiglia dell'imperatore. </div><div>Nell'857, quando era ancora un laico, l'imperatrice Teodora, reggente il trono per il figlio ancora piccolo, il futuro Michele III, fece consacrare Fozio vescovo e l'anno dopo lo nominò patriarca, al posto del patriarca in carica Ignazio, che fu deposto ed esiliato, reo a livello ufficiale di aver rifiutato la comunione allo zio dell'imperatore perché aveva tenuto una condotta immorale. Probabilmente fu rimosso per divergenze insanabili di altro tipo.</div><div>
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Ignazio allora chiese aiuto all'altra autorità della Chiesa, l'unica che poteva aiutarlo a recuperare il potere perduto: il papa. </div><div>Niccolò I Magno nell'863 accolse le lamentele di Ignazio e dichiarò ingiusta la sua deposizione, minacciando scomunica sia per Fozio, se non si fosse fatto da parte, sia per i suoi ambasciatori.<br />
Fozio e Michele III da parte loro risposero a loro volta con la scomunica (867), e iniziando una contestazione ufficiale del rito latino, in particolare l'uso latino di aggiungere al testo del Credo il cosiddetto Filioque (in latino significa 'e dal Figlio'). </div><div>Il Credo originario infatti prevedeva la dicitura:"Credo nello Spirito Santo (...) e procede dal Padre", perché la teologia diffusa in ambito greco vedeva il Cristo come leggermente inferiore al Padre, pur avendo comunque natura divina; mentre in Occidente si riteneva la figura di Cristo equivalente, nella Trinità, a quella del Padre, e quindi si recitava, come recita il Credo latono ancora oggi: "...e procede dal Padre e dal Figlio". </div><div>Una differenza che prima di allora non aveva mai creato problemi di sorta, riducendosi ad una controversia filosofico-religiosa, e che divenne invece un'arma per uno scontro tutto politico fra due città e fra due poteri temporali.</div><div><br />
Anche il celibato dei sacerdoti fu contestato da Fozio: esso stava diventando obbligatorio in Occidente, per motivi economici e non solo (i vescovi, nell'assenza di un governo centrale, assunsero anche cariche politiche; in seguito, con lo sviluppo del sistema feudale, i benefici parrocchiali sarebbero divenuti ereditari se il chierico avesse avuto famiglia, e questo creava un problema enorme non solo per la possibile perdita degli incassi delle rendite da parte della Chiesa vescovile, ma anche per la possibilità che a un prete succedessero figli indegni di svolgere il ruolo ereditato dal padre, creando vere e proprie dinastie di chierici indipendenti dal controllo episcopale). </div><div><br /></div><div>Soprattutto, Fozio contestò l'autorità tradizionalmente spettante al vescovo di Roma, che secondo il patriarca orientale non aveva nessun diritto di immischiarsi nelle questioni interne costantinopolitane e a maggior ragione non poteva comandare sulla chiesa intera.</div><div>
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Fozio fu deposto due volte e una volta tornò al potere, insieme a lui cambiarono anche gli imperatori e i papi e il suo strappo fu per il momento ricucito. Il colpo definitivo all'unità fu dato due secoli dopo da Michele I Celulario, patriarca d'Oriente, che riprese a mettere in discussione l'autorità petrina con gli stessi argomenti di Fozio, contestando in aggiunta l'espansione del rito latino nella zona dei Balcani, che era ritenuta invece di competenza greca. </div><div>Inoltre, mentre il papa aveva poteri anche politici, il patriarca orientale era strettamente legato all'imperatore bizantino, comportamento che ancora oggi distingue il credo ortodosso, molto nazionalista e legato al potere politico a volte in modo acritico, come purtroppo è emerso anche pochi decenni fa nei Balcani e in Russia.</div><div><br />
Nel 1054 ci fu la scomunica reciproca tra i rappresentanti di papa Leone IX e il patriarca Michele e si ebbe di fatto al separazione tra due chiese, con riti e usanze ormai diverse, che però avevano ed hanno ancora in comune le basi della fede in Cristo.<br />
Nel 1204 addirittura i crociati occidentali saccheggiarono Costantinopoli, a dimostrazione di un dissidio ormai irrecuperabile.<br />
