Il Grande Scisma o Scisma d'Oriente (1054)

Il patriarca Fozio siede sul trono
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Il Grande Scisma o Scisma d'Oriente (così chiamato dai cattolici per differenziarlo dal Grande Scisma d'Occidente del XIV secolo, quando la sede papale si spostò in Francia nella città di Avignone e ci furono contemporaneamente due papi; logicamente gli ortodossi invece lo classificano come Scisma Latino o Scisma d'Occidente) è la frattura che ha dato vita alla chiesa cristiana ortodossa (dal greco=giusta dottrina) in separazione dalla chiesa di Roma che si definisce unica chiesa cattolica (dal greco=universale).

Tradizionalmente lo scisma viene datato al 1054, ma ebbe una premessa molto movimentata già duecento anni prima, con il patriarcato di Fozio (patriarca di Costantinopoli a fasi alterne dal 857 all'886); la definitiva separazione avvenne solo nel 1453, con l'invasione ottomana e il rifiuto della riconciliazione che era stata faticosamente concordata nel concilio di Firenze del 1439.
Come quasi tutti gli scismi religiosi europei, le discordie erano politiche più che strettamente religiose.




Per comprendere meglio la situazione, è necessario fare un passo indietro.
La religione cristiana, che era stata all'inizio perseguitata dagli imperatori romani, fino a diventare invece poi culto accettato e poco dopo religione di stato, alla fine del IV° secolo dopo Cristo, si basava a livello gerarchico sull'autorità del vescovo, che comandava le comunità della propria città. Solo il vescovo aveva obbligo di celibato, mentre i sacerdoti potevano sposarsi e avevano solo obbligo di astinenza prima di celebrare. 
A livello di impero, si distinsero ben presto cinque vescovi, siaper prestigio personale che per il ruolo politico e religioso nelle città che governavano. Questi vescovi furono chiamati patriarchi ed erano appunto a capo di un patriarcato. 
I cinque patriarcati preminenti furono definiti nel concilio di Calcedonia del 451: quattro in Oriente, Costantinopoli, Alessandria d'Egitto, Antiochia, Gerusalemme; e uno in Occidente, Roma. 

Piano piano, specie dopo il crollo dell'impero romano di Occidente e le invasioni barbariche, il patriarca di Roma cominciò ad assumere rilevanza anche politica, oltre che una preminenza onoraria in quanto patriarca della capitale dell'Impero. Nel periodo immediatamente dopo la dissoluzione dell'impero occidentale (476 d.C.), fu l'unica autorità in Italia a poter trattare con i re barbari e a tutelare la popolazione circostante, processo che poi sfociò nella nascita dello Stato Pontificio, in seguito alla donazione al papa di ampi territori attorno a Roma,  fatta  dal re longobardo Liutprando, con la famosa Donazione di Sutri del 728, che sancì l'inizio del potere temporale.
Stessa cosa accadde in parallelo a Costantinopoli (odierna Istanbul), capitale dell'impero orientale, che accrebbe la sua importanza a discapito degli altri patriarcati, per motivazioni di prestigio politico più che religioso; e anche per la caduta progressiva delle altre città patriarcali in mani islamiche, con le prime invasioni che minacciarono prima e inglobarono poi quasi tutto l'Oriente.
Le due sedi, Roma e Costantinopoli, avevano un credo comune ma riti diversi: a Oriente il rito greco ed il rito latino a Occidente, i quali si differenziavano per usanze e rituali di celebrazione, nonché per la lingua. 

Come abbiamo già anticipato, la svolta si ebbe con il patriarcato di Fozio. Uomo di enorme cultura, a cui dobbiamo una importante opera di raccolta di opere di letteratura, la "Biblioteca", che ha permesso a testi fondamentali dell'epoca di arrivare fino ai nostri giorni, era anche esperto di diritto e soprattutto imparentato con la famiglia dell'imperatore. 
Nell'857, quando era ancora un laico, l'imperatrice Teodora, reggente il trono per il figlio ancora piccolo, il futuro Michele III, fece consacrare Fozio vescovo e l'anno dopo lo nominò patriarca, al posto del patriarca in carica Ignazio, che fu deposto ed esiliato, reo a livello ufficiale di aver rifiutato la comunione allo zio dell'imperatore perché aveva tenuto una condotta immorale. Probabilmente fu rimosso per divergenze insanabili di altro tipo.

