Letture: "Storia della guerra del Vietnam" di Stanley Karnow



Non so perché, ma l'argomento guerra del Vietnam mi ha sempre incuriosito.
Forse perché è una guerra "moderna" e non la si studia nel normale cursus italiano; forse perché per chi come me è nato negli anni '70 l'eco delle proteste era ancora vivo e tangibile. Forse perché fu la prima guerra pesantemente seguita dai mass media e che riuscì ad entrare tramite la tv nelle sale da pranzo occidentali.
Sarà per i numerosi film (dai commerciali stile Rambo al capolavoro di Cimino "Il cacciatore" passando per "Apocalypse now"),  o canzoni come "Born in the USA" di Springsteen...




Fatto sta che ho sentito il bisogno di documentarmi maggiormente.
Per prima cosa ho letto il resoconto fatto da Tim o'Brien nel suo Mettimi in un sacco e spediscimi a casa, Piemme 2011: una sorta di diario di guerra di un giovane reduce successivamente divenuto giornalista e scrittore (perciò molto intimistico e con pochi dettagli sui fatti realmente accaduti, ma prezioso perché illustra la guerra da dentro).
Non poteva mancare il testo più famoso in Italia e forse uno dei più venduti anche nel mondo: Niente e così sia di Oriana Fallaci, che vede invece il conflitto dalla parte della giornalista inviata di guerra e ne sottolinea l'insensatezza.

Ma nessuna opera mi spiegava che cosa realmente fosse accaduto in quegli anni, l'origine della guerra, gli accadimenti politici e militari.

Ho scovato perciò quello che viene considerato, anche se un po' datato, il miglior manuale sull'argomento: come da titolo, la Storia della guerra del Vietnam di Stanley Karnow, circa 500 pagine appendici comprese.

Karnow, giornalista e storico statunintense, nato nel 1925 e morto nel 2013, vincitore di un premio Pulitzer, corrispondente del "Time" in Francia e poi inviato di guerra in Vietnam per "Life" e "The Observer", fu un profondo conoscitore degli ambienti vietnamiti perché già in zona durante la dominazione francese (ufficialmente riconosciuta come "protettorato" dal 1883: il re vietnamita era in carica ma il controllo effettivo dello stato era occidentale), che precedette quella americana e che ebbe una fine altrettanto ingloriosa di quella dei cugini occidentali, che a loro volta tentarono invano di bloccare l'avanzata comunista in Estremo Oriente, non tenendo conto delle peculiarità non solo geografiche ma anche ideologiche e culturali del paese invaso.

Lo storico ha uno stile verboso, e spesso indugia su molti dettagli che possono apparire secondari. Ma ha il merito di analizzare profondamente le varie vicissitudini che hanno portato alla disfatta americana e al ritiro delle truppe, con la successiva riunificazione del Vietnam sotto la bandiera comunista dello stato del Nord.

In particolare, Karnow si sofferma sulle molte incertezze politiche dei vari presidenti degli Usa, dei loro consiglieri, illustrando chi fosse a favore dell'aumento delle forze da impegnare e chi invece si rese conto che lo sforzo sarebbe diventato eccessivo e senza fine.
Il libro è quindi un susseguirsi di dispacci, di riunioni fiume, di consiglieri che vanno e vengono da Washington a Saigon. E' quindi a mio modesto parere, forse quasi inevitabilmente, molto dettagliato sul punto di vista USA, ufficiale e non, piuttosto che su quello di Ho Chi Min e successori. Quasi inevitabilmente, dicevo, in quanto gli archivi dello stato vietnamita sicuramente sono molto meno accessibili.

Il libro inizia dalla dominazione coloniale francese, analizza il percorso verso l'indipendenza e il ruolo predominante della figura di Ho Chi Min, che dopo aver studiato e vissuto in Francia tornò in patria e fondò il partito comunista vietnamita meglio noto come Fronte di Liberazione Nazionale (i cui adepti furono prima chiamati vietminh e successivamente vietcong rispettivamente da francesi e americani); analizza il disastro della battaglia di Dien-Ben-Phu e la resa francese. Il pericolo dell'avvento di un potere comunista anche in Vietnam mette in allarme gli Stati Uniti, che iniziano ad intervenire a sostegno di una divisione del Vietnam in due stati, divisione che fu approvata come momentanea nel 1954 alla Conferenza di pace di Ginevra.
Gli Usa di fatto intervennero pesantemente nel governo del Sud, finanziando un regime fantoccio, spesso formato da persone incapaci e dilaniato dalla corruzione. Questo appoggio a un governo anticomunista secondo i loro intenti avrebbe dovuto fungere da baluardo all'invasione comunista nel sud-est asiatico. In realtà i generali sudvietnamiti erano spesso in lite tra loro, l'azione di governo era inefficace, e gli Usa si trovarono a dover scegliere tra il rischio dell'avanzata comunista e il rischio di un profondo coinvolgimento di uomini e mezzi. Scelsero il secondo.