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Ci furono due tentativi di ricomposizione della frattura: nel 1274 al Concilio di Lione il papa e l'imperatore, nonché i notabili orientali presenti, firmarono per una sostanziale resa al primato di Roma, ma una volta terminato il concilio la base del clero ortodosso e i fedeli si opposero duramente e alla morte dell'imperatore Michele VIII, che aveva imposto l'accordo con la forza, il figlio Andronico immediatamente sconfessò l'operato del padre.</div><div><br />
Il secondo tentativo, quello forse che più viene rimpianto da chi ha a cuore l'unità dei cristiani, avvenne nel 1439, con un concilio iniziato a Basilea, poi trasferito a Ferrara e infine conclusosi a Firenze, e noto appunto come concilio di Ferrara/Firenze, in cui la discussione tra i legati fu approfondita e non imposta, e in cui si raggiunse un accordo solenne, che sanciva gli usi diversi ma una sola medesima fede; si lasciava libertà alle chiese Uniate (ancora esistenti in Oriente: sono comunità che dopo lo scisma si schierarono con Roma; ancora oggi hanno regole speciali in virtù del loro essere "ponti ecumenici" verso la chiesa ortodossa, soprattutto nella liturgia e nel celibato) di mantenere i propri usi. L'imperatore era in grave difficoltà con i turchi alle porte, e accettò di buon grado un accordo con il papa. </div><div>Anche in questo caso però le comunità ortodosse preferirono rifiutare l'accordo, che non fu ratificato per la defezione di 21 vescovi su 31; in alcuni casi ci fu il "tradimento" di personalità che a Firenze avevano dato il proprio consenso... oggi li definiremo "franchi tirarori"... </div><div>Nel 1453 la capitale d'Oriente finí conquistata dagli Ottomani.</div><div>
Solo le chiese Uniate, appunto, ratificarono l'accordo, e da allora, soprattutto in Bulgaria, Ungheria e Slovacchia, nonché in Polonia e in Africa (comunità siro-copta) ci sono chiese orientali non ortodosse, in comunione con Roma, ma con riti e usanze specifiche definite da atti appositi (l'ultimo è il Codice dei Canoni delle Chiese Orientali promulgato da Giovanni Paolo II nel 1990, che è un esempio illuminante di cosa sia veramente l'ecumenismo e che consiglio di leggere, a dimostrazione di cosa possa fare una chiesa aperta ai fratelli).<br />
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<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgNmvqVJa8zTWFELGjV7o_6rycXW0vKorMNAMjWy3Al5BOamRwOb-JaqBDsI56c-uXxle-0mtm94SYKQudJY6ZVqIUpQQdYRJof5w-ch-vnCgyGpDB1efqfwcQxGg_IBzfjAzwGHOhaPps/s1600/Atenagora_I_e_Paolo_VI.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="277" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgNmvqVJa8zTWFELGjV7o_6rycXW0vKorMNAMjWy3Al5BOamRwOb-JaqBDsI56c-uXxle-0mtm94SYKQudJY6ZVqIUpQQdYRJof5w-ch-vnCgyGpDB1efqfwcQxGg_IBzfjAzwGHOhaPps/s400/Atenagora_I_e_Paolo_VI.jpg" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: xx-small;">Paolo VI e Atenagora I - Di ignoto - Pubblico dominio, https://it.wikipedia.org/w/index.php?curid=104071</span></td></tr>
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Per quanto riguarda il discorso ecumenico, appunto, le chiese ad oggi sono molto vicine, pur mantenendo lo status di separate. Il percorso non è ancora finito. Iniziò con Paolo VI e Atenagora I, che si incontrarono a Gerusalemme nel 1964 e che produssero una Dichiarazione comune nel 1965 ai margini del Concilio Vaticano II. </div><div>E' continuato di recente con la restituzione nel 2004 delle reliquie di S. Giovanni Crisostomo e di S. Gregorio Nazianzeno, santi per entrambe le chiese, che erano state sottratte da Costantinopoli (nel primo caso durante le crociate, nel secondo forse trasferite a Roma da alcuni monaci bizantini e mai più rimpatriate).<br />
I patriarchi d'Oriente hanno partecipato alle esequie di Giovanni Paolo II nel 2005. E' stata la prima volta dopo 950 anni.<br />
Nel 2006 Benedetto XVI ha rinnovato una dichiarazione congiunta con il patriarca Bartolomeo I in cui dichiarano di lavorare per l'unione delle chiese, per la quale però sembra ancora necessario coinvolgere le comunità, specie in quelle aree di confine in cui ancora oggi dopo un millennio cattolici, uniati e ortodossi cercano di convivere e purtroppo non sempre vanno d'accordo.<br />
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<u>Link correlati:</u><br />