Ignazio allora chiese aiuto all'altra autorità della Chiesa, l'unica che poteva aiutarlo a recuperare il potere perduto: il papa. 
Niccolò I Magno nell'863 accolse le lamentele di Ignazio e dichiarò ingiusta la sua deposizione, minacciando scomunica sia per Fozio, se non si fosse fatto da parte, sia per i suoi ambasciatori.
Fozio e Michele III da parte loro risposero a loro volta con la scomunica (867), e iniziando una contestazione ufficiale del rito latino, in particolare l'uso latino di aggiungere al testo del Credo il cosiddetto Filioque (in latino significa 'e dal Figlio'). 
Il Credo originario infatti prevedeva la dicitura:"Credo nello Spirito Santo (...) e procede dal Padre", perché la teologia diffusa in ambito greco vedeva il Cristo come leggermente inferiore al Padre, pur avendo comunque natura divina; mentre in Occidente si riteneva la figura di Cristo equivalente, nella Trinità, a quella del Padre, e quindi si recitava, come recita il Credo latono ancora oggi: "...e procede dal Padre e dal Figlio". 
Una differenza che prima di allora non aveva mai creato problemi di sorta, riducendosi ad una controversia filosofico-religiosa, e che divenne invece un'arma per uno scontro tutto politico fra due città e fra due poteri temporali.

Anche il celibato dei sacerdoti fu contestato da Fozio: esso stava diventando obbligatorio in Occidente, per motivi economici e non solo (i vescovi, nell'assenza di un governo centrale, assunsero anche cariche politiche; in seguito, con lo sviluppo del sistema feudale, i benefici parrocchiali sarebbero divenuti ereditari se il chierico avesse avuto famiglia, e questo creava un problema enorme non solo per la possibile perdita degli incassi delle rendite da parte della Chiesa vescovile, ma anche per la possibilità che a un prete succedessero figli indegni di svolgere il ruolo ereditato dal padre, creando vere e proprie dinastie di chierici indipendenti dal controllo episcopale). 

Soprattutto, Fozio contestò l'autorità tradizionalmente spettante al vescovo di Roma, che secondo il patriarca orientale non aveva nessun diritto di immischiarsi nelle questioni interne costantinopolitane e a maggior ragione non poteva comandare sulla chiesa intera.

Fozio fu deposto due volte e una volta tornò al potere, insieme a lui cambiarono anche gli imperatori e i papi e il suo strappo fu per il momento ricucito. Il colpo definitivo all'unità fu dato due secoli dopo da Michele I Celulario, patriarca d'Oriente, che riprese a mettere in discussione l'autorità petrina con gli stessi argomenti di Fozio, contestando in aggiunta l'espansione del rito latino nella zona dei Balcani, che era ritenuta invece di competenza greca. 
Inoltre, mentre il papa aveva poteri anche politici, il patriarca orientale era strettamente legato all'imperatore bizantino, comportamento che ancora oggi distingue il credo ortodosso, molto nazionalista e legato al potere politico a volte in modo acritico, come purtroppo è emerso anche pochi decenni fa nei Balcani e in Russia.

Nel 1054 ci fu la scomunica reciproca tra i rappresentanti di papa Leone IX e il patriarca Michele e si ebbe di fatto al separazione tra due chiese, con riti e usanze ormai diverse, che però avevano ed hanno ancora in comune le basi della fede in Cristo.
Nel 1204 addirittura i crociati occidentali saccheggiarono Costantinopoli, a dimostrazione di un dissidio ormai irrecuperabile.

Ci furono due tentativi di ricomposizione della frattura: nel 1274 al Concilio di Lione il papa e l'imperatore, nonché i notabili orientali presenti, firmarono per una sostanziale resa al primato di Roma, ma una volta terminato il concilio la base del clero ortodosso e i fedeli si opposero duramente e alla morte dell'imperatore Michele VIII, che aveva imposto l'accordo con la forza, il figlio Andronico immediatamente sconfessò l'operato del padre.

