Letture - Mafia Republic: Cosa Nostra, camorra e 'ndrangheta dal 1946 a oggi di John Dickie

Ho iniziato ad interessarmi alla storia della criminalità organizzata per caso. Dovevo dare l'esame di storia contemporanea e il corso quell'anno era stato accorpato con quello di un altro corso di studi; avremmo approfondito la storia della mafia.

Uno dei testi che ho letto per questo esame mi ha particolarmente colpito: si tratta della "Storia della Mafia" di Salvatore Lupo, un classico imprescindibile per questo tipo di studi storici. Ha un unico difetto: essendo stato edito nel 1993, non riporta se non per sommi capi e per deduzioni le vicende successive e complicatissime del processo Andreotti, dei depistaggi, della trattativa Stato-mafia.

Di recente ho quindi trovato questo testo e l'ho acquistato, sperando di aggiornarmi e soprattutto che non fosse uno dei tanti testi gratuitamente sensazionalistici.

Ebbene: è un signor libro.




John Dickie è un saggista, giornalista e professore di italianistica all'University College of London.
Ha scritto vari testi sul Meridione e sulla criminalità organizzata, alcuni dei quali tradotti in italiano e pubblicati da Laterza.

Nella postfazione dichiara di avere inteso scrivere questo saggio in modo da renderlo fruibile al grande pubblico, e ci riesce appieno. Lo stile è scorrevole, il ritmo incalzante, la partecipazione dell'autore tangibile. Le note bibliografiche, indispensabili per la verifica delle fonti, sono presenti e molto accurate, ma sono state accorpate in appendice per non interrompere il flusso di lettura.
Una scelta che ho trovato molto azzeccata. Ho letto anche tutta la bibliografia ma ciò non mi ha impedito di godermi il testo senza distrazioni.

Egli stesso dichiara di aver ben apprezzato il saggio del Lupo già citato, che pone alla base del suo libro. Ma a differenza di quest'ultimo, Dickie analizza anche la storia e il linguaggio delle altre due grandi mafie italiane: la 'ndrangheta e la camorra, dalle origini ai giorni nostri. En passant, cita anche la Sacra Corona Unita e la Banda della Magliana, ma mentre la prima la giudica una realtà che è nata come succursale della 'ndrangheta e della camorra e quindi finora marginale, la seconda invece ha evidentemente fallito e non è riuscita a fare a Roma ciò che avevano fatto a Napoli e Palermo.

Impossibile riassumere in breve il contenuto del libro, Faccio solo una breve panoramica che spero vi incuriosisca sull'argomento.

Le origini delle mafie più o meno risalgono al XIX secolo. In particolare, fu l'Unità d'Italia a fare da detonatore. Il nuovo potere non aveva conoscenze né polso per controllare realmente i territori del Sud occupati; ci furono ribellioni di contadini che pretendevano al redistribuzione delle terre; la mafia si presentò come difensore dello status quo, specialmente in seguito, con l'ascesa del pericolo comunista (si pensi a Salvatore Giuliano e alla strage del Primo Maggio 1947 a Portella della Ginestra, dove alcuni banditi spararono sulla folla che manifestava contro il latifondismo, e su cui aleggiano ancora sospetti di infiltrazione dei servizi segreti anticomunisti). Nelle difficoltà del nuovo giovane stato, spesso erano anche visti in modo positivo da parte delle popolazioni, che si sentivano tutelate, nonostante le mafie vivessero principalmente di estorsione. Ma in una situazione profondamente insicura, si spacciavano, a volte con successo, come difensori della giustizia (e purtroppo questo punto di vista è stato a lungo sostenuto anche da studiosi, magistrati, registi, uomini di cultura: la mafia non esiste, mafia è un temperamento, un qualcosa di genetico alle popolazioni del Sud, sono isolati atti criminali; in parole povere, la mafia non esiste).

La propaganda fascista aveva inneggiato alla distruzione della criminalità a seguito dell'invio del superprefetto Mori in Sicilia. In realtà, pur assestando danni, la mafia non era sparita, ma solo silente; anche perché le attività criminali erano riportate dalla stampa di regime come minime, assenti o risalenti ad altra matrice.
Di sicuro sappiamo che con lo sbarco degli alleati durante la Seconda Guerra Mondiale, la probabile collaborazione di Lucky Luciano con la marina statunitense che preparava lo sbarco, e il suo successivo ritorno in Italia, la mafia riprese forza (alcuni storici sostengono che ci fosse anche una sorta di accordo più o meno tacito tra Luciano e l'esercito, ma non ci sono prove documentate).

All'epoca, uno dei sistemi per punire i delinquenti e allontanarli dal loro ambiente era il confino, che però veniva effettuato in carceri non di massima sicurezza e spesso in territori comunque legati ad altre mafie: questo comportò un apparentamento tra mafiosi, camorristi e 'ndranghetisti, che in carcere trovavano un ambiente adatto per stabilire patti di collaborazione, accordi economici e anche affiliazioni reciproche (non è raro trovare membri di Cosa Nostra affiliati con rito apposito anche alla Camorra o alla 'ndrangheta e viceversa).

All'inizio fu la mafia rurale, poi l'estorsione. In seguito le principali fonti economiche divennero il contrabbando di sigarette, l'eroina e a ruota la cocaina. Una volta consolidata la posizione economica, fu facile infiltrarsi negli affari edilizi e giungere al controllo degli appalti in zone dove le famiglie mafiose avevano il controllo di tutto e dove lo stato centrale era praticamente assente. Quando c'era bisogno di denaro, la 'ndrangheta in particolare ma in casi estremi anche Cosa Nostra ricorrevano ai sequestri di persona.
Solo negli ultimi anni alcuni settori mafiosi si sono dedicati, come sappiamo dalle cronache, al traffico di rifiuti e probabilmente hanno un loro ruolo anche nel traffico di migranti.