<br />- A <a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/chrstuni/sub-index/index_orthodox-ch_it.htm" target="_blank">questo link</a> trovate la pagina del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani in cui si fa il quadro della situazione attuale. E'uno degli argomenti in cui la chiesa cattolica è più moderna e forse anche all'avanguardia. Ma per dare voce anche ai fratelli ortodossi, è possibile leggere anche il loro punto di vista a <a href="http://mb-soft.com/believe/txc/gschism.htm" target="_blank">questo link</a>, che però è in inglese, ed è a cura dell'arcidiocesi greco-ortodossa d'America.<br />
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- Qui trovate la <a href="http://www.internetica.it/AttoSolenne-PaoloviAtenagora65.htm" target="_blank">Dichiarazione comune</a> di Paolo VI e Atenagora del 1965. Breve e intensa, esprime il dolore di entrambi per le parole e i gesti di inimicizia intercorsi tra le due chiese. Rimane una pietra miliare della storia del cristianesimo.<br />
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- Se qualcuno ha coraggio e vuole affrontare la questione del Filioque, <a href="http://www.internetica.it/controversia-Filioque.htm" target="_blank">q</a><a href="http://www.internetica.it/controversia-Filioque.htm" target="_blank">ui trovate un riassunto</a> delle controversie attorno a questo concetto teologico. Per chi si interessa di teologia, filosofia antica ed ecumenismo ritengo sia un concetto degno da approfondire.<br />
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<br /></div>Novella Semplicihttp://www.blogger.com/profile/06040942347279454097noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4924349897476036875.post-13268258745920561482016-06-09T21:51:00.000+02:002016-06-10T00:57:01.431+02:00Letture - Mafia Republic: Cosa Nostra, camorra e 'ndrangheta dal 1946 a oggi di John Dickie<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiMAnnGbXlnVWRXVPSefjGSjbWdMRsoC6gcUApmFDYA9WVmkQn6FBYFF0drIxiL-eKaQtNrzVM4AVxGZb14pf0RNo9Vejye5NZngMVGBvmONQfx34GruvbT2gWCIxpVdQ_fWO-8vf5b5dc/s1600/dickie.jpe" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiMAnnGbXlnVWRXVPSefjGSjbWdMRsoC6gcUApmFDYA9WVmkQn6FBYFF0drIxiL-eKaQtNrzVM4AVxGZb14pf0RNo9Vejye5NZngMVGBvmONQfx34GruvbT2gWCIxpVdQ_fWO-8vf5b5dc/s400/dickie.jpe" width="265" /></a></div>
Ho iniziato ad interessarmi alla storia della criminalità organizzata per caso. Dovevo dare l'esame di storia contemporanea e il corso quell'anno era stato accorpato con quello di un altro corso di studi; avremmo approfondito la storia della mafia.<br />
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Uno dei testi che ho letto per questo esame mi ha particolarmente colpito: si tratta della "Storia della Mafia" di Salvatore Lupo, un classico imprescindibile per questo tipo di studi storici. Ha un unico difetto: essendo stato edito nel 1993, non riporta se non per sommi capi e per deduzioni le vicende successive e complicatissime del processo Andreotti, dei depistaggi, della trattativa Stato-mafia.<br />
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Di recente ho quindi trovato questo testo e l'ho acquistato, sperando di aggiornarmi e soprattutto che non fosse uno dei tanti testi gratuitamente sensazionalistici.<br />
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Ebbene: è un signor libro.<br />
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<a name='more'></a>John Dickie è un saggista, giornalista e professore di italianistica all'University College of London.<br />
Ha scritto vari testi sul Meridione e sulla criminalità organizzata, alcuni dei quali tradotti in italiano e pubblicati da Laterza.<br />
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Nella postfazione dichiara di avere inteso scrivere questo saggio in modo da renderlo fruibile al grande pubblico, e ci riesce appieno. Lo stile è scorrevole, il ritmo incalzante, la partecipazione dell'autore tangibile. Le note bibliografiche, indispensabili per la verifica delle fonti, sono presenti e molto accurate, ma sono state accorpate in appendice per non interrompere il flusso di lettura.<br />
Una scelta che ho trovato molto azzeccata. Ho letto anche tutta la bibliografia ma ciò non mi ha impedito di godermi il testo senza distrazioni.<br />