Il secondo tentativo, quello forse che più viene rimpianto da chi ha a cuore l'unità dei cristiani, avvenne nel 1439, con un concilio iniziato a Basilea, poi trasferito a Ferrara e infine conclusosi a Firenze, e noto appunto come concilio di Ferrara/Firenze, in cui la discussione tra i legati fu approfondita e non imposta, e in cui si raggiunse un accordo solenne, che sanciva gli usi diversi ma una sola medesima fede; si lasciava libertà alle chiese Uniate (ancora esistenti in Oriente: sono comunità che dopo lo scisma si schierarono con Roma; ancora oggi hanno regole speciali in virtù del loro essere "ponti ecumenici" verso la chiesa ortodossa, soprattutto nella liturgia e nel celibato) di mantenere i propri usi. L'imperatore era in grave difficoltà con i turchi alle porte, e accettò di buon grado un accordo con il papa. 
Anche in questo caso però le comunità ortodosse preferirono rifiutare l'accordo, che non fu ratificato per la defezione di 21 vescovi su 31; in alcuni casi ci fu il "tradimento" di personalità che a Firenze avevano dato il proprio consenso... oggi li definiremo "franchi tirarori"... 
Nel 1453 la capitale d'Oriente finí conquistata dagli Ottomani.
Solo le chiese Uniate, appunto, ratificarono l'accordo, e da allora, soprattutto in Bulgaria, Ungheria e Slovacchia, nonché in Polonia e in Africa (comunità siro-copta) ci sono chiese orientali non ortodosse, in comunione con Roma, ma con riti e usanze specifiche definite da atti appositi (l'ultimo è il Codice dei Canoni delle Chiese Orientali promulgato da Giovanni Paolo II nel 1990, che è un esempio illuminante di cosa sia veramente l'ecumenismo e che consiglio di leggere, a dimostrazione di cosa possa fare una chiesa aperta ai fratelli).


Paolo VI e Atenagora I - Di ignoto - Pubblico dominio, https://it.wikipedia.org/w/index.php?curid=104071

Per quanto riguarda il discorso ecumenico, appunto, le chiese ad oggi sono molto vicine, pur mantenendo lo status di separate. Il percorso non è ancora finito. Iniziò con Paolo VI e Atenagora I, che si incontrarono a Gerusalemme nel 1964 e che produssero una Dichiarazione comune nel 1965 ai margini del Concilio Vaticano II. 
E' continuato di recente con la restituzione nel 2004 delle reliquie di S. Giovanni Crisostomo e di S. Gregorio Nazianzeno, santi per entrambe le chiese, che erano state sottratte da Costantinopoli (nel primo caso durante le crociate, nel secondo forse trasferite a Roma da alcuni monaci bizantini e mai più rimpatriate).
I patriarchi d'Oriente hanno partecipato alle esequie di Giovanni Paolo II nel 2005. E' stata la prima volta dopo 950 anni.
Nel 2006 Benedetto XVI ha rinnovato una dichiarazione congiunta con il patriarca Bartolomeo I in cui dichiarano di lavorare per l'unione delle chiese, per la quale però sembra ancora necessario coinvolgere le comunità, specie in quelle aree di confine in cui ancora oggi dopo un millennio cattolici, uniati e ortodossi cercano di convivere e purtroppo non sempre vanno d'accordo.

Link correlati:

- A questo link trovate la pagina del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani in cui si fa il quadro della situazione attuale. E'uno degli argomenti in cui la chiesa cattolica è più moderna e forse anche all'avanguardia. Ma per dare voce anche ai fratelli ortodossi, è possibile leggere anche il loro punto di vista a questo link, che però è in inglese, ed è a cura dell'arcidiocesi greco-ortodossa d'America.

- Qui trovate la Dichiarazione comune di Paolo VI e Atenagora del 1965. Breve e intensa, esprime il dolore di entrambi per le parole e i gesti di inimicizia intercorsi tra le due chiese. Rimane una pietra miliare della storia del cristianesimo.

- Se qualcuno ha coraggio e vuole affrontare la questione del Filioque, qui trovate un riassunto delle controversie attorno a questo concetto teologico. Per chi si interessa di teologia, filosofia antica ed ecumenismo ritengo sia un concetto degno da approfondire.








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