L'Italia intanto era divenuta terreno di guerra, nemmeno tanto fredda. La Dc al potere era finanziata dagli Usa, il PCI dall'Urss. Iniziò la strategia della tensione, con le stragi di matrice neofascista e con gli anni di piombo e le Brigate Rosse. Pare che entrambi i contendenti si siano avvalsi dell'aiuto di forze appartenenti alla criminalità organizzata meridionale, con scambi di favori.

Ci sono una infinità di martiri di mafia e sarebbe veramente ingiusto non citarli tutti, ma per ovvi motivi di spazio ne segnalerò solo alcuni. Non perché siano più importanti di altri ma perché l'indignazione successiva ai loro assassinii portò a un progresso decisivo nella lotta alle mafie.
Pio La Torre nel 1982 fu il firmatario, insieme a Rognoni, della famosa legge che istituì il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso e rese possible per lo stato operare la confisca dei beni. Pagò con la vita. La legge fu approvata solo dopo la sua morte e solo dopo la morte del suo amico-nemico Carlo Alberto Dalla Chiesa, da cui lo differenziava profondamente il credo politico ma non l'onestà.

Inutile dire che Cosa Nostra si è molto indebolita, anche se non è ancora morta, grazie al lavoro di Giovanni Falcone prima e di Paolo Borsellino poi, e grazie anche al loro martirio. Grazie a loro sono nati gli strumenti investigativi bancari, il 41bis, la Direzione Nazionale Antimafia, le procure antimafia, i pentiti. Tommaso Buscetta fu la chiave del maxi processo e per la prima volta dal secolo precedente, finalmente, fu provato che la mafia esisteva e non era l'invenzione di qualche magistrato fantasioso o "con turbe psichiche", come ebbe a dichiarare un famoso personaggio durante una intervista.

La Camorra ebbe invece il suo momento di gloria grazie a Raffaele Cutolo, il quale fondò la Nuova Camorra Organizzata proprio nel carcere di Poggioreale, da cui comandava il suo esercito senza nessuna difficoltà e che ebbe rapporti anche con rappresentanti dello stato (pare sua la mediazione nel sequestro Cirillo, politico DC  rapito dalle BR e che fu salvato al contrario di Aldo Moro, dopo pagamento di un grosso riscatto). In seguito fu sconfitto, dopo una guerra feroce, dalle famiglie più vecchie, che si erano organizzate nella Nuova Famiglia, da cui emerse, sempre dopo nuove lotte intestine, il clan dei Casalesi.

La 'ndrangheta invece tuttora è semisconosciuta nel suo funzionamento. Innanzitutto perché, pur avendo una sorta di comitato centrale di controllo, ogni cellula è autonoma nelle sue attività criminali; inoltre è una mafia che non ha avuto o quasi fenomeni di pentitismo e che ha saputo diffondersi anche al Nord Italia e all'estero, in Europa e perfino in Australia, oltre ad avere un forte controllo sul territorio calabrese. Dickie la considera al momento la mafia più forte e auspica una serie di interventi del calibro di quelli del pool antimafia di Palermo anche sui fatti di Calabria, se non altro per averne una maggiore conoscenza e capirne i punti deboli.

E' un riassunto molto parziale ma spero vi invogli a leggere il libro, che tratta ovviamente anche altri argomenti, quali il caso Tortora, la figura controversa di Giulio Andreotti, il processo Dell'Utri e il ruolo di Berlusconi, le trattative Stato-mafia, il caso "Gomorra" e Roberto Saviano, l'affaire rifiuti, la storia del pizzo, la figura di Libero Grassi e l'associazione Addiopizzo di Palermo.
Insomma, la criminalità organizzata attraversa bene o male gran parte se non tutta la storia italiana dell'ultimo secolo.

Una curiosità: il saggio è stato scritto grazie ad una apposita borsa di studio della London University. Questo saggio ritengo sia molto interessante anche perché guarda al problema da spettatore "esterno". Noi forse siamo troppo assuefatti, troppo presi nei nostri soliti meccanismi burocratici, per accorgerci di come certe caratteristiche del nostro sistema politico-giuridico possano apparire inefficaci e persino aberranti allo sguardo di uno spettatore abituato all'efficienza dei paesi anglosassoni. In questo è di fondamentale importanza, per esempio, la lotta contro la mafia messa in atto negli Usa, che fu molto più efficace e tempestiva, pur non essendo totalmente risolutiva.

Link correlati:

- Se volete cimentarvi nella lettura del saggio del Lupo in edizione più recente, ecco qua: Salvatore Lupo, Storia della mafia: dalle origini ai giorni nostri, Donzelli 2004.

- John Dickie ha un suo sito: http://www.johndickie.net. E' in lingua inglese. Oltre a scrivere saggi e a insegnare, Dickie ha condotti anche alcune trasmissioni su History Channel e pare sia anche un appassionato di cucina, ha scritto un libro intitolato Con gusto: storia degli italiani a tavola, sempre edito da Laterza.

- Nell'appendice bibliografica si cita tra tante altre fonti la trasmissione televisiva di Raitre "Blu notte" condotta da Carlo Lucarelli. Se impostate una ricerca su youtube troverete molte puntate interessanti anche su misteri legati alle mafie. Qui il sito ufficiale che riporta anche i video in streaming.

- Il sito del Comitato Addiopizzo, che tra l'altro in home page commemora la recente scomparsa di Pina Maisano vedova Grassi.





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