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Egli stesso dichiara di aver ben apprezzato il saggio del Lupo già citato, che pone alla base del suo libro. Ma a differenza di quest'ultimo, Dickie analizza anche la storia e il linguaggio delle altre due grandi mafie italiane: la 'ndrangheta e la camorra, dalle origini ai giorni nostri. En passant, cita anche la Sacra Corona Unita e la Banda della Magliana, ma mentre la prima la giudica una realtà che è nata come succursale della 'ndrangheta e della camorra e quindi finora marginale, la seconda invece ha evidentemente fallito e non è riuscita a fare a Roma ciò che avevano fatto a Napoli e Palermo.<br />
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Impossibile riassumere in breve il contenuto del libro, Faccio solo una breve panoramica che spero vi incuriosisca sull'argomento.<br />
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Le origini delle mafie più o meno risalgono al XIX secolo. In particolare, fu l'Unità d'Italia a fare da detonatore. Il nuovo potere non aveva conoscenze né polso per controllare realmente i territori del Sud occupati; ci furono ribellioni di contadini che pretendevano al redistribuzione delle terre; la mafia si presentò come difensore dello status quo, specialmente in seguito, con l'ascesa del pericolo comunista (si pensi a Salvatore Giuliano e alla strage del Primo Maggio 1947 a Portella della Ginestra, dove alcuni banditi spararono sulla folla che manifestava contro il latifondismo, e su cui aleggiano ancora sospetti di infiltrazione dei servizi segreti anticomunisti). Nelle difficoltà del nuovo giovane stato, spesso erano anche visti in modo positivo da parte delle popolazioni, che si sentivano tutelate, nonostante le mafie vivessero principalmente di estorsione. Ma in una situazione profondamente insicura, si spacciavano, a volte con successo, come difensori della giustizia (e purtroppo questo punto di vista è stato a lungo sostenuto anche da studiosi, magistrati, registi, uomini di cultura: la mafia non esiste, mafia è un temperamento, un qualcosa di genetico alle popolazioni del Sud, sono isolati atti criminali; in parole povere, la mafia non esiste).<br />
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La propaganda fascista aveva inneggiato alla distruzione della criminalità a seguito dell'invio del superprefetto Mori in Sicilia. In realtà, pur assestando danni, la mafia non era sparita, ma solo silente; anche perché le attività criminali erano riportate dalla stampa di regime come minime, assenti o risalenti ad altra matrice.<br />
Di sicuro sappiamo che con lo sbarco degli alleati durante la Seconda Guerra Mondiale, la probabile collaborazione di Lucky Luciano con la marina statunitense che preparava lo sbarco, e il suo successivo ritorno in Italia, la mafia riprese forza (alcuni storici sostengono che ci fosse anche una sorta di accordo più o meno tacito tra Luciano e l'esercito, ma non ci sono prove documentate).<br />
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All'epoca, uno dei sistemi per punire i delinquenti e allontanarli dal loro ambiente era il confino, che però veniva effettuato in carceri non di massima sicurezza e spesso in territori comunque legati ad altre mafie: questo comportò un apparentamento tra mafiosi, camorristi e 'ndranghetisti, che in carcere trovavano un ambiente adatto per stabilire patti di collaborazione, accordi economici e anche affiliazioni reciproche (non è raro trovare membri di Cosa Nostra affiliati con rito apposito anche alla Camorra o alla 'ndrangheta e viceversa).<br />
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All'inizio fu la mafia rurale, poi l'estorsione. In seguito le principali fonti economiche divennero il contrabbando di sigarette, l'eroina e a ruota la cocaina. Una volta consolidata la posizione economica, fu facile infiltrarsi negli affari edilizi e giungere al controllo degli appalti in zone dove le famiglie mafiose avevano il controllo di tutto e dove lo stato centrale era praticamente assente. Quando c'era bisogno di denaro, la 'ndrangheta in particolare ma in casi estremi anche Cosa Nostra ricorrevano ai sequestri di persona.<br />
Solo negli ultimi anni alcuni settori mafiosi si sono dedicati, come sappiamo dalle cronache, al traffico di rifiuti e probabilmente hanno un loro ruolo anche nel traffico di migranti.<br />
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L'Italia intanto era divenuta terreno di guerra, nemmeno tanto fredda. La Dc al potere era finanziata dagli Usa, il PCI dall'Urss. Iniziò la strategia della tensione, con le stragi di matrice neofascista e con gli anni di piombo e le Brigate Rosse. Pare che entrambi i contendenti si siano avvalsi dell'aiuto di forze appartenenti alla criminalità organizzata meridionale, con scambi di favori.<br />