Karnow sottolinea che il principale errore di quasi tutte le personalità americane, politiche e militari, fu la sottovalutazione del rischio. Quasi tutti i consiglieri politici e militari iniziarono ad essere favorevoli a una estensione dell'impegno militare, logistico ed economico, ritenendo che fosse l'unico modo per interrompere l'escalation dell'espansione comunista nel mondo. E il popolo americano approvava.
Ma non facevano i conti con la storia del popolo vietnamita: da sempre vittima di occupazioni straniere, il popolo del Nord aveva trovato in Ho Chi Min il liberatore. Erano disposti a morire per l'indipendenza del paese, molto più di quanto un ragazzo americano fosse disposto a morire nella giungla per la propria patria. Inoltre il regime filoamericano di Saigon intraprese una serie di politiche molto restrittive nei confronti dei contadini (nelle cui fila si sospettava si nascondessero infiltrati) che in mano a funzionari corrotti finirono per diventare una veria e propria caccia alle streghe, con il contadino che finiva espropriato della terra a favore del potente di turno. Questo finì per inimicare anche il popolo del Vietnam del Sud, che pure era tutt'altro che filocomunista, alla causa americana. L'anelito all'indipendenza, la guerriglia di stampo non tradizionale, i percorsi inticati e sconosciuti nella foresta dal clima caldo e afoso, fecero il resto.

L'appoggio logistico e militare intrapreso da Kennedy divenne guerra aperta e invasione con il presidente Johnson e finì nella pubblica ammissione del fallimento e con la ritirata sotto Nixon. Non mancarono atrocità sia da parte comunista sia da parte americana. In particolare si ricorda come una delle stragi di civili più gravi della storia quella compiuta nel villaggio di My Lai da un battaglione statunitense, che si accanì contro vecchi, donne e bambini. Ci fu un tentativo di insabbiare l'accaduto, ma il fotografo Ron Haeberle che seguiva l'armata riuscì a far pubblicare i suoi scatti e a far conoscere l'accaduto al mondo.

Il Vietnam del Sud fu infine annesso al nord con l'invasione di Saigon da parte delle truppe comuniste nel 1975.

Il colosso americano non era riuscito a sconfiggere la guerriglia comunista. Non serviva fare il tradizionale conteggio dei morti: nonostante i vietcong morissero come mosche soprattutto a causa dei pesantissimi bombardamenti sul nord, le forze comuniste non cedevano e i soldati americani perdevano molte vite per ritrovarsi sempre nel medesimo punto e senza conquiste signficative. E mentre gli Usa avevano una opinione pubblica che da favorevole alla guerra divenne pian piano contraria, il popolo vietnamita non aveva nulla da perdere e non avrebbe ceduto qualsiai fosse stato il numero dei morti.
Profetica in tal senso la frase di Ho Chi Min riportata in varie parti del libro:
"Potete uccidere dieci miei uominiper ognuno dei vostri che io uccido. Ma anche così, voi perderete e e io vincerò".

Il Vietnam comunque non gioì certo troppo della vittoria: il paese restò poverissimo, e quando Karnow tornò nel 1981 in visita rimase sconcertato dal crollo dell'economia, dovuto a suo dire anche agli errori del partito, che intraprese una specie di "rivoluzione industriale" forzata su un paese ancora dedito alla coltivazione del riso e all'allevamento.

Tuttora il Vietnam è governato da un partito di stampo comunista ed ha avuto un certo grado di sviluppo, recuperando in parte il gap dovuto alla guerra ma rimandendo prevalentemente agricolo e mediamente povero, con uno sviluppo industriale medio soprattutto al nord.
Nell'ultimo decennio le prospettive sono in miglioramento e viene considerato in via di sviluppo.
E' entrato a far parte dell'Organizzazione Mondiale del commercio e finalmente ha riallacciato rapporti diplomatici con gli Usa (sotto la presidenza di Bill Clinton).

Concludendo, è un testo non molto scorrevole, devo dire; ma è miniera di informazioni molto interessanti per chi voglia veramente approfondire l'accaduto al di là del romanzo o della fiction.



Link correlati:

- Speciale de "La storia siamo noi" sulla guerra del Vietnam.

- Un articolo con galleria fotografica riguardo al massacro di My Lai. Le foto possono essere particolarmente scioccanti, si consiglia di non farle visionare a bambini e a persone particolarmente sensibili.










Nessun commento:

Posta un commento