Il piccolo Vajont dimenticato: la tragedia della Val di Stava

Il 9 ottobre ricorre l'anniversario di una delle più grandi sciagure colpose italiane: la colata di fango del Vajont, che nel 1963 fece quasi duemila morti.

La tragedia del Vajont è stata riportata in auge dal bellissimo spettacolo teatrale di Marco Paolini: Vajont, Orazione civile, mandato coraggiosamente in onda in prima serata su Rai2 il 9 ottobre 1997 in occasione del 34° anniversario. Paolini, che è un grandissimo attore, ha saputo smuovere gli animi e inaspettatamente da allora il Vajont ha avuto una rilevanza, una memoria a livello di opinione pubblica che negli anni precedenti non aveva paragone.

Ma c'è un'altra catastrofe molto simile avvenuta in Italia in tempi molto più recenti: sto parlando dell'inondazione della Val di Stava, avvenuta il 19 luglio 1985, tornata alla ribalta per pochi giorni sui quotidiani perché quest'anno ricorreva il 30° anniversario.

"Stava". Con licenza Pubblico dominio tramite Wikipedia - https://it.wikipedia.org/wiki/File:Stava.jpg#/media/File:Stava.jpg





I morti furono 268, e anche se non sono numericamente paragonabili ai morti del Vajont, si tratta comunque di una delle più grandi stragi del nostro Paese, avvenuta, esattamente come per il Vajont, per incuria, sottovalutazione del rischio, priorità data al guadagno piuttosto che alla sicurezza.

A Stava, una frazione del comune di Tesero, in provincia di Trento, non c'era originariamente una diga, ma una miniera. Essa esisteva già dal 1500 per estrarre argento, ma dal 1934 fu convertita all'estrazione di fluorite. Questo minerale era utilizzato nell'industria siderurgica e chimica.
La miniera sul monte Prestavèl forniva fluorite pura al 75%, ed era quindi utilizzabile in ambito siderurgico, ma non in quello chimico, dove era richiesta una purezza quasi totale, circa il 95%.
Negli anni '60, per poter ricavare minerale puro da poter utilizzare anche in ambito chimico, la società Montecatini (a cui poi subentrarono Mondedison, IGEM, EGAM, SNAM, FLUORMINE, ENI e infine la Prealpi Mineraria) iniziò a costruire bacini di decantazione attingendo al fiume Stava, per due scopi: alimentare i bacini di flottazione (in cui la fluorite veniva separata dalle scorie tramite galleggiamento) e convogliare i fanghi di scarto in bacini-discarica. Il primo bacino è del 1961, il secondo del 1969. Gli argini dei bacini furono costruiti in maniera totalmente errata, con un sistema che garantiva notevole risparmio economico ma gravi problemi di stabilità: erano troppo alti, avevano base su terreno già di per sé acquitrinoso, e su una pendenza notevole, con tubi di drenaggio che passavano sotto l'argine stesso.

Lo Stato non richiese mai nessun controllo o certificazione di sicurezza fino al 1975, anno in cui il comune di Tesero chiese esplicitamente una certificazione di sicurezza. Ma il Distretto Minerario della Provincia Autonoma di Trento incaricò la stessa società che all'epoca gestiva l'impianto, e cioè la Fluormine Spa, dell'esecuzione delle verifiche.
Dai documenti interni emerse la pericolosità del sistema di argini, ma l'azienda, proprio come nel caso Vajont, presentò al comune e al distretto una relazione assolutamente positiva.

Il cedimento strutturale avvenne appunto il 19 luglio 1985: il primo argine cedette e riversò i fanghi sul secondo bacino, causando il cedimento anche del secondo argine.
Film già visto: un'ondata di fango di circa 170.000 mc (più circa 40.000 mc aggiuntivi dovuti all'erosione del terreno e dei vegetali lungo il tragitto dell'onda) si abbattè sulla valle sottostante, fino alla confluenza tra lo Stava e il torrente Avisio.

I cadaveri furono tutti recuperati grazie a uno sforzo enorme sostenuto dai membri delle squadre di soccorso, ma su 268 totali 71 non furono riconosciuti e furono seppelliti nel cimitero monumentale a Tesero, senza un nome. Il numero esatto delle vittime si apprese un anno dopo in base alle dichiarazioni di morte presunta in seguito a scomparsa.

"Stava2". Con licenza Pubblico dominio tramite Wikipedia - https://it.wikipedia.org/wiki/File:Stava2.jpg#/media/File:Stava2.jpg


Il successivo processo appurò che l'argine, per come era stato costruito, "non poteva non crollare" (citazione dalla commissione ministeriale di inchiesta del 1986). La miniera non riaprì più dopo il disastro.
Furono condannati in via definitica i responsabili della costruzione dei bacini, i direttori della miniera e i respinsabili delle società che intervennero a vario titolo nelle scelte dal 1969 al 1985;  e i responsabili del Distretto Minerario per omesso controllo. Le pene sono state scontate o condonate e nessuno è finito in galera. Le aziende che avevano avuto in carico la gestione della miniera, nonché la Provincia Autonoma di Trento, sono state condannate a pagare i risarcimenti alle vittime.

Link correlati:

- il sito internet, completo ed esaustivo, della Fondazione Stava 1985: la Fondazione gode dell'Alto Patronato della Presidenza della Repubblica e gran parte se non tutte le notizie che trovate sopra le ho apprese grazie al loro lavoro. Trovate clip, animazioni, le indicazioni per visitare l'ex miniera e l'itinerario del Percorso della Memoria.

- La puntata video de "La Storia siamo Noi" dedicata alla tragedia di Stava.

- Un libro molto interessante di Graziano Lucchi, che parla delle tragedie gemelle di Stava e di Sgorigrad, paesino bulgaro in cui ci fu una catastrofe identica, causata sempre dal crollo dei bacini di decantazione di una miniera, con un ecatombe di quasi 500 persone; il regime comunista allora in carica cercò in ogni modo di nascondere l'accaduto. Sgorigrad-Stava: identiche tragedie.

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