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Ci sono una infinità di martiri di mafia e sarebbe veramente ingiusto non citarli tutti, ma per ovvi motivi di spazio ne segnalerò solo alcuni. Non perché siano più importanti di altri ma perché l'indignazione successiva ai loro assassinii portò a un progresso decisivo nella lotta alle mafie.<br />
Pio La Torre nel 1982 fu il firmatario, insieme a Rognoni, della famosa legge che istituì il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso e rese possible per lo stato operare la confisca dei beni. Pagò con la vita. La legge fu approvata solo dopo la sua morte e solo dopo la morte del suo amico-nemico Carlo Alberto Dalla Chiesa, da cui lo differenziava profondamente il credo politico ma non l'onestà.<br />
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Inutile dire che Cosa Nostra si è molto indebolita, anche se non è ancora morta, grazie al lavoro di Giovanni Falcone prima e di Paolo Borsellino poi, e grazie anche al loro martirio. Grazie a loro sono nati gli strumenti investigativi bancari, il 41bis, la Direzione Nazionale Antimafia, le procure antimafia, i pentiti. Tommaso Buscetta fu la chiave del maxi processo e per la prima volta dal secolo precedente, finalmente, fu provato che la mafia esisteva e non era l'invenzione di qualche magistrato fantasioso o "con turbe psichiche", come ebbe a dichiarare un famoso personaggio durante una intervista.<br />
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La Camorra ebbe invece il suo momento di gloria grazie a Raffaele Cutolo, il quale fondò la Nuova Camorra Organizzata proprio nel carcere di Poggioreale, da cui comandava il suo esercito senza nessuna difficoltà e che ebbe rapporti anche con rappresentanti dello stato (pare sua la mediazione nel sequestro Cirillo, politico DC rapito dalle BR e che fu salvato al contrario di Aldo Moro, dopo pagamento di un grosso riscatto). In seguito fu sconfitto, dopo una guerra feroce, dalle famiglie più vecchie, che si erano organizzate nella Nuova Famiglia, da cui emerse, sempre dopo nuove lotte intestine, il clan dei Casalesi.<br />
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La 'ndrangheta invece tuttora è semisconosciuta nel suo funzionamento. Innanzitutto perché, pur avendo una sorta di comitato centrale di controllo, ogni cellula è autonoma nelle sue attività criminali; inoltre è una mafia che non ha avuto o quasi fenomeni di pentitismo e che ha saputo diffondersi anche al Nord Italia e all'estero, in Europa e perfino in Australia, oltre ad avere un forte controllo sul territorio calabrese. Dickie la considera al momento la mafia più forte e auspica una serie di interventi del calibro di quelli del pool antimafia di Palermo anche sui fatti di Calabria, se non altro per averne una maggiore conoscenza e capirne i punti deboli.<br />
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E' un riassunto molto parziale ma spero vi invogli a leggere il libro, che tratta ovviamente anche altri argomenti, quali il caso Tortora, la figura controversa di Giulio Andreotti, il processo Dell'Utri e il ruolo di Berlusconi, le trattative Stato-mafia, il caso "Gomorra" e Roberto Saviano, l'affaire rifiuti, la storia del pizzo, la figura di Libero Grassi e l'associazione Addiopizzo di Palermo.<br />
Insomma, la criminalità organizzata attraversa bene o male gran parte se non tutta la storia italiana dell'ultimo secolo.<br />
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Una curiosità: il saggio è stato scritto grazie ad una apposita borsa di studio della London University. Questo saggio ritengo sia molto interessante anche perché guarda al problema da spettatore "esterno". Noi forse siamo troppo assuefatti, troppo presi nei nostri soliti meccanismi burocratici, per accorgerci di come certe caratteristiche del nostro sistema politico-giuridico possano apparire inefficaci e persino aberranti allo sguardo di uno spettatore abituato all'efficienza dei paesi anglosassoni. In questo è di fondamentale importanza, per esempio, la lotta contro la mafia messa in atto negli Usa, che fu molto più efficace e tempestiva, pur non essendo totalmente risolutiva.<br />
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<u>Link correlati:</u><br />
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- Se volete cimentarvi nella lettura del saggio del Lupo in edizione più recente, ecco qua: <a href="https://books.google.it/books/about/Storia_della_mafia.html?id=LU88NcBnr0kC" target="_blank">Salvatore Lupo, Storia della mafia: dalle origini ai giorni nostri, Donzelli 2004</a>.<br />
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- John Dickie ha un suo sito: <a href="http://www.johndickie.net/">http://www.johndickie.net</a>. E' in lingua inglese. Oltre a scrivere saggi e a insegnare, Dickie ha condotti anche alcune trasmissioni su History Channel e pare sia anche un appassionato di cucina, ha scritto un libro intitolato <i><a href="http://www.ibs.it/code/9788842089766/dickie-john/con-gusto-storia.html" target="_blank">Con gusto: storia degli italiani a tavola</a></i>, sempre edito da Laterza.<br />
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- Nell'appendice bibliografica si cita tra tante altre fonti la trasmissione televisiva di Raitre "Blu notte" condotta da Carlo Lucarelli. Se impostate una ricerca su youtube troverete molte puntate interessanti anche su misteri legati alle mafie. <a href="http://www.blunotte.rai.it/dl/portali/site/puntata/list/ContentSet-a96e4dc8-fe9b-40ea-98bc-53956ef769a3.html" target="_blank">Qui il sito ufficiale</a> che riporta anche i video in streaming.<br />
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- Il sito del <a href="http://www.addiopizzo.org/" target="_blank">Comitato Addiopizzo</a>, che tra l'altro in home page commemora la recente scomparsa di Pina Maisano vedova Grassi.<br />
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<br />Novella Semplicihttp://www.blogger.com/profile/06040942347279454097noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4924349897476036875.post-75487343258048285342016-05-23T21:41:00.001+02:002019-06-10T18:02:13.410+02:00Giacomo Matteotti (1885-1924)<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhT-EjYWWoms6rNIvIzrTFmpApC8n_ppIl8u1hpTu7rv00r_nHhg1qhgNmMfUklldQeOoQD3JD2LXx2bxhoQQeO8dTfZa_b1UPcz5r8GlAEJMZ_pgvAjVj2dudceEJ55AZUnaJ1N0OWsLY/s1600/Giacomo_Matteotti.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhT-EjYWWoms6rNIvIzrTFmpApC8n_ppIl8u1hpTu7rv00r_nHhg1qhgNmMfUklldQeOoQD3JD2LXx2bxhoQQeO8dTfZa_b1UPcz5r8GlAEJMZ_pgvAjVj2dudceEJ55AZUnaJ1N0OWsLY/s400/Giacomo_Matteotti.jpg" width="267" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: xx-small;">Di unknown (original uploader: Xylon) - it wikipedia, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=11157501</span></td></tr>
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"Uccidete pure me, ma l'idea che è in me non la ucciderete mai"<br />
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Giacomo Matteotti nacque a Fratta Polesine nel 1885 da genitori di origini modeste, che lavorando sodo riuscirono a farsi una posizione. Frequentò il ginnasio e giovanissimo si avvicinò alla politica insieme ai due fratelli, dopo che il padre ebbe rivestito a fine '800 la carica di consigliere comunale per il partito socialista. I fratelli però morirono entrambi giovanissimi per tubercolosi e lui rimase il solo figlio vivente di madre vedova, il che lo risparmiò dal partecipare alla Prima Guerra Mondiale.<br />
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Laureatosi in giurisprudenza a Bologna, si schierò decisamente con i socialisti da neutralista e antimilitarista convinto; grazie a queste sue posizioni nette si guadagnò subito l'attenzione negativa dei nazionalisti, per cui dovette andarsene dal Polesine e recarsi in Sicilia in confino obbligato.</div>
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Nel 1916 sposò Velia Ruffo, sorella del baritono Titta Ruffo, a cui fu legatissimo (il cognato rifiutò dopo il suo assassinio di cantare in Italia e fu per questo etichettato come "sovversivo" dal regime fascista).</div>
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Matteotti iniziò la propria carriera politica sempre nel Polesine e a inizio anni '20 fu eletto per la prima volta in Parlamento. Da subito iniziò una forte opera di denuncia del fascismo. Nel 1921 pubblicò una apposita inchiesta contro le violenze fasciste, e nel 1924 pubblicò a Londra la traduzione di un suo testo, che in Italia ovviamente non era gradito.</div>
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Grazie alla debolezza dei governi Giolitti e Bonomi e all'appoggio del re, Mussolini riuscì a infiltrarsi negli organi di potere e a istituire le milizie armate che dovevano all'inizio servire allo scopo di reprimere i presunti eccessi del comunismo. </div>
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Soprattutto, Mussolini, una volta arrivato al governo, riuscì con il ricorso alla fiducia e al voto favorevole di tutte le forze di destra, popolari compresi, a parte il gruppo facente riferimento a don Luigi Sturzo, che votò no coi comunisti e i socialisti, a far passare la riforma elettorale nota come Legge Acerbo. Tra l'altro la legge passò anche grazie all'assenza strategica di 53 parlamentari.</div>
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La Legge Acerbo prevedeva un sistema proporzionale con un forte premio di maggioranza alla prima lista che avesse raggiunto appena il 25 per cento. In tal caso avrebbe ricevuto i 2/3 dei seggi e tutti i suoi candidati sarebbero risultati eletti automaticamente. Solo nel caso che nessuno raggiungesse il 25 per cento subentrava di nuovo il classico proporzionale come stabilito dal 1919.</div>
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Il sistema intimidatorio della milizia fascista fece il resto, e quel che non fecero la legge Acerbo e le violenze (un candidato ucciso, molti aderenti ai partiti di sinistra malmenati, comizi vietati, giornali bruciati) lo fecero i brogli. Il 6 aprile del 1924 il partito fascista ottenne la maggioranza con il 60 per cento dei voti. </div>
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Lo storico Giovanni Sabbatucci intitolò a tal proposito un saggio edito nel 1989: "<span style="background-color: white; color: #252525; font-family: sans-serif; font-size: 14px; line-height: 22.4px;"> </span><i style="background-color: white; color: #252525; font-family: sans-serif; font-size: 14px; line-height: 22.4px;">Il 'suicidio' della classe dirigente liberale. La legge Acerbo 1923-1924".</i></div>
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<i style="background-color: white; color: #252525; font-family: sans-serif; font-size: 14px; line-height: 22.4px;"><br /></i></div>
Matteotti, che, dopo lo scisma socialista del 1922, in cui l'ala riformista di Filippo Turati fu espulsa, aderì al PSU (partito socialista unitario) pur non essendo un vero turatiano, il 30 maggio del 1924 prese la parola alla Camera e denunciò con forza i brogli e le violenze che avevano reso irregolari le elezioni. Specificò che queste irregolarità erano in tutte le circoscrizioni, e fece molta impressione, suscitando aperti dissensi. La sua richiesta di invalidare almeno una minima parte dei voti fu respinta. Ai suoi compagni dopo il discorso disse di preparare i suoi funerali.</div>
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Il resto dovrebbe essere cosa abbastanza nota: il 10 giugno Matteotti fu rapito a Roma da un gruppo di fascisti appartenenti probabilmente alla polizia segreta o Ceka (c'è chi dice che fosse stato programmato un agguato a Vienna, durante una riunione socialista, ma Matteotti, a cui in extremis fu concesso di partire in quanto gli era stato ritirato il passaporto, alla fine non andò). Durante la colluttazione dentro l'auto fu accoltellato e morì poco dopo. Fu sepolto sommariamente in un terreno incolto e il cadavere fu ritrovato quasi due mesi dopo. Gli autori del delitto furono condannati a pene irrisorie.</div>
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Ci sono stati infiniti dibattiti sulla effettiva responsabilità del duce: alcuni storici sostengono che per lui questo episodio fu in realtà un inciampo, una difficoltà in più, e che in realtà l'ordine non sia mai partito da lui. Di sicuro però ci sono alcune espressioni agli atti che possono essere interpretate benissimo come un ordine di uccisione. Altri considerano che il rapimento fosse solo a scopo intimidatorio e che la morte sia stata un incidente di percorso. La famiglia stessa di Matteotti, pur chiedendo a gran voce che nessun membro della milizia fascista presenziasse al funerale, in dichiarazioni successive ha sempre ritenuto che le colpe più gravi fossero di Vittorio Emanuele piuttosto che di Mussolini.</div>
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E questo ci porta a una interpretazione relativamente nuova dei fatti.Vittorio Emanuele era infatti direttamente coinvolto, essendo azionista di una società petrolifera che pare essere legata da vicino al delitto.</div>
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In realtà il discorso di Matteotti non poteva avere alcun seguito, se non quello di tentare di ricompattare le opposizioni, viste le profonde divisioni che esistevano tra comunisti e socialisti e all'interno dei socialisti stessi. Già all'epoca nacque il sospetto che oltre ad aver fatto quel discorso, Matteotti fosse un problema molto più grave per il regime. </div>
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Ritrovamenti recenti di memorie di uno degli assassini hanno portato a studiare sotto una nuova veste l'accaduto. </div>
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Sembra infatti che Matteotti, durante un viaggio a Londra, abbia reperito dei documenti che potevano essere molto dannosi per il regime fascista e per lo stesso Mussolini, in quanto dimostravano la corruzione del fratello del duce, Arnaldo, e quindi probabilmente del governo stesso, da parte della società petrolifera americana Sinclair Oil, che dipendeva dalla Standard Oil di proprietà di Rockefeller, che in tal modo, pagando fior di tangenti, si sarebbe assicurata lo sfruttamento dell'eventuale petrolio italiano per 50 anni e, in mancanza di quello, avrebbe comunque avuto in Italia una ottima posizione per controllare il traffico petrolifero nel Mediterraneo, mettendosi contro gli interessi della Gran Bretagna, che invece procedeva sulla stessa via in modo legale e che si vide improvvisamente surclassata in modo sospetto. </div>
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In Gran Bretagna il delitto Matteotti fu subito collegato all'affaire economico e all'improvvisa intesa con la Sinclair. Fu addirittura pubblicato un articolo postumo di Matteotti in cui si parlava della certezza dell'opera di corruzione.</div>
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In Italia tutto ciò ebbe pochissima eco. L'accordo con la Sinclair Oil fu annullato da Mussolini stesso nel novembre 1924 e non se ne parlò più. </div>
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La famiglia Matteotti rimase antifascista ma dovette sottostare a una severa sorveglianza e perdette qualsiasi diritto di espatrio.</div>
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La storia è tornata a galla solo di recente, tra fine anni '80 e inizio anni '90, quando un ricercatore ha ritrovato in Usa una memoria del capo del manipolo degli uccisori, tale Amerigo Dumini, membro della Ceka, polizia segreta fascista dipendente direttamente dal Viminale, il quale, temendo di essere prima o poi ucciso dallo stesso regime fascista perché aveva tentato di ricattare il duce, raccontava di Matteotti e dell'affaire Sinclair Oil chiedendo di rendere nota la vicenda in caso di sua morte.</div>
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Dopo l'orrore del secondo conflitto mondiale, abbiamo saputo ricostruire la nostra libertà dalle ceneri del fascismo, grazie anche al boom economico portato dagli aiuti Usa; abbiamo continuato a vivere con lo spauracchio del comunismo perché nulla cambiasse; ora che il comunismo non c'è più, continuiamo lo stesso a parlare di corruzione, mafia, leggi elettorali illegittime, e di sinistre divise. </div>
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Da queste malattie ancora non pare siamo guariti.</div>
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Matteotti era nato il 22 maggio del 1885. Ogni 23 maggio facciamo memoria della morte di Falcone. Tuttora è necessario il martirio per coinvolgere l'opinione pubblica e tentare di cambiare qualcosa. E ogni volta perdiamo la memoria troppo rapidamente.</div>
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<u>Link correlati</u><br />
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- Il delitto Matteotti è considerato come l'inizio del vero e proprio regime fascista. Qui un video commemorativo tratto da <a href="http://www.raistoria.rai.it/articoli/delitto-matteotti-linizio-del-regime/25122/default.aspx" target="_blank">Raistoria</a>.</div>
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Novella Semplicihttp://www.blogger.com/profile/06040942347279454097noreply@blogger